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Recensione

Saw 2: Flesh & blood

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Avatar di ViKtor

a cura di ViKtor

Pubblicato il 25/11/2010 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6.3

Proprio quando la celeberrima serie cinematografica sta giungendo al termine con l’epilogo in 3D, arriva sulle nostre console il seguito dell’unico tie in videoludico tratto da Saw. Flesh & Blood prova a rifarsi dopo la non brillante esperienza del predecessore, continuando la narrazione delle vicende della famiglia Tapp; questa volta Jigsaw si è accanito sul figlio del detective protagonista del primo episodio, in un intreccio splatter di vite e morti del quale dovremo scovare verità e complotti.

”Ciao lettore di Spaziogames. Voglio fare un gioco. Un Quick Time Event per l’esattezza.”Se c’è una qualità che bisogna riconoscere al lavoro Konami è il grado di immedesimazione e coinvolgimento che la trama è in grado di offrire: vi sentirete davvero dentro uno dei macabri giochi dell’enigmista, intrappolati in qualche sadico meccanismo o messi di fronte a devastanti decisioni morali. Gli enigmi ambientali non sono mai banali e nell’insieme più difficili e interessanti rispetto a quelli del predecessore, obbligandovi a spremere le meningi spesso con l’ulteriore ansia del timer che scorre. Non sorprende dunque che i puzzle più complessi siano legati alle vite dei personaggi secondari, uomini e donne che in un certo modo hanno a che fare con il nostro passato. Salvare queste persone significa poter continuare il gioco e scoprire nuovi dettagli sulla morte di nostro padre, lasciarle morire porta all’inevitabile fallimento. Come nella migliore tradizione di Jigsaw, le macchine della morte preparate per loro sono inquietanti e di una violenza disarmante e vederle in azione vi lascerà senza fiato, esattamente come al cinema. Inoltre i corridoi sono colmi di pericoli e trappole che rendono anche le semplici fasi di esplorazione momenti di alta tensione, fattore molto importante in un survival horror. Fino a qui sembrerebbero tutte rose e fiori, e invece no. SAW 2: Flesh&Blood è afflitto da tre grossi difetti, invero uno decisamente più grave degli altri. Il primo, quello meno invasivo, è una certa ripetitività nello scorrere degli eventi e delle azioni. I minigiochi sono sempre uguali, variando solo leggermente in difficoltà avanzando con l’avventura: le porte si scardinano sempre allo stesso modo, i circuiti elettrici si attivano con la medesima sequenza di tasti, ogni livello ha almeno due assi su cui camminare in equilibrio e via dicendo. Potremmo andare avanti ancora molto, ma ormai dovrebbe essere chiaro il concetto: il gioco non brilla in varietà e gli ostacoli ambientali si alternano con troppa frequenza, facendo apparire i livelli troppo simili tra loro. Il secondo difetto è rappresentato dai QTE (Quick Time Event, per i pochi che non sapessero di cosa stiamo parlando è la pressione con il giusto tempismo di una serie di tasti che compaiono a video), scelta di gameplay di cui il gioco abusa. Può starci bene dover superare una trappola con un QTE, ma non ci piace affatto utilizzare lo stesso sistema per i combattimenti. Questo espediente è limitante e riduce i frequenti scontri a banali e tediose animazioni (neppure così precise nella gestione dei poligoni), rendendo di fatto nulla la sfida. L’ultimo problema, quello che più mina l’intera esperienza di gioco, è la pessima gestione dei checkpoint. Qualcuno in Konami deve volere davvero male a noi giocatori, è davvero frustrante che non si possa salvare subito prima o subito dopo un enigma particolarmente difficile, magari pure a tempo. E se comunque riuscirete a superarlo, tre passi più avanti incombe il pericolo di un improvviso Quick Time Event da Game Over immediato che potrebbe mandare in fumo le vostre fatiche, costringendovi a ricaricare l’ultimo salvataggio (e quindi rifare tutto dall’inizio). Paradossalmente, questo difetto si nota soprattutto nelle fasi iniziali e in quelle finali dell’avventura, quindi alcuni di voi potrebbero abbandonare il gioco dopo la prima ora o, ancora peggio, ad un passo dai titoli di coda. Se la costanza è il vostro forte, invece, sappiate che ad attendervi ci sono due finali differenti, conseguenze della scelta fatta alla fine del primo livello. Se avete giocato il primo episodio, avrete ormai capito che Konami ancora una volta si è dimostrata restia ad accogliere i feedback dei giocatori e che è ricaduta in gran parte delle magagne che decretarono l’insufficienza di SAW su queste stesse pagine. La frustrazione è ancora parte integrante del gameplay, anche se in misura minore. Perché allora il voto è superiore, vi starete chiedendo? Perché comunque rispetto al predecessore il grado di coinvolgimento è aumentato e il sistema di controllo con cui muoverete Michael Tapp per le enigmatiche ambientazioni è nettamente più immediato e preciso. Inoltre, la longevità è superiore alla media delle produzioni del genere: per vedere uno dei due finali vi occorreranno almeno otto ore di gioco, ripercorribili nel caso in cui voleste sbloccare gli achievement o i trofei legati ai molti oggetti collezionabili nascosti nelle stanze. Aspetti che, nell’economia generale della produzione, pesano notevolmente.

Quasi come in sala, senza occhialini 3DGraficamente i passi avanti rispetto al primo capitolo sono davvero pochi, quindi sapete già cosa dovete aspettarvi dall’utilizzo “made in Konami” del motore Unreal: ambienti non molto dettagliati e simili tra loro e animazioni non eccezionali. Nonostante questo, come già accennato le atmosfere dei film sono rese alla perfezione, grazie a una scelta cromatica scura e al frequente utilizzo dei cliché della pellicola quali le televisioni in cui compare Jigsaw o i suoi stessi costumi. Il sonoro è forse l’aspetto migliore della produzione (ancora una volta), perché a doppiare Jigsaw ci pensa nuovamente l’interprete originale (ovviamente in inglese) e anche le voci degli altri protagonisti sono ottimamente campionate. Insomma, se siete amanti della serie cinematografica e non vi siete persi neanche un episodio questo SAW 2: Flesh&Blood potrebbe a tratti rappresentare per voi un’interessante esperienza ludica, ma solo se saprete soprassedere i difetti che vi abbiamo descritto. Tutti gli altri sanno dove andare a pescare survival horror decisamente migliori.

– Atmosfere del film ricreate alla perfezione

– Sistema di controllo migliorato

– Alcuni buoni puzzle ed enigmi…

– Utilizzo dei QTE esagerato

– Sistema di check point da rivedere

– …altri presto tediosi e ripetitivi

6.3

Inutile far finta di nulla: SAW 2: Flesh & Blood lascia l’amaro in bocca. Con un minimo di varietà in più e con una maggior cura in dettagli non trascurabili come i QTE e i punti di salvataggio, ci troveremmo di fronte ad un survival horror in grado di competere adeguatamente con i suoi concorrenti dell’attuale generazione. Così com’è paga invece alcuni difetti di gioventù da cui evidentemente Konami non ha imparato a difendersi, e si relega ad un target composto dai soli fan della serie cinematografica. A loro il gioco piacerà perché ritroveranno tutto ciò che si aspettano da un film di SAW, però dovranno scontrarsi con i difetti evinti in fase di recensione. Se invece non siete appassionati delle manie di Jigsaw, lasciate perdere e soddisfate la vostra voglia di paura altrove.

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