Recensione

Skyrim: Dragonborn

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a cura di Pregianza

Vi dice niente la parola Vvardenfell? Sapete chi è il Nerevarine? No, non abbiamo creato vocaboli dal nulla buttando in un cestone consonanti e vocali a caso, anche se può sembrare, ma possiamo capire che molti di voi caschino dal pero davanti a queste parole. Il motivo per cui le abbiamo citate, oltre al fatto di essere vecchi dentro, è un simpatico DLC di nome Dragonborn, in uscita oggi e presentato come un insieme di contenuti capace di tener testa al mai dimenticato Shivering Isles per Oblivion
Già, Shivering Isles: posto come esempio lampante di come un DLC dovrebbe esser sviluppato nel 99% delle discussioni sui videogiochi e il cui livello secondo molti non è mai stato raggiunto. Il paragone con Dragonborn tuttavia non è così automatico come si potrebbe pensare, qui bisogna tornare più indietro con la memoria, ritornare proprio a Vvanderfell e a quel Morrowind che fa scendere lacrimoni grossi come biglie ai veterani del gaming solo se nominato. Il nuovo DLC di Bethesda infatti ci riporta a Solstheim, l’isola su cui si svolgeva l’espansione chiamata Bloodmoon, e credeteci quando vi diciamo che è piena di sorprese sia per chi si è approcciato agli Elder Scrolls partendo da Skyrim, sia per i giocatori di vecchia data. 
Due Sangue di Drago tra cenere e ghiaccio
La trama alla base di Dragonborn è semplice, ma mantiene il tono epico tipico delle vicende già viste nella campagna principale di Skyrim. Zompettando in direzione del porto di Windhelm verrete attaccati da due misteriosi cultisti, a cui è stato apparentemente ordinato di eliminare il “falso” Sangue di Drago. Per risalire al mandante dell’assassinio dovrete partire dal porto della città in vista dell’isola di Solstheim, che scoprirete essere sotto l’influenza di forze oscure e di un secondo Dragonborn di nome Miraak. Starà a voi dimostrare di essere l’unico cacciatore di lucertoloni volanti degno di questo nome, con ogni mezzo possibile.
La narrativa del DLC è più che degna, nella sua semplicità. Non ci sono grossi colpi di scena, né momenti sceneggiati in modo divino, ma Miraak è un antagonista più poderoso e carismatico rispetto a molti dei nemici incontrati nell’avventura base. La sfida tra lui e il protagonista cattura quanto basta, supportata dalle solite numerose sottotrame e dalle molteplici novità offerte al giocatore. 
Dragon rider
A livello di gameplay Dragonborn non offre stravolgimenti di sorta. Il sistema di combattimento è rimasto immutato, e con esso invariate sono l’interfaccia e il comportamento dell’intelligenza artificiale. Il DLC riesce però comunque a stupire, offrendo missioni ben calcolate e di varietà lodevole. Non vi limiterete a trovare le solite rovine piene di nemici, dovrete affrontare anche fasi ricche di enigmi, battaglie epiche con mostri inenarrabili, dilemmi morali, e qualche fetch quest per allungare il brodo. 
Le ottime quest ad ogni modo non sono il punto forte della produzione, la vera chicca sono i “regali”. Armi, armature, poteri e gingilli vari sono presenti a bizzeffe sull’isola: nel giro di pochi minuti potrete mettere le mani su nuovi set di armature (un paio dei quali già visti da chi si è gustato Morrowind), otterrete magie e urli del drago extra di missione in missione, e apprenderete una serie di abilità uniche che non abbiamo intenzione di spoilerarvi.
Ciò che dobbiamo obbligatoriamente descrivervi è la possibilità di cavalcare i draghi, già vista nel trailer di presentazione e molto attesa dai fan del titolo Bethesda. In verità volare in sella a un drago è risultato una mezza delusione. Non potrete realmente controllare il bestione, solo ordinargli di attaccare i bersagli sottostanti, mentre lui svolazzerà senza meta nella zona in cui vi trovate. E’ possibile utilizzare lo spostamento rapido durante il volo, ma il copione resta lo stesso, dunque la nuova cavalcatura non rappresenta altro che un modo aggiuntivo di ripulire il campo dai nemici prima di giungere a destinazione, peraltro meno efficace delle sane vecchie spadate dell’eroe principale. Un peccato, ma non basta a sminuire i notevoli contenuti sopra elencati. Pensate che l’espansione dà addirittura modo di respeccare le abilità, novità non da poco su Xbox.
C’è del Morrowind nel mio Skyrim, e pure un po’ di Lovecraft
Un’altra gran qualità di Dragonborn è il comparto artistico. Solstheim è geograficamente identica all’isola vista in Bloodmoon, ma ora è chiaramente molto più dettagliata e bella da vedere. La locazione è uno strambo misto tra l’architettura ispirata agli insetti degli elfi oscuri e i ghiacci nordici, ricca di zone suggestive e dungeon molto ben congegnati, e più facile da navigare rispetto a Skyrim. La star dello spettacolo è però il reame di Apocrypha, legato a un principe Daedrico che molti hanno già conosciuto e chiaramente ispirato alla mitologia Lovecraftiana. Gli sviluppatori hanno creato una stramba dimensione che sembra un misto tra R’lyeh e una biblioteca mutante, ottenendo un’ambientazione a dir poco stimolante.
Il lavoro di Bethesda ci è sembrato persino più stabile del solito. Abbiamo visto un paio di bug pesanti, prima fra tutti un’area che non si è caricata costringendoci a recuperare l’ultimo salvataggio per continuare, ma sono state prese misure piuttosto furbe per evitare problematiche legate all’intelligenza artificiale. Una delle più sensate è stata donare la capacità di teletrasportarsi ad ogni cambio di locazione a uno specifico compagno, la cui presenza era necessaria per avanzare durante una certa fase. Tale accorgimento ha impedito al nostro amico di incastrarsi nelle complesse stanze del dungeon in cui ci trovavamo, e ci ha risparmiato numerose imprecazioni. Bug minori legati al ragdoll dei nemici o a strambi comportamenti della cpu sono ancora presenti, ma tant’è. 
L’omaggio a Morrowind continua infine nel sonoro, grazie all’aggiunta di alcuni temi presi direttamente dalla soundtrack dell’illustre antenato. Ancora oggi si tratta di alcune tra le musiche più belle di sempre.
A livello di longevità non siamo davanti a un’opera trascendentale. Si parla di circa cinque ore per completare la campagna principale correndo se si è di alto livello, e una ventina di ore complessive per finire tutto quanto. 

– Ricco di contenuti, tra cui nuove armi, armature, magie e abilità speciali

– Artisticamente molto ispirato, specialmente per chi ha giocato a Morrowind

– Ottima struttura delle quest

– Cavalcare i draghi è piuttosto deludente

– La campagna principale è meno longeva del previsto

– Prezzo elevato

8.0

Dragonborn è un ottimo DLC, che offre contenuti adeguati al prezzo di vendita, numerose chicche extra e la possibilità di riassaporare le architetture e i paesaggi visti in Morrowind anche nell’ultimo Elder Scrolls. I veterani lo adoreranno, principalmente per i bei ricordi che l’ultimo lavoro Bethesda saprà far riaffiorare nelle loro menti, ma consigliamo comunque l’acquisto a tutti coloro che desiderano rituffarsi nei panni del sangue di drago, è senza dubbio un’espansione di tutto rispetto.

Voto Recensione di Skyrim: Dragonborn - Recensione


8