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Recensione

Skulls of the Shogun

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Avatar di jewel

a cura di jewel

Pubblicato il 03/02/2013 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.5

La cosa bella del digital delivery è che puntualmente, nel corso dell’anno, sbuca dal nulla un titolo dannatamente bello che la maggior parte dei giocatori, accecati dalle luci delle solite grandi produzioni, si erano fatti sfuggire o semplicemente avevano ignorato. Skulls of the Shogun, sviluppato dai ragazzi di 17-Bit, è stato pubblicizzato solo negli ultimissimi giorni che hanno preceduto il grande lancio su Windows 8, Xbox Live Marketplace, Surface e Windows Phone. Una campagna pubblicitaria incentrata, tra l’altro, soprattutto, sul fatto che il titolo fosse il primo a permettere di sfidarsi in multiplayer cross-platform su tutti i device della multinazionale americana, con l’ulteriore possibilità di sincronizzare i salvataggi per giocare prima su homeconsole e poi magari continuare su tablet o smartphone a patto, naturalmente, di possedere il gioco anche lì. Feature interessanti, certo, ma che secondo noi, nei trailer di gioco, finiscono per rubare la scena al vero cuore pulsante di Skulls of the Shogun: un gameplay strategico profondo, immediato e beh, divertente da morire.

L’oltretomba: luogo di geishe prosperose e riferimenti popPrima di passare a descrivevi queste belle meccaniche di gioco, spendiamo però qualche parola sul comparto narrativo e sullo stile adottato dagli intraprendenti sviluppatori di 17-Bit. Il gioco narra la storia del leggendario Generale Akamoto, valoroso samurai ucciso in battaglia e giunto ora sulle rive dell’oltretomba, proprio lì dove inizia l’interminabile fila che conduce ai cancelli del paradiso. Il nostro protagonista, animato da un orgoglio e un ego insormontabili, decide qui che stare in fila indiana ad aspettare per centinaia di anni il proprio turno non è assolutamente appropriato per un uomo del suo rango. Così Akamoto recluta qualche soldato morto e intraprende quello che finirà per essere un viaggio molto più lungo del previsto, durante il quale verranno a galla tradimenti, scomode verità e tanta altra roba interessante che non stiamo a spoilerarvi. Sappiate soltanto che non solo i risvolti della trama sono intriganti, ma tutto l’incedere è accomunato da un humor veramente irresistibile, fatto di riferimenti a film d’azione anni ’90 come Last Action Hero o Rambo, battute a sfondo sessuale (sempre nei limiti della decenza) e numerose situazioni in cui i personaggi dimostrano di sapere di trovarsi in un videogioco. Difficile non lasciarsi andare a qualche genuina risata.

Il calcio fa bene alle ossaSeppur piuttosto semplici e assolutamente facili da comprendere, le meccaniche di gioco studiate per Skulls of the Shogun danno vita a un gameplay sorprendentemente profondo e ricco di possibilità. Anzitutto diciamo il titolo in questione è uno strategico a turni, fortunatamente privo di countdown, che chiama il giocatore a controllare un’armata di samurai per raggiungere un obiettivo particolare e specifico. Di volta in volta viene quindi richiesto di uccidere un generale nemico, arrivare dall’altro lato della mappa o cose simili, sempre rigorosamente uccidendo a suon di mazzate i soldati nemici lungo la strada e…mangiando con gusto i loro teschi. Proprio così, il gioco prende il nome da questa singolare trovata (vagamente macabra) grazie alla quale nutrendosi della testa scheletrica di un nemico sconfitto, un’unità può incrementare i propri punti vita e il proprio spirito fino a quando ingurgitandone tre, si trasformerà nella copia demoniaca di sé stessa. Questi continui boost di PV, che inizialmente appaiono geniali, si sono rivelati essere in realtà una delle poche pecche del gioco, in quanto troppo spesso finiscono per rallentare i match senza che ci sia comunque la possibilità di ribaltare la situazione. Ma andiamo per gradi.

Le unità alleate, così come quelli nemiche, possono effettuare attacchi in uno specifico raggio d’azione o azioni diverse in base alla classe cui appartengono. Il Generale Akamoto (nel caso della campagna) è la “pedina” più importante, ed è un po’ come il Re degli scacchi dal momento che la sua uccisione comporta in qualsiasi momento la brutale comparsa della scherma di game over. Fortunatamente ci sono i vari soldati semplici a sporcarsi le mani per lui: il fante, ad esempio, è ottimo per andare in avanscoperta poiché dotato di un ottimo parametro di difesa, mentre l’arciere, come è facile intuire, è perfetto per gli attacchi a distanza, ancora più efficaci se a separare le truppe nemiche da quelle alleate ci sono fiumi, altipiani o quant’altro. Il campo di battaglia risulta infatti caratterizzato da morfologie sempre differenti, che incidono fortemente sulle possibilità d’azione di tutte le parti coinvolte in gioco. Di fondamentale importanza sono anzitutto le piantagioni sparse nella maggior parte di arene, le quali, una volta infestate, permetteranno al giocatore di guadagnare riso in abbondanza per un dato numero di round. Una volta accumulato abbastanza riso, sarà quindi possibile reclutare nuovi soldati semplicemente visitando una delle Caserme presenti sulla mappa, e infestando anche quella. Un meccanismo veramente ben fatto, che a tratti ha portato alla nostra memoria le partite a Age of Empires e, in particolare, gli interminabili secondi necessari per la creazione di una nuova unità. In ogni caso, per quanto fondamentale, prendere il controllo di un campo di riso o di un altro edificio durante una partita non sarà mai un’azione da intraprendere senza prima farsi due calcoli. Durante ogni turno di Skulls of the Shogun, infatti, il giocatore può impartire un massimo di cinque ordini alle proprie truppe. Motivo per cui, proprio come in ogni gioco strategico che si rispetti, diventa quasi obbligatorio fermarsi a pensare per una manciata di secondi prima di cominciare a premere tasti. Ad ampliare ulteriormente le possibilità di gioco ci sono poi altri tipi di unità che possono essere sbloccate solo accedendo ai santuari, strutture mistiche sparse ancora nelle mappe di gioco che, una volta infestate a dovere, permetteranno di portare in gioco i monaci. Questi ultimi, di tre tipi in totale, sono unità particolarmente potenti, in grado di usare la magia rispettivamente per curare gli alleati, fare danni o usare il vento a proprio vantaggio. Piccola clausola: se un nemico infesta il santuario di un nostro monaco, o viceversa, quel monaco muore. Come avrete capito le situazioni che si possono presentare in una battaglia del titolo di 17-Bit sono decisamente tante e, per quanto abbiamo fatto del nostro meglio per farne un sunto, il gioco offre ancora tante altre piccole cose che vi invitiamo a scoprire per conto vostro. Solo dopo quattro o cinque ore di gioco, Skulls of the Shogun comincia a far sentire una certa ripetitività nella struttura dei livelli, ma lì vi troverete già nelle battute finali del gioco, pronti a gustarvi i titoli di coda e passare a un multiplayer divertente ma spesso poco popolato. Fa comunque piacere la possibilità di giocare in locale con altri tre amici.

Una spada sguainata produce sempre lo stesso suonoDal punto di vista tecnico è vero che il gioco non osa troppo, ma lo stile cartoonistico si adatta perfettamente ai toni scelti per la narrazione e l’humor del gioco. I rarissimi i cali di frame rate e i colori vivissimi (nonostante sia un gioco pieno di morti) rendono l’esperienza offerta da Skulls of the Shogun piacevolissima da guardare. Peccato invece per la questione audio, perché se da una parte troviamo un doppiaggio farfugliato molto simpatico e divertente, dall’altro la colonna sonora avrebbe potuto essere decisamente più varia o coinvolgente.

– Gameplay strategico ricco e ispirato

– Buon numero di unità e di abilità differenti

– Senso dell’umorismo coinvolgente

– Stile grafico azzeccato

– A tratti le partite possono risultare ripetitive

– Colonna sonora poco varia

8.5

I ragazzi di 17-Bit meritano sicuramente un plauso virtuale per aver partorito Skulls of the Shogun, un titolo che non soltanto riflette le capacità tecniche degli individui coinvolti nel progetto, ma rende evidente che la ricerca di uno stile particolare e di una sorta di “personalità” sono elementi essenziali se si vuole far spiccare il proprio prodotto in mezzo a un mercato affollato.

Che lo giochiate su tablet, smartphone, PC oppure Xbox 360, Skulls of the Shogun riuscirà comunque a offrirvi ore fatte di numerosi momenti tattici, situazioni esilaranti e qualche piacevole risvolto narrativo. In definitiva: se siete appassionati di titoli strategici, o fan di scheletri, o feticisti delle armature da samurai, questo è sicuramente il titolo che fa per voi.

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