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Recensione

The Swords of Ditto - Avventure procedurali su PS4

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 03/05/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Informazioni sul prodotto

Immagine di The Swords Of Ditto
The Swords Of Ditto
  • Sviluppatore: One Bit Beyond
  • Produttore: Devolver Digital
  • Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH
  • Data di uscita: 24 aprile 2018 - 2 maggio 2019 Switch

Dopo aver pubblicato per anni titoli indipendenti di grandissima qualità, tra i migliori sul mercato, Devolver Digital si è guadagnata l’attenzione di tutti gli appassionati del nostro medium che sappiano andare oltre le produzioni tripla A, che pure sono fondamentali per il benessere del mercato.

Ecco perché, all’annuncio di Swords of Ditto, bizzarro action RPG a metà tra i capitoli isometrici di Zelda e il mai troppo lodato Rogue Legacy, ci è venuta l’acquolina in bocca: dopo averlo masticato a lungo, ancora impegnati nell’ennesima run, siamo pronti a dirvi che sapore ha, quantomeno nella sua incarnazione Playstation 4.

Swords of Ditto, la ballata del prescelto

La leggenda narra (certe storie iniziano sempre così…) che, ogni cento anni, un prescelto o una prescelta, senza distinzioni di sesso, razza, capigliatura e peso corporeo, venga insignito del titolo di Spada di Ditto, unica speranza del mondo di sfuggire alla tirannia della malvagia strega Mormo, la quale, in caso di fallimento, terrà per un intero secolo tutti i regni sotto le sue malvagie grinfie.

A sovrintendere la scelta e la formazione della Spada di Ditto c’è Puku, uno spirito errante che si manifesta ai prescelti sotto forma di scarabeo e che tende a parlare un po’ troppo per i nostri gusti: dopo una veloce infarinatura sul mondo intorno a noi e sullo scopo della nostra avventura, sarà tempo di mettersi in marcia nel tentativo di migliorarsi come eroe e presentarsi al cospetto di Mormo nelle migliori condizioni possibili per sconfiggerla.

Ma il tempo, si sa, è tiranno, e i soli quattro giorni (sei al livello di difficoltà facile, che però sconsigliamo per non banalizzare tropo l’esperienza di gioco) a disposizione dell’eroe di turno possono rivelarsi tremendamente insufficienti per salvare il mondo.

Cionondimeno, la paura non alberga mai nei cuori dei prescelti: per ogni Spada di Ditto che fallisce nel proprio intento, ne rinascerà sempre un’altra (rigorosamente a letto, come nella migliore tradizione di molti Zelda) pronta a dare battaglia.

L’orrenda fine della prima delle Spade di Ditto a cui assisteremo dopo pochi attimi dal primo avvio del software è un monito da tenere costantemente a mente: il tempo è poco, l’impresa improba e le possibilità di vittoria, fatalmente, assai scarse.

Un’avventura non per cuori deboli, insomma.

Senza prendersi troppo sul serio, la sottile narrativa dietro il prodotto pubblicato da Devolver Digital riesce a fornire un contesto alla sua natura roguelike, strappando qualche risata in certi frangenti ma, nel contempo, annoiando in altri, con fasi dialogiche non skippabili se pure reiterate per l’ennesima volta (Puku, stiamo guardando te) e qualche lungaggine di troppo in certi frangenti.

Eppure, nonostante la generazione procedurale degli eroi e dei loro tratti, si finisce con l’affezionarsi a quella manciata di colori semoventi a schermo, facendo di tutto per migliorare il proprio avatar e farlo passare alla storia del mondo superiore.

La versione Playstation 4 da noi testata non era provvista della lingua italiana, ma, a beneficio di quanti tra i nostri lettori non mastichino la lingua d’Albione, diciamo che è sufficiente una conoscenza minima dell’inglese per districarsi senza problemi tra dialoghi e menu.

Avventure random

Alla nascita di ognuna delle Spade di Ditto, che corrisponde all’inizio di una nuova partita, il software genera, tramite un algoritmo procedurale di buona qualità, un mondo nuovo, che, comunque, riflette le scelte ed i fallimenti delle precedenti avventure: più tempo impiegheremo a piegare la strega malvagia, più il mondo di gioco si intristirà, tra vegetazione morta, lande desolate e mostri sempre più brutti da vedere.

La struttura è più vicina ai cosiddetti “roguelike” che non ai capisaldi del genere, inflessibili nell’azzerare i progressi del giocatore ad ogni game over: la potenza raggiunta dalla leggendaria spada, gli adesivi rinvenuti durante i nostri peregrinaggi ed eventuali armi secondarie vengono mantenuti di run in run, assicurando non solo un costante senso di progressione, che addolcisce l’elemento randomico tipico di queste produzioni, ma anche la possibilità di approcciare il gioco in maniera più strategica.

Ci spieghiamo: durante le nostre prime run, abbiamo erroneamente tentato di potenziare il personaggio per presentarci allo scontro con Mormo quanto prima, peccando di frettolosità e rimediando sonore sconfitte, per poi realizzare che, alla luce di tutto ciò che si eredita da ogni nuova avventura, la scelta migliore consiste nel prendersela con comodo.

Sì, avete capito bene: nonostante lo stringente limite temporale, esplorare dungeon nascosti e dedicarsi al turismo virtuale nelle lande del mondo di gioco assicura il ritrovamento di adesivi ed armi che spaziano dall’inutile al preziosissimo, alleggerendo notevolmente la difficoltà delle avventure successive.

Adesivi che immunizzano completamente dai proiettili nemici, altri che garantiscono una probabilità di critico elevatissima, altri ancora che aumentano la velocità di movimento della spada di Ditto: questi sono solo alcuni dei gingilli rinvenuti durante i nostri viaggi, e, nonostante la generazione casuale dei dungeon e il poco tempo a disposizione, il gioco incoraggia l’esplorazione e la curiosità, premiando i giocatori più arditi con equipaggiamento utile e nuove tipologie di mostri.

In questa struttura si innesta un combat system che ha nell’immediatezza il suo miglior pregio e, allo stesso tempo, il suo peggior difetto: con due soli tasti a reggere la baracca (uno per l’attacco in stile Link ed uno, il cerchio, per la schivata) è semplicissimo calarsi nei panni dell’eroe senza macchia ed affettare nemici, prestando attenzione al posizionamento così da lasciarsi sempre una via di fuga per evitarne i colpi di ritorno.

Nel contempo, come detto, la ripetitività intrinseca della produzione non giova alla profondità degli scontri, tanto immediati e divertenti nel breve quanto limitati sul lungo periodo, quando si sente la mancanza di combo più articolate e di strategie di attacco e difesa che esulino da quelle poc’anzi descritte.

La randomizzazione fa il resto: come tutti i prodotti che si affidano alla generazione casuale dei contenuti, The Swords of Ditto riserva sorprese (tanto positive quanto negative) a non finire, tra run evidentemente compromesse già alla nascita ed altre che, invece, sembrano troppo belle per essere vere: come per il già citato Rogue Legacy, The Binding of Isaac, Enter the Gungeon e tutti i prodotti che hanno portato alla ribalta questo sottogenere negli ultimi anni, solo i giocatori più pazienti (e fortunati) insisteranno nel generare nuove avventure dopo aver sconfitto Mormo, ma quelli che lo faranno troveranno un’ottima varietà di nemici e situazioni e dungeon raramente uguali a loro stessi.

Dispiace, allora, che Onebitbeyond si sia persa in un bicchiere d’acqua sotto altri punti di vista, uno su tutti quello di costringere il giocatore ad ogni nuova run ad assistere all’intera, interminabile sequenza iniziale, senza la possibilità di skippare dialoghi e cutscene con la pressione di un tasto.

Saturday morning cartoon

Come spesso accade con i titoli indipendenti pubblicati da Devolver, The Swords of Ditto fa dello stile un suo marchio distintivo, con una grafica coloratissima, stilizzata, che sembra uscita direttamente da un cartone animato di quelli che spopolano tra i più giovani e vanno in onda al sabato mattina.

La grande varietà sia tra gli eroi impersonabili sia tra i nemici evita che la ripetitività della struttura di gioco pesi più di tanto, assicurando notevole diversità visiva: a noi il versante artistico è piaciuto molto, e crediamo che lo schermo di Nintendo Switch sarebbe, come dicono a Roma “’a morte sua”.

La nostra prova, avvenuta su una PS4 Slim, sebbene non ci siamo imbattuti in problemi tecnici grav , ha evidenziato qualche calo di framerate inatteso, in prossimità degli scontri più vivaci ed affollati, e un paio di bug minori, che ci hanno costretto a ricaricare il salvataggio precedente per poi non ripresentarsi più.

Parliamo perlopiù di situazioni di pathfinding problematico, con la nostra Spada di Ditto bloccata in un angolo dello scenario: nulla che un paio di patch non possano sistemare.

Come per il già citato Rogue Legacy, la longevità complessiva del titolo Onebitbeyond è difficilmente quantificabile: sconfiggere Mormo ci ha portato via circa undici ore, ma, considerando che ogni partita è diversa dalle altre e che il mondo di gioco è pieno di dungeon segreti, passaggi nascosti e tesori celati, non è affatto escluso che i giocatori sui quali la formula di gioco eserciterà il suo fascino potrebbero spendere sul gioco tre volte le ore che abbiamo speso noi.

Non male, quindi, considerando che bastano meno di venti euro per procedere al download del prodotto, che, peraltro, sa offrire una colonna sonora magnetica, che, pur accontentandosi di rimanere in sottofondo senza mai emergere, si installa nelle orecchie in maniera subdola.

Zelda incontra Rogue Legacy

Costante senso di progressione

Grande varietà di nemici e situazioni…

Combat system buono ma poco profondo

…ma la ripetitività rimane un fattore

7.5

Il fatto che The Swords of Ditto ci abbia divertito, soprattutto grazie al senso di progressione e alla varietà del bestiario nemico, elementi che lo contraddistinguono nel panorama dei roguelite contemporanei, non significa che il prodotto sia privo di difetti, riscontrabili in un combat system un po’ troppo basilare, nella brevità indotta delle singole avventure e nella ripetizione ossessiva delle sequenze iniziali, che si finirà presto con l’odiare.

In ogni caso, il bilancio complessivo è più che positivo, e siamo convinti che, con un paio di patch mirate e un buon supporto post lancio, questo titolo possa ritagliarsi senza fatica la sua nicchia di appassionati tanto su PC quanto sull’ammiraglia Sony.

Se non nutrite un odio viscerale per i giochi i cui contenuti sono generati in maniera procedurale, potreste volerci spendere i venti euro scarsi richiesti al momento di redigere questa recensione.

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