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Recensione

Silent Hill 4: The Room

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Avatar di Athreyu81

a cura di Athreyu81

Pubblicato il 08/10/2004 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.4

Ed eccoci arrivati al quarto appuntamento della saga horror Konami. Questa volta la casa nipponica per rinverdire la serie ha adottato dei cambiamenti sostanziali, a livello di gioco, sì, ma soprattutto sulle scelte stilistiche, sia per fronteggiare le esigenze sempre più alte dei fan, sia per emergere da un mercato che nel genere dei Survival Horror ha raggiunto un preuccupante stato di stallo. Il principale punto di svolta dato alla serie deriva dal titolo, Silent Hill: The Room: niente più numeri suffissi, ma un sottotitolo che rivestirà un ruolo principale sia a livello ludico che a livello sceneggiativo.

Henry’s eyesGli sviluppatori hanno introdotto nel gioco due differenti tipologie di gameplay: una visuale in prima persona, attraverso gli occhi di Henry, ed una in terza. La vicenda che erge si dipana esattamente in una stanza. Henry un giorno qualunque si sveglia e scopre di essere stato chiuso a chiave nel suo appartamento (stanza 302); la cosa inquetante è che è stato chiuso dall’interno, perdendo inspiegabilmente ogni contatto con il mondo esterno. Queste credenziali si evolveranno nella scoperta di un mondo parallello la cui interfaccia è presente nel bagno dell’appartamento sottoforma di buco nella parete.Fatti i primi passi nel mondo di Henry inizieremo a scorgere dei particolari del nostro passato (sottoforma di quadri e di memorie) e ad esaminare gli oggetti appartenenti all’arredamento. L’interfaccia in prima persona si risolverà in un semplice osservare ed eventualmente interagire con gli oggetti davanti ai nostri occhi. Per la prima volta nella serie ci troveremo davanti al fatidico baule porta oggetti, presente unicamente nella stanza di Henry servirà a conservare gli oggetti in eccedenza, visto che noi potremo portarne solo un massimo di dieci. Nelle fasi iniziali, la stanza di Henry assumerà il ruolo di posto sicuro: essa infatti ci permetterà di guarire da eventuali attacchi subiti nel mondo paralello e di salvare la partita in corso, ma nella seconda parte oltre che perdere le sue funzioni guaritrici si manifesteranno delle minacce, sottoforma di spettri, che potremo scacciare con apposite candele.

Henry’s bodyLa prima incursione attraverso il buco creatosi nel bagno di Henry ci permette subito di scorgere le radici silenthilliane del titolo: tipica visuale in terza persona e nel primissimo caso l’ambientazione risalente al terzo capitolo della saga (stazione metropolitana di Silent Hill). Nel mondo parallelo potremo eseguire le azioni tipiche della saga con la gradevole aggiunta di poter caricare un colpo prima di sferrarlo, ma con la presenza delle stesse animazioni legnose e della medesima giocabilità che contraddistingue ormai da (troppo?) tempo la serie. Visto il limitato bagaglio di Henry, spesso il gioco ci porta a switchare tra i due tipi di mondi, anche per una questione di puzzle solving, che in questo capitolo appare meno curato del solito, in favore di una maggior dose di azione, dovuta alla presenza di un superiore quantitativo di minacce esterne. Sembra che Konami nel gioco abbia dato meno risalto al character design e alle animazioni delle creature per mettere in evidenza gli ambienti; ne consegue che i mostri, oltre a non rappresentare una vera e propria minaccia, costituiscono parte alienante alla vicenda, scelta che si presenta senza ombra di dubbio infelice, visto la stupenda caratterizzazione di essi nei passati episodi (specie in Silent Hill 2). Si segnala in The Room l’introduzione degli spettri, creature immortali che vagano negli ambienti, scacciabili tramite candele o apposite spade che bloccheranno il loro incedere. Purtroppo nell’avido tentativo di rinnovare, in un certo senso, il franchise ne consegue che la rivelazione più rilevante è l’assenza, come ambientazione principale, della città di Silent Hill. Percorreremo solo determinati luoghi della nebbiosa cittadina (la metropolitana, l’orfanotrofio, la foresta) ed essi saranno derivanti dalla psicologia di un certo Walter Sullivan, visto che percorreremo i posti visitati nel passato da lui stesso. Quindi niente nebbia che avvolgeva i nostri sensi di angoscia, ma chiare ambientazioni poco ispirate ma realmente attinenti alla vicenda che aiuteranno il giocatore a comporre il mosaico psicologico pezzo per pezzo. Proprio per segnare il netto distacco dagli episodi passati verremo privati anche di torcia e di radio; la prima soluzione può sembrare discutibile, ma viene giustificata dalla chiara luminosità degli ambienti (eliminata quindi l’ottima gestione delle ombre del terzo episodio); la seconda appare, francamente, una scelta inspiegabile, andando a diminuire notevolmente l’angoscia nelle manifestazioni aberranti di The Room.

Silent RoomPassando agli argomenti tecnici del prodotto ci potremmo attaccare alle dichiarazioni, antecedenti all’uscita, di Konami che alludeva ad un nuovo motore grafico che doveva mostrare meraviglie ed aprire nuove soluzioni visive alla serie (a detta della casa, The Room, doveva sfoggiare il motore grafico di un certo Metal Gear Solid 3), ma non lo faremo! Il titolo non brilla certamente per l’aspetto grafico: texture estremamente slavate e poco ispirate (anche su Xbox), modelli poligonali dei nemici poco curati, ambientazioni con lo stesso livello di dettaglio dei passati episodi (un difetto considerato l’ appartenenza di The Room alla attuale generazione di giochi). Quello che troveremo particolarmente curato saranno i volti dei personaggi principali (un punto fermo della serie), estremamente particolareggiati ed espressivi, in grado di trasmettere emozioni allo spettatore-giocatore. Un’altra caratteristica che è rimasta inalterata, rispetto al passato, sono le animazioni legnose e in alcuni frangenti la gestione delle collisioni, a livello di interazione con gli oggetti dell’ambientazione, ma soprattutto quando combatteremo con le creature ostili (facile cadere in una mancata collisione quando vorremo colpire il mostro di turno).La giocabilità fa perno sulle radici affermate dai vari survival horror: tempi di reazione lenti, combattimenti noiosi e la risoluzione di enigmi che ci permettono di far uso del nostro inventario per risolvere la situazione. Niente di più, niente di meno: questo fa capire il blocco ideologico che il genere sta passando in attesa di uno scossone da parte di qualche software house (Capcom?). Il comparto audio è pregevole, avvolge il giocatore catturandolo, sorprendendolo: gli effetti sonori delimitano l’ambiente della stanza di Henry, stereo che si accende ad insaputa dell’utente, finestra che sbatte e via dicendo rappresentano elementi inquietanti che stanno alla base dell’opera. Menzione particolare all’ottimo main theme presente, azzeccatissimo e molto suggestivo.La durata del titolo rispecchia la media del genere, nove o dieci ore per completare la prima volta l’avventura. Ovviamente è presente il fattore rigiocabilità grazie alla presenza di cinque finali differenti. Peccato per il problema della poco calibrata curva di difficoltà: il gioco risulta facilissimo nella prima parte della storia, dove potremo letteralmente ignorare i nemici, ed impegnativo nella seconda, raggiungendo picchi abbastanza elevati soprattutto nell’ultima parte.

– Trama appassionante

– Aggiunta di una visuale

– Ma dov’è Silent Hill?

– Grafica sottotono

– Nemici poco curati

7.4

The Room può essere interpretato in due modi differenti. Il primo è il tentativo di Konami di dare una svolta alla serie, eliminando caratteristiche care ai fan (ambientazione, nebbia, torcia e radio su tutte!) ed aggiungendone altre di poco effetto, in modo da spostare l’attenzione verso altre caratteristiche implementate. In questo caso posso confermare la scelta poco infelice adottata. La seconda è il coraggio della casa nello spingere il franchise, concentrandosi in maniera assoluta sulla narrazione, ma tralasciando determinati aspetti che potrebbero rappresentare un surplus per la scelta adottata. L’introduzione della visuale in prima persona rappresenta la caratteristica di gameplay principale su cui si poggia The Room, aumentando così il coinvolgimento e la percezione delle cose. Ma resta davvero poco curato il resto, soprattutto contando la poca ispirazione degli enigmi e dei nemici. E’ pur vero che è proprio la storia il fulcro principale del gioco: essa costituisce l’attrativa numero uno nell’avanzare avidamente nella vicenda costituendo il reale scopo nell’arrivare fino ai titoli di coda.

Gli amanti della saga dovrebbero in definitiva considerare seriamente l’acquisto di The Room, ma chi desideri reali innovazioni e ne consideri la serie Silent Hill bisognosa, farebbe meglio a dirigersi altrove.

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