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Recensione

Soul Calibur V

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Avatar di Pregianza

a cura di Pregianza

Pubblicato il 22/02/2012 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.5

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria rinascita dei picchiaduro. Tantissimi sono i titoli di alta qualità usciti nel 2011, e ancor di più i giocatori che hanno riscoperto il piacere delle botte virtuali dopo un periodo di relativa oscurità del genere. Nonostante il boom di vendite e notorietà, Namco, una colonna portante se si parla di questo tipo di videogame, è rimasta leggermente in disparte, tanto che il suo ultimo grosso picchiaduro risale alla fine del 2009. Nel 2012 sembra però che le cose stiano per cambiare, la software house giapponese ha infatti in cantiere un nuovo promettentissimo Tekken Tag Tournament, e di recente ha rilasciato il nuovo capitolo di un’altra serie leggendaria, Soul Calibur V. 
Noi ovviamente i Soul Calibur ce li siamo goduti tutti, e aspettavamo con ansia di provare il quinto episodio dell’epica saga. Gli sviluppatori poi ci avevano fatto venire l’acquolina in bocca con innumerevoli promesse riguardanti un netto miglioramento del gameplay, che avrebbe dovuto riportare gli spadaccini di Namco sulla vetta dei giochi di combattimento tridimensionali. Riuscirà la lama degli sviluppatori nipponici a trapassare tutta la concorrenza? Oppure si romperà al primo colpo? 
 
Una storia di anime e spade, eternamente incasinatissima
La trama dei Soul Calibur comprende decine di racconti che ruotano attorno a due possenti armi, la spada demoniaca Soul Edge e la controparte “buona” che dà il nome al gioco. Per anni il personaggio principale è stato Siegfried Schtauffen, tormentato guerriero che nella storia ha impersonato sia il ruolo dell’eroe che quello del principale antagonista. In questo quinto capitolo invece l’attenzione si sposta sui due figli di Sophitia (altra eroina di grande importanza nelle cronache delle due spade), Patroklos e Phyrra. Il giovane e biondissimo guerriero greco all’inizio dell’avventura è alla ricerca della sorella, rapita da una servitrice della malefica lama chiamata Tira. Per trovarla si affida ai consigli di Graf Dumas, un misterioso cavaliere che sembra avere informazioni sulla folle assassina. Tuttavia nulla è ciò che sembra, e il ragazzo si troverà ben presto coinvolto in un vortice di incontri e battaglie con vecchi e nuovi eroi della saga.
I Soul Calibur hanno sempre enfatizzato molto la narrativa, e vantano alcuni dei personaggi più riusciti in assoluto. Patroklos e Phyrra non sono privi di qualità, ma mancano della verve che contraddistingue veterani del calibro di Mitsurugi e Siegfried. Inoltre, come scoprirete nei paragrafi successivi, la trama in questo capitolo è passata un po’ in secondo piano. Nei picchiaduro sta diventando la norma, ma vedere la leggenda della Soul Edge perdere smalto dispiace.
La miglior difesa è… la difesa
Il gameplay di Soul Calibur è andato calando di anno in anno secondo molti appassionati. Il gioco è sempre stato divertente e accessibile, ma gli ultimi due capitoli hanno ricevuto varie critiche dai fan per il netto calo di velocità dei combattimenti, il roster piuttosto sbilanciato, e alcune meccaniche non apprezzatissime. Gli sviluppatori hanno tenuto conto delle opinioni dell’utenza, e con il nuovo episodio sono tornati sui banchi da lavoro per rimodellare l’intero sistema.
La prima, evidente modifica riguarda proprio la rapidità, non ancora ai livelli di Soul Calibur 2, ma sensibilmente aumentata rispetto al diretto predecessore. Grazie a questa accelerata generale gli scontri risultano più esaltanti e fluidi, quindi è stata un’ottima scelta.
Il secondo fattore che Namco ha cercato di rimaneggiare a puntino è il bilanciamento. Soul Calibur IV presentava alcune scelte dotate di vantaggi netti rispetto al resto del cast, Ivy e Hilde su tutti. Le due femme fatales sono state ridimensionate, e tutti i combattenti adesso danno l’impressione di essere molto efficaci se usati a dovere. Certo, quando si tratta di bilanciamento è sempre bene non esser troppo ottimisti, ogni volta che il gioco finisce in mano a milioni di persone spunta sempre fuori qualche problema. Ciò nonostante gli sviluppatori hanno affermato di voler monitorare la situazione, e di voler patchare eventuali scompensi gravi scoperti durante le sfide online o i tornei. Grandi notizie per chi ama studiare i picchiaduro a fondo, e migliorare giocando contro avversari umani. 
Per quanto riguarda la mobilità degli spadaccini, lo spostamento in otto direzioni tipico della serie è rimasto all’incirca invariato, ma ora è possibile schivare più rapidamente i fendenti verticali tenendo premuto il secondo input di uno scatto verso l’alto o il basso. La tecnica si chiama Quick Step.
Passiamo alla novità principale, l’aggiunta di una “barra della super” chiamata Critical Gauge. L’indicatore si riempie durante i match a forza di dare o parare mazzate, e permette di eseguire delle mosse devastanti chiamate Critical Edge (simili alle Super, consumano una barra intera), o dei colpi potenziati chiamati Brave Edge (attacchi somiglianti alle mosse EX che consumano il 50% della barra, hanno effetti molto variabili e spesso facilitano l’esecuzione di una combo complessa). Persino l’immancabile Guard Impact, tecnica difensiva basilare nei Soul Calibur, ora dipende direttamente dalla Critical Gauge. Parare a impatto è divenuto più efficace e facile, e funziona anche su colpi normalmente imparabili, ma consuma il 25% del contatore. C’è infine un’altra modifica da tenere in considerazione, l’inserimento della Just Guard. Trattasi a  tutti gli effetti di una parata simile alla Parry di Street FIghter 3rd Strike, che richiede tempismo perfetto e la pressione del tasto guardia nell’istante esatto in cui si viene colpiti. Riuscire a eseguirla dona un vantaggio di qualche millisecondo, inferiore a quello ottenibile con la parata a impatto, ma potenzialmente decisivo in un match di alto livello. Tutti questi cambiamenti hanno rivoluzionato il sistema, rendendolo molto più tecnico e adatto al gaming competitivo. Se pensate che il titolo sia divenuto esclusiva di pochi eletti però vi sbagliate, il gameplay alla base ha mantenuto la solita inconfondibile accessibilità, e un giocatore può cavarsela tranquillamente anche senza studiare a fondo i sistemi legati alle parate L’introduzione del Critical Gauge, non ci è parsa ostica da assorbire, ed è implementata in modo brillante: si possono ottenere un massimo di due cariche, gli usi per l’energia disponibile sono molti e intuitivi, e perdere due round garantisce una carica gratis in più. Tutto molto ben calcolato.
Un’epica persa in un vortice di lame
Molte modalità di Soul Calibur V le abbiamo già viste, ma sono un gradito ritorno. Se l’Arcade Mode e il Training Mode sono assodati, è invece un gran piacere vedere il Quick Match Mode tra le opzioni, a tutti gli effetti una modalità simile al Kumite o al Phantom Mode visti in altri picchiaduro, nella quale sfiderete avversari controllati da un’intelligenza artificiale di difficoltà variabile ad libitum. Anche la succitata Modalità Allenamento è piuttosto curata, contiene alcuni utili consigli per utilizzare al meglio i vari esperti d’arme, e combo base facili da memorizzare. C’è pure un altro extra, il Legendary Souls Mode, che vi costringerà a combattere dei boss incredibilmente impegnativi, in grado di mettere a dura prova i nervi di qualunque giocatore.
Tutte ottime notizie? Si. Bene, a questo punto potete mollare tutto e iniziare a festeggiare bevendo birra e idromele, lisciandovi le barbe in attesa dell’entrata nel Valhalla. Anzi… no. Qualcosa manca, ed è un qualcosa che in un Soul Calibur non sarebbe mai dovuto sparire. Parliamo della campagna principale, da sempre estesa e variegata nella serie, che in questo caso si è presa una inaspettata vacanza. 
A dire il vero una Modalità Storia c’è, riguarda i nuovi protagonisti di cui abbiamo parlato prima, Patroklos e Phyrra, e continua direttamente la trama del predecessore, portandola a termine a dovere. Si tratta però di un vero e proprio contentino se paragonato a campagne imponenti quali la Cronistoria del terzo capitolo o la torre del quarto. Nello Story Mode affronterete una ventina di missioni, che coinvolgeranno solo parte del cast, e vi permetteranno di usare a malapena una manciata di personaggi. Decente, ma comunque troppo limitata. Non solo, per gli amanti del background e delle vicende di ogni eroe non ci sarà nemmeno il premio di consolazione dei finali singoli una volta completato l’Arcade Mode. Le storie del cast “secondario” in questo capitolo non hanno né inizio né fine, un bel passo indietro rispetto alle complesse biografie e agli epiloghi visti in passato. 
Namco ha tentato di arginare un po’ la situazione con l’inserimento di un editor dei personaggi ricco di opzioni, e di un sistema di crescita a livelli del proprio profilo giocatore. L’editor permette di modificare notevolmente il modello dei guerrieri principali, o di cambiare colore dei loro costumi base e arma. Sarà anche possibile creare da zero un nuovo combattente e assegnargli uno stile scelto dal cast. Le possibilità sono tantissime, e aumentano a ogni livello guadagnato, con nuovi oggetti, eroi, e stili sbloccati. Parlando di sblocchi, c’è un’altra critica da muovere al gioco, e riguarda il roster. I personaggi sono in totale 27, 28 se si conta Dampierre, ottenibile per ora solo preordinando il gioco. Peccato che di questi 28 addirittura tre siano personaggi mimic, che, per chi non lo sapesse, imitano a random stili preesistenti durante i match. Per carità, si tratta di aggiunte carine (una in particolare piacerà ai nostalgici) ma c’era davvero bisogno di un tale spreco di slot? Peggio ancora se si considera che altri due eroi sbloccabili fanno parte del cast base, e presentano semplicemente uno stile diverso. Non che il roster sia penoso, tutt’altro, è ben bilanciato, rinnovato alla grande e abbastanza numeroso. Si potevano ad ogni modo fare scelte più furbe, visti i nomi illustri esclusi dal gioco. 
Nulla da eccepire sul multiplayer del gioco. Online si possono affrontare scontri normali o classificati, visionare replay, e creare lobby molto flessibili con tanto di chat e Spectator Mode. Non manca neppure la possibilità di personalizzare il proprio profilo giocatore, con titoli sbloccabili giocando in singolo e una carta dati personalizzabile nell’editor che terrà conto delle vostre statistiche. La grossa novità è il Global Coliseum, un’arena dove i giocatori possono organizzare varie lobby, sfidarsi, e partecipare a tornei classificati organizzati periodicamente. Dalle prime prove il netcode sembra nettamente migliorato rispetto ai precedenti titoli Namco. Presto per dire se reggerà all’aumento dell’utenza il giorno dell’uscita, ma è un ottimo segno. 
“Posso specchiarmi nella lama della mia spada” “certo, è larga quanto te”
Il comparto tecnico di Soul Calibur V è davvero notevole. I modelli 3D dei combattenti sono dettagliatissimi e si muovono con grande fluidità. Splendide anche le arene, molto numerose e spesso strutturate su più strati. Si nota qualche problema di interpolazione poligonale degli oggetti nell’editor, ma sono minuzie che non rovinano più di tanto la grafica.La colonna sonora del titolo è di gran qualità, il doppiaggio inglese invece è altalenante, con alcune ottime interpretazioni affiancate da prove non proprio da oscar. 
Lo story mode vi impegnerà per un pomeriggio, ma ci metterete molto tempo a sbloccare tutti gli extra del gioco. 

– Gameplay nettamente migliorato, più tecnico e bilanciato

– Tecnicamente notevole

– Estese opzioni di personalizzazione dei personaggi

– Multiplayer apparentemente stabile e ben strutturato

– Contenutisticamente è un passo indietro rispetto ai predecessori

– Scelte opinabili nel roster

8.5

Con Soul Calibur V, Namco ha preso il gameplay collaudato della sua storica serie di picchiaduro e lo ha evoluto notevolmente. Ora gli spadaccini della software house giapponese vantano un sistema di combattimento molto più tecnico e curato, che farà indubbiamente la gioia dei giocatori esperti e di coloro che amano il genere per la sua componente competitiva. Chi però ha sempre amato la saga per la qualità dei suoi contenuti rimarrà deluso, il miglioramento della giocabilità è infatti arrivato a discapito della modalità singleplayer. Il titolo rimane un grandissimo picchiaduro nonostante il calo contenutistico, degno di entrare nelle case di qualunque appassionato del genere, ma chissà cosa sarebbe potuto essere con un po’ più di impegno nella creazione della campagna.

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