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Recensione

Woolfe - The Red Hood Diaries

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 19/04/2015 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

5

Portare a termine Woolfe – The Red Hood Diaries lascia addosso la sgradevole sensazione di aver giocato a un prototipo spacciato per opera compiuta. Non bastassero già l’esigua durata e il finale frettoloso a far capire quanto la struttura di gioco sia stata modellata in maniera raffazzonata, le prove più evidenti di un gioco immesso anzitempo sul mercato arrivano dal sistema di combattimento appena abbozzato, da una trama generica e mal sviluppata, e da una conduzione di gioco timida e incredibilmente fievole. Si potrebbero giustificare certe mancanze ricordando che si tratta di un titolo composto da due episodi, che potrebbe dunque svilupparsi meglio in seguito, ma visto che i ragazzi di GriN hanno pensato di confezionare un’avventura autoconclusiva che potrebbe anche fare a meno della seconda parte, diventa difficile celare il disappunto che si viene a creare giocando a un titolo che arranca visibilmente in tutti i comparti.
Al lupo, al lupo!
Nelle due o tre ore che impiegherete per arrivare ai titoli di coda, non farete nient’altro che apprendere le basi del combat system, abituarvi a ritmi fiacchi di gioco, e scoprire la storia di vendetta della protagonista. 
Sebbene si tratti della trasfigurazione in chiave violenta della fiaba di Cappuccetto Rosso, Woolfe si tiene ben lontana dai personaggi e dalle situazioni clou che fanno ormai parte dell’immaginario collettivo dei lettori. Pare quasi un blando tentativo di replicare quanto American McGee fece coi due episodi dedicati ad Alice, incapace però di produrre gli stessi risultati e impossibilitato ad avvicinarsi a quella chiarezza di intenti vista nella rivisitazione di un classico senza tempo.
In Woolfe si segue la storia di Red Riding Hood, cresciuta abbastanza per imbracciare un’ascia e vendicare la morte dei suoi genitori. Il padre, ingegnere capo di Woolfe Industries, muore apparentemente durante un incidente di lavoro, ma dietro l’informazione fallace diffusa nel circondario si nasconde in realtà una storia torbida fatta di arrivismo, invidia e sete di potere. 
Anche se volessimo fare qualche spoiler, non potremmo riuscirci in alcun modo, perché la storia è davvero tutta qui. Ci sono file da raccogliere e un paio di punti nodali all’interno della trama che vengono messi in rilievo, ma niente che possa appassionarvi in qualche modo o che non sia prevedibile sin da subito. La sconfitta del boss finale, oltretutto, pare concludere la storia senza lasciare nulla di rilevante in sospeso, ed è per questo che un secondo episodio appare sin da adesso poco giustificabile. Sarebbe senz’altro necessario per lo sviluppo delle meccaniche e per approfondire tutto ciò che qui viene appena presentato, ma la cattiva gestione degli aspetti fondamentali del gioco è uno di quegli errori capaci di tagliare le gambe all’intera produzione, senza alcuna possibilità di redenzione.
La sensazione di trovarsi all’interno di un grande tutorial dove il giocatore viene accompagnato per mano, e mai messo alla prova, è molto forte e viene mantenuta fino alla fine. Le cause di questo brutto affare derivano dall’incompiutezza che permea ogni aspetto del gioco, dal level design ridotto all’osso e a tratti sin troppo elementare, e da una sequela di sezioni semplicistiche che appaiono talvolta come degli estratti dimostrativi usati durante un evento stampa: spezzoni disconnessi, camuffati da livelli, che non presentano alcuna continuità logica.
Che bella ascia che hai. Per ucciderti meglio, piccolo mio.
All’interno degli stage sono state create ambientazioni realizzate in 2.5D, che alternano sezioni a scorrimento laterale ad altre in cui si ha un minimo di profondità che spezza la monotonia dell’avventura. Tra fogne, una foresta maledetta, un porto e altre location che gravitano attorno a una città paralizzata dal terrore, la protagonista dovrà anche risolvere alcuni puzzle ambientali di una semplicità disarmante. Il massimo che vi verrà chiesto di fare, per dirne una, è tirare una leva per raggiungere in fretta una cancellata prima che finisca la sua corsa contro il terreno. In fin dei conti si tratta di un platform con elementi hack ‘n’ slash, poco pretenzioso e incapace di osare, ma ci sono anche dei grossolani errori di progettazione che non verranno visti di buon occhio praticamente da nessuno. Il sistema di combattimento è acerbo e mal calcolato; mancano delle animazioni di raccordo credibili; non esiste un vero e proprio sistema di combo, e concatenare attacchi di tipo diverso è un’operazione innaturale; le abilità vengono solo mostrate e mai approfondite; basta ripetere lo stesso tipo di manovre offensive e la spunterete praticamente sempre. I boss – presi da altre fiabe – sono banali e completamente fuori contesto: è come se fossero, sostanzialmente, vittime inconsapevoli di un mash-up disorganico che poco ha da spartire con la storia e l’ambientazione. Insomma, in Woolfe c’è davvero poco che funziona e che sia veramente degno di lode. Nemmeno il comparto tecnico brilla particolarmente, perché a conti fatti non ci sono stati tangibili miglioramenti dall’ultima nostra prova effettuata in sede di anteprima. Alcuni modelli sono sufficienti, mentre altri sono meno definiti e per nulla ispirati.  pur vero che si tratta di un’opera indipendente che non può avvantaggiarsi di grossi finanziamenti, ma è vero anche che le promesse e i proclami apparsi già durante la campagna Kickstarter non si avvicinano molto a quella che è la qualità del prodotto finale, a cui manca una seconda metà che ha un livello di attesa pressoché nullo.

– Qualche buon guizzo artistico

– Sistema di combattimento privo di spessore

– Trama generica e mal sviluppata

– Nemici e boss fight anonime

– Sviluppato e concluso in fretta, non necessiterebbe del secondo episodio

5.0

La prima parte di Woolfe – The Redhood Diaries potrebbe tranquillamente fare a meno della seconda. Si tratta di un episodio autoconclusivo e realizzato con pochissima pianificazione, finendo per risultare un prodotto realizzato con molta fretta e con nessuna tipo di ambizione. Nulla viene approfondito davvero: dal sistema di combattimento appena abbozzato, alla storia scialba che presenta intrusioni fuori contesto, Woolfe è solo una delusione venduta a un prezzo troppo elevato.

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