Recensione

Spare Parts

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a cura di U MastrU

Il Verdetto di SpazioGames

5

I ragazzi di Bright Light si sono messi d’impegno per creare un action-platformer che riesca a catturare l’attenzione del pubblico degli store online di Microsoft e Sony. Dalle loro mani è uscito Spare Parts: ci piacerebbe poter dire che questo titolo che strizza l’occhio a Ratchet and Clank, sia riuscito nell’intento di coniugare simpatia, atmosfera scanzonata e un gameplay solido e divertente. Il risultato è stato, purtroppo, ben altro. Andiamo con ordine.

Get’em all (o forse meglio lasciarli dove sono?)Nei panni del simpatico e (nelle intenzioni degli sviluppatori, carismatico) robottino Mar-t dovrete recuperare le parti della vostra nave andate perdute in seguito allo schianto della stessa su un misterioso pianeta. Questo l’incipit. Certo, non aspettatevi chissà quale intreccio: la storia si mantiene sempre un flebile pretesto per l’esplorazione dei mondi di gioco e non pretende nemmeno di essere qualcosa di più. Resta il fatto che il recupero dei pezzi necessari all’auto riparazione della vostra nave, (si, l’IA di bordo, con il suo accento e humor british, non sarà solo prodiga di consigli, ma provvederà a rimettere in sesto la vostra nave a recupero ultimato), detta il ritmo dell’avventura. Gli stage sono infatti divisi in sottosezioni. Per accedere alla successiva sarà necessario recuperare un numero minimo di pezzi di ricambio: essi saranno disponibili dopo l’uccisione dei nemici nell’area, o spesso e volentieri nascosti nello scenario. Questo ci permette di parlare dell’elemento che avrebbe potuto essere la fortuna di Spare Parts, e che invece è poco più di un gradevole divertissement: parliamo dei gadgets che nel corso dell’avventura si renderanno disponibili, nonché suscettibili di upgrade (dietro esborso dei crediti ingame). Essi sono discretamente vari, migliorarli comporta spesso un sensibile miglioramento nelle loro prestazioni e a volte addirittura anche delle funzionalità aggiuntive, sono inoltre utili sia in combattimento sia per risolvere i semplici enigmi presenti (volti ovviamente al recupero dei suddetti pezzi di ricambio). Tuttavia in entrambi questi usi su di essi gravano le lacune del design: in combattimento, essi sono solo uno spasso che vi annoierà presto; il button mashing da solo permette di attraversare le sezioni che dovrebbero essere più difficili o perlomeno più articolate. Aggiungete il fatto che per pochi crediti potrete far lanciare al vostro Mar-T non più chiavi inglesi e bulloni, ma plasma che ridurrà in poltiglia anche i più coriacei nemici. Si capisce che i consigli della fidata IA di sfruttare le debolezze dei nemici a certi poteri non saranno seguiti a lungo. La componente esplorativa-risoluzione di puzzle non è più riuscita del sistema di combattimento, purtroppo: tanti poteri così ben diversificati avrebbero potuto costituire la base per enigmi che procurassero la sintomatica “botta di autostima” al giocatore che riesce a venirne a capo. Niente di tutto questo: sebbene l’uso dei poteri sia la base per la risoluzione dei semplici puzzle ambientali, la soluzione sarà spesso arbitraria e non arguibile se non facendo ricorso ad uno dei gadget che funge da deus ex machina, indicando precisamente quale potere usare su quale elemento dello scenario. Un ottimo modo per azzerare la gratificazione del giocatore.

Meccaniche di platforming cercasiAnalizziamo quella che è l’altra anima di Spare Parts: il platforming. Diciamolo subito che la fase platform e, in generale, l’esplorazione dei livelli, non rivestono un ruolo granché importante. E non che la cosa sia un gran male. Tre difetti su tutti: telecamera non controllabile e che da sola non segue l’azione come si deve, spesso intralciandola; controlli, il salto in particolare, poco precisi; design dei livelli spesso confusionario. Il primo punto si spiega da sé. Mettetelo assieme al secondo e ad un livello in cui bisogna balzare da una strettissima zattera ad un’altra lungo un fiume ed avrete una delle peggiori esperienze di platforming che potete immaginare. In terzo luogo: quando, attraversando un livello, per giungere a quello che è il classico “punto B”, la meta per intenderci, avete la nettissima sensazione di aver abusato del doppio salto e di sporgenze non previste dai designer, beh, allora probabilmente qualcosa nel level design non va: questo è ciò che accade in Space Parts, soprattutto nei primi stage. Avere momenti nei quali non si saprà se oltre ad un determinato punto ci sia un burrone o la continuazione del livello, appartiene al campionario di “campanelli d’allarme” che non ci sentiamo di allungare oltre.Design e sonoroPrimi, deboli, segnali positivi vengono analizzando il design: paradossalmente e sorprendentemente la parte meglio riuscita non è quella relativa al piccolo robot protagonista. Il suo look ammicca a Wall-e ma non riesce a conquistare davvero, pur risultando apprezzabile nei suoi atteggiamenti vagamente comici. Molto migliore è invece il design dei nemici. Davvero carini e accattivanti nell’aspetto allo stesso tempo. L’aspetto visivo dei livelli invece si sforza di coniugare elementi naturalistici con quelli hi-tec senza risultare né esaltante, ma comunque carico di un certo stile distintivo. Assai peggio il sonoro: le musiche, già non particolarmente apprezzabili di per sé, sono presenti in modesta quantità e soprattutto assai poco appropriate al contesto: combattere l’unica boss fight stimolante con il sottofondo musicale che ci ha accompagnato per il resto del livello non è una cosa che ci si aspetta da un titolo del 2011, anche se su XBLA e PSN.

Multiplayer e tocchi di classeIl punto di forza di Spare Parts, nella mente degli sviluppatori, avrebbe dovuto essere la sua componente multiplayer. La possibilità di giocare con un amico online si rivela però essere un’aggiunta di poco conto e mal realizzata che stanca dopo poco tempo: la telecamera è ancora protagonista, per i motivi sbagliati. Quando ci si separa, anche non di molto dal proprio compagno, anzicchè allontanarsi per riprendere entrambi, essa si concentrerà su uno dei due robot, e, cosa ancor più grave, potrebbe non essere quello che si sta controllando. Non poter vedere il proprio avatar non è decisamente un’esperienza esaltante! Il fatto che nella confusione generale si finirà per coinvolgere il proprio compagno nei propri attacchi (a meno che non si ritrovi, navigando per i menu l’opzione per disattivare il “fuoco amico”) non fa altro che accelerare il momento in cui il tedio vi sospingerà fuori dalla partita in cui siete entrati. Non è tuttavia privo di meriti: la nave-hub esplorabile e discretamente ricca di segreti, una sala in cui è possibile svolgere allenamenti su aree specifiche del gameplay i cui punteggi godono di una leaderbord online, parti di livelli accessibili sono in seguito allo sblocco di determinati gadget à la Metroid, la varietà delle location, gadget abbastanza diversificati e upgradabili. Spiace che tutto questo non basti a compensare le lacune che il titolo mostra in settori non facilmente trascurabili.

– Gadget intriganti

– Design a tratti riuscito

– Combattimenti noiosi

– Platforming deludente

– Level design lacunoso

5.0

Un titolo che soffre di difetti che è difficile non vedere e che lo rendono adatto solo ad un pubblico davvero giovane. Le tracce del tentativo fatto per renderlo appetibile ad un pubblico appena più smaliziato si vedo, ma purtroppo rimangono sommerse da un gameplay inficiato da controlli inefficienti e da un sistema di combattimento semplicistico. Il carisma manca nonostante gli sforzi fatti per rendere il look globale memorabile. Occasione sprecata.

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