Recensione

Syndicate

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a cura di Pregianza

Nel 90% dei videogames si interpreta un eroe senza macchia e senza paura, impegnato di solito a salvare il mondo da qualche terribile minaccia con il potere dell’amicizia e dell’integrità morale o, semplicemente, a forza di mazzate poderose in testa ai nemici dell’umanità. Bello, ma non per tutti. Nascosto in un posticino piccolo piccolo nel cuore di alcuni giocatori, infatti, c’è il desiderio di abbandonare il ruolo del paladino e di passare al lato oscuro, la volontà di infischiarsene di ciò che è buono e giusto e di sfogarsi con un po’ di sano sadismo virtuale. EA e Starbreeze hanno dunque deciso di seguire questo malefico istinto primordiale dell’essere umano, creando un FPS con poco o nulla di eroico, in un mondo dark, cinico e brutale. Solo un problema, per farlo hanno deciso di sfruttare uno dei brand più amati dai gamer veterani, Syndicate, e con questa mossa si sono attirati l’odio di migliaia di fan incacchiati dinnanzi alla metamorfosi di una saga storica della strategia su PC. Per placare gli animi gli sviluppatori hanno promesso un gioco degno del leggendario antenato, avranno mantenuto?
“Un Kilo di proiettili please” “Spara qua o porta via?”Il mondo di Syndicate è ancora quello che ricordiamo dal capolavoro Bullfrog: un futuro oscuro e ultramoderno, dove i poveri sono abbandonati a loro stessi e tutti gli altri vivono un’esistenza pacifica solo all’apparenza, mentre in realtà sono burattini delle megacorporazioni che controllano il pianeta. Voi questa volta non sarete un dirigente, bensì un agente di nome Miles Kilo, speciale prototipo in grado di utilizzare il rivoluzionario chip neurale Dart 6, che dovrebbe renderlo più abile di qualunque altro “impiegato” della concorrenza.  Nel primo Syndicate gli agenti non erano altro che strumenti dei loro datori di lavoro, semplici assassini senza personalità che seguivano gli ordini alla lettera senza protestare. Da questo punto di vista Kilo è piuttosto fedele all’antenato, è infatti il tipico “protagonista silente” praticamente privo di carattere. Durante la campagna però la sua storia personale viene svelata, acquista un pochino di umanità, e le sue disavventure si intrecciano con quelle di altri personaggi, tra cui il più importante è la dottoressa Lily Drawl, inventrice del Dart 6 e fulcro della storia. Non aspettatevi comunque una narrazione eccezionale, i colpi di scena non sono nè originali nè particolarmente eccitanti. A spingere ad avanzare è praticamente solo il gameplay.
Posso entrarti nella mente, ma posso anche spararti in testa. Scelgo la secondaSyndicate brilla principalmente per la sua giocabilità. I ragazzi di Starbreeze ci sanno fare da questo punto di vista e hanno inserito nel loro ultimo nato svariate meccaniche interessanti, che aggiungono varietà alle sparatorie. Grazie al suo chip neurale Kilo può usare il Breaching, una forma di hacking mentale con cui può disattivare o attivare i macchinari e controllare gli avversari. Sulle macchine le azioni possibili si limitano alla capacità di disattivare scudi energetici, di riprogrammare torrette, e di aprire porte automatiche o muovere ascensori, tecniche usate più per risolvere enigmi che non nei combattimenti. Gli esseri umani sono invece più vulnerabili, e possono venir storditi, dominati, o addirittura fatti suicidare in modo esplosivo. Sono trucchetti atipici, che risultano molto utili in battaglia, si ricaricano a forza di uccisioni, e vengono appresi in specifiche missioni tutorial che spezzano un po’ l’azione. Nel gameplay di un FPS tuttavia le cose più importanti sono la risposta delle armi e la buona strutturazione delle fasi di gioco: per quanto riguarda le bocche da fuoco la risposta è ottima, tutte sono utili e hanno il loro perchè, e alcune chicche sparse tra i livelli in particolare sono favolose. Mitragliatori con proiettili a ricerca, lanciafiamme, minigun con proiettili infiniti, cannoni laser e altri simpatici strumenti di morte sono un vero piacere da usare. Sulla strutturazione dei livelli al contrario abbiamo da ridire. Non che le missioni siano noiose o brutte, ma non esaltano nemmeno. Quasi tutte alternano enigmi facilotti legati al Breaching, a sparatorie contro nemici di discreta varietà, intervallati da sottoboss difesi da uno scudo energetico che va disattivato, e da boss veri e propri che richiedono strategie un pochino più complesse. Contro questo genere di avversari è praticamente indispensabile sfruttare altre due opzioni presenti nel gioco, il Dart Overlay e il cover system. La prima abilità è una scarica di adrenalina che rallenta il tempo, aumenta la difesa, e permette di vedere attraverso le pareti (utile con alcune armi perforanti), la seconda è invece un sistema di copertura piuttosto limitato, che permette di sporgersi solo verso l’alto. A questo punto molti si chiederanno perchè abbiamo definito una campagna ricca di boss e sottoboss “poco esaltante”. La motivazione è da ricercarsi nella ripetitività degli scontri. Praticamente tutti i nemici del gioco possono venir eliminati usando il Dart per rallentare il tempo, svuotando un paio di caricatori sull’avversario, e correndo in copertura. L’intelligenza artificiale tenta spesso di stanarvi con l’ausilio di granate, ma la capacità di disattivarle del vostro eroe le rende quasi inutili. Nonostante questa tattica funzioni sempre, il gioco rimane paradossalmente più impegnativo della media. Gli antagonisti sono molto aggressivi, e vi capiterà spesso di morire perché improvvisamente circondati da gruppi di avversari, o per un colpo vagante proveniente chissà da dove. Alla massima difficoltà, in particolare, crepare è facilissimo. A rendere le cose più agevoli ci pensano i potenziamenti in stile gdr acquisibili da Kilo, che può “pompare” il suo chip con i dati raccolti dai processori nemici. Una volta ottenute certe abilità legate alla resistenza o alla durata del Dart Overlay, diverrete quasi inarrestabili. Sia chiaro, qualche fase peculiare nelle missioni c’è, e le strizzate d’occhio ai fan dei vecchi strategici non mancano, ma non bastano a fare quel salto di qualità che distingue una campagna buona da un’esperienza indimenticabile.

Chi non ammazza in compagnia è di sicuro una spiaStarbreeze ci ha tenuto molto a sottolineare l’importanza del multiplayer agli acquirenti, dopotutto la cooperativa era la cosa che più si avvicinava al noto predecessore. La co-op vanta sicuramente una struttura complessa, si può infatti scegliere uno tra quattro agenti, creare una coalizione (o entrare a far parte di un gruppo preesistente), selezionare l’equipaggiamento del proprio personaggio e potenziarne il processore in modo simile a quello visto nella campagna singleplayer. I compiti sono addirittura echi delle vecchie missioni del primo gioco, affrontabili in team da quattro. Durante la co-op il Breaching varia sostanzialmente e cresce nettamente il numero delle abilità. A seconda della scelta della classe potrete curare i compagni, potenziarne il danno, ricaricarne l’energia, difenderli con scudi energetici e fare svariate altre cosuccie. Bello, ma anche in questo caso il problema è la struttura delle missioni, che pur presentando obiettivi differenziati si limitano ancora a scontri di difficoltà crescente dove ci si trova a dover affrontare sottoboss di vario tipo. Curarsi è indispensabile per sopravvivere, ma con un po’ di coordinazione di squadra cavarsela è tutt’altro che impossibile. La co-op è un’aggiunta gradita con le sue nove mappe, peccato siano assai brevi, e costringano chi vuole potenziare il proprio agente a dovere a ripeterle più volte, magari alle difficoltà maggiori. Si poteva fare qualcosina in più, specialmente se si considera che le meccaniche di gioco avrebbero un enorme potenziale se utilizzate in una qualche forma di multiplayer competitivo a squadre. La totale mancanza di modalità di tale tipo lascia l’amaro in bocca.

Perfetto da solo, difettoso in gruppoTecnicamente Syndicate non è affatto male. Il gioco si difende bene graficamente, presenta ambientazioni di grande atmosfera, ottimi effetti di luce, dettaglio elevato dei modelli, e buone animazioni. Il sonoro è d’eccezione con musiche dubstep davvero azzeccate (anche se non apprezzabili da tutti). Persino il doppiaggio in italiano si lascia ascoltare, seppur non sia al livello di quello inglese, che vanta tra gli attori star del calibro di Rosario Dawson. Le cose cambiano quando si gioca alla co-op, lì tra lag occasionale e animazioni legnose tutto perde magia, e le mappe nettamente più anonime e meno curate non aiutano. Il multiplayer dev’essere in primis fluido, lo sappiamo, ma un po’ di attenzione in più l’avremmo gradita. Scarsina la longevità, con una campagna finibile senza problemi in circa sei ore (sette se ve la prendete molto comoda) e le nove missioni della cooperativa terminabili in meno di quattro (che possono aumentare esponenzialmente a seconda della vostra fortuna con i gruppi, o della volontà di finirle alle difficoltà maggiori).

– Sparatorie divertenti e frenetiche

– Livello di sfida degno

– Meccaniche interessanti

– La cooperativa è ben fatta

– Longevità scarsa

– La co-op non è tecnicamente molto curata

– Niente multiplayer competitivo, anche se il gameplay avrebbe potuto valorizzarlo molto

8.0

Voci affermano che l’uscita di Syndicate sia stata un po’ troppo affrettata. Si nota in tante piccole cose. L’ultimo sparatutto di Starbreeze è una creatura dal grande potenziale espresso solo in parte, che alla fine è risultato un FPS di buonissima qualità, ma avrebbe potuto stupire chiunque con qualche ritocco qua e là, persino i fan più accaniti del brand. Se amate il genere ve lo consigliamo, è un gioco sicuramente molto godibile, ma non vi farà saltare le cervella.

Voto Recensione di Syndicate - Recensione


8