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Recensione

The Binding of Isaac: Rebirth

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Avatar di Specialized

a cura di Specialized

Pubblicato il 14/11/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8

Quando tre anni fa Edmund McMillen descriveva The Binding of Isaac come un “roguelike shooter basato sulla struttura dei dungeon di Zelda”, erano in molti a fare una faccia strana, soprattutto dopo che avevano associato la carineria di Zelda agli orrori e alle depravazioni del povero Isaac. Il resto della storia lo sapete già. Alla sua uscita su PC il gioco ha messo d’accordo praticamente tutti, trovando sicuramente qualche oppositore al modo in cui McMillen mostrava e dissacrava la religione, ma incontrando un plauso della critica pressoché unanime. L’anno dopo l’espansione Wrath of the Lamb mischiava ulteriormente le carte in tavola, aggiungendo molte novità in fatto di numeri (più stanze, più mostri, più bonus), ma non scalfendo quella formula così unica e scostante del titolo originale. Ora siamo a fine 2014, ma la voglia di tornare in quei labirinti cupi e pieni di schifezze assortite non si è ancora placata, anzi ha triplicato. Oltre che su PC (versione a cui si riferisce questa prova), The Binding of Isaac: Rebirth è infatti arrivato anche su PlayStation 4 e PlayStation Vita ed è stato scelto tra l’altro come uno dei titoli gratuiti di novembre per chi è abbonato a PlayStation Plus. E le novità non finiscono certo qui.
Addio Flash… è stato bello
Anche se siamo di fronte a un remake potenziato del gioco originale e non a un suo seguito, senza contare i 14,99 euro necessari all’acquisto contro i 4,99 euro di tre anni fa, The Binding of Isaac: Rebirth non è il classico specchietto per le allodole o un gioco interessante solo per i possessori delle console Sony. Anche chi lo ha già giocato, finito e rigiocato svariate volte passandoci decine e decine di ore, troverà in questo reboot tantissime novità tali da spingere al nuovo acquisto. Tanto per cominciare la grafica in Flash è stata sostituita da un vero e proprio motore grafico, che anche grazie alla semplicità visiva del gioco assicura i 60 fps fissi con qualsiasi configurazione. La doppia opzione grafica permette di godersi le avventure di Isaac in modalità pixellata o con un filtro che rende tutto più “liscio”, mentre la colonna sonora di Danny Baranowsky è stata sostituita da nuove musiche e nuovi effetti sonori. Le atmosfere malate del gioco originale mancheranno un po’ a livello audio, ma il lavoro fatto da Matthias Bossi e Jon Evans è comunque pregevole, anche se gli effetti sonori avrebbero necessitato di maggior varietà.
La dura vita di Isaac
Finalmente è possibile abbandonare la tastiera e utilizzare un pad (noi abbiamo usato quello per Xbox 360) e i controlli sono pienamente configurabili. Ci sono anche tre slot per i salvataggi, ma ciò non significa che il permadeath sia scomparso. Semplicemente, se vogliamo interrompere il gioco, possiamo farlo in qualsiasi momento e riprenderlo successivamente dallo stesso punto. Se invece si muore, si ricomincia dal principio e vi assicuriamo che morirete spesso, molto spesso. Se è vero che diversi utenti su Steam hanno notato una leggera diminuzione della difficoltà rispetto al gioco originale, The Binding of Isaac: Rebirth rimane comunque un titolo molto impegnativo, difficile e spesso frustrante. Semplicemente i nemici (e tutto ciò che ci sparano contro) si muovono più lentamente, ma questo a livello Normal. Basta scegliere Hard e si torna immediatamente all’esperienza di gioco di tre anni fa, forse persino un filo più difficile. Se quindi temevate che questo remake avrebbe virato su territori più casual, vi sbagliate di grosso. La creatura di McMillen continua ad essere un osso duro con o senza slot di salvataggio o livelli di difficoltà.
Operazione reboot riuscita
Per il resto trama e meccaniche di gioco sono rimaste quelle originali e a questo proposito vi rimandiamo alla nostra recensione del 2011. Qui ci preme sottolineare, oltre a quelle già citate, tutte le altre novità introdotte da Rebirth. Tanto per cominciare ritroviamo le aggiunte già portate da Wrath of the Lamb (che non erano poche), alle quali di sommano il divertente co-op in locale a due giocatori, tre nuovi personaggi sbloccabili che si sommano ai sei già presenti, decine di nuovi nemici, almeno dieci nuovi boss, nuovi finali e centinaia di nuove stanze, alcune delle quali estese orizzontalmente per ampliare le possibilità di movimento, anche se così facendo si viene a perdere un po’ quel senso di claustrofobia e di “chiusura” che contribuiva non poco a rendere unico il gioco originale. I numeri aggiuntivi riguardano anche le pillole, le aree segrete da scoprire, le carte dei tarocchi e i potenziamenti passivi. Tutte queste novità, assieme alla generazione procedurale dei livelli, rendono ancora una volta il gioco qualcosa di estremamente lungo e longevo anche per chi lo ha già sviscerato in lungo e in largo tre anni fa. Non si tratta proprio di un’esperienza nuova e inedita (sarebbe falso definirla tale), ma di un piacevole ritorno a un piccolo grande classico indie con novità, aggiunte, fix vari e migliorie (l’HUD è molto ridimensionato) che ne giustificano pienamente il prezzo.  

Longevità pressoché infinita

Gioco ancora oggi disturbante

Tantissime novità e aggiunte

Co-op in locale

L’atmosfera potrebbe non piacere a tutti

Le stanze estese tolgono un po’ l’effetto claustrofobico

Se non vi piacciono i roguelike, evitate pure

A molti mancheranno le musiche originali

8.0

Come remake potenziato e “abbellito”, The Binding of Isaac: Rebirth può dirsi un’operazione pienamente riuscita e questo vale anche per chi ha già trascorso decine (se non centinaia) di ore con la versione originale di tre anni fa e l’espansione del 2012. Nuova grafica, nuove musiche, nuovi controlli, co-op in locale e una marea di aggiunte a livello di mostri, livelli, boss e oggetti giustificano appieno i 14,99 euro richiesti per la versione PC, senza dimenticare che con questo reboot le tetre e disturbanti avventure di Isaac arrivano per la prima volta anche su console (per ora PlayStation 4 e PS Vita). Va sempre detto che la creatura di Edmund McMillen non piacerà a tutti (difficile, fastidiosa, a tratti frustrante), ma per tutti gli altri questo remake rimane caldamente consigliato.

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