Recensione

Runaway: A Twist of Fate

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a cura di Sidmarko

Ci sono alcuni generi videoludici, come le avventure grafiche, che nonostante abbiano un sistema di gioco assai elementare e di difficile evoluzione non scompaiono mai completamente. Sebbene sia da tenere presente la notevole diminuzione di produzione rispetto agli anni ’90, in questi ultimi due anni il genere ha passato un buon periodo; basti pensare alla rivisitazione di Moneky Island o al geniale Machinarium. Purtroppo questi titoli, nella maggior parte dei casi, passano inosservati al grande pubblico, faticando nel ritrovare un’appropriata collocazione in questi anni di next gen, dove caratteristiche come grafica e gameplay rivoluzionari la fanno da padrone, e quindi penalizzano una giusta valorizzazione delle avventure grafiche. Dal canto suo Runaway è una di quelle serie che ha saputo, grazie ad uno stile scanzonato ed irriverente, a farsi apprezzare da molti appassionati, e con questo terzo capitolo conclude una trilogia che ha saputo dare il suo contributo alla sopravvivenza delle avventure punta e clicca vecchio stile.

Gli scherzi del destinoA Twist of Fate si ricollega alle vicende lasciate sospese nel secondo capitolo. Si avrà così l’occasione di scoprire cosa è accaduto a Gina e i vari misteri legati alle vicende narrate in Dream of the Turtle, in tutto questo faranno capolino tante vecchie e nuove conoscenze. Non vogliamo svelarvi nulla riguardo la trama, che si rivela essere il motore trainante dell’intero impianto ludico di Runaway, grazie ad una sceneggiatura ispirata, comica e mai noiosa. A rendere il tutto più coinvolgente è la presenza di alcuni filmati di intermezzo in computer grafica di ottima qualità e parecchi dialoghi. Questi ultimi sono maggiormente prolissi rispetto ai capitoli precedenti, ma vale la pena ascoltarli per intero, poiché si rivelano, in certi casi, davvero divertenti; per i giocatori più frettolosi c’è comunque la possibilità di saltarli. Se nel secondo capitolo Gina e Brian erano due “superbelloni” tutta apparenza, con l’inevitabile perdita della loro grottesca simpatia, in questo terzo capitolo si ritorna un po’ alle origini, con i due protagonisti decisamente meno superficiali e più sfaccettati. Per quanto riguarda i personaggi secondari, siamo di fronte ad una epopea di citazionismo esasperato, ma che con l’aggiunta di un pizzico di originalità riesce a creare delle personalità uniche ed indimenticabili: dallo sceneggiatore barbone al mimo pazzo, ne vedrete davvero delle belle. In A Twist of Fate non esistono personaggi “ordinari”, tutti hanno una propria peculiarità e stranezza, il che rende il titolo forse un po’ demenziale, ma tremendamente divertente, come d’altronde ci ha abituati Pendulo Studios.

L’arte della combinazione Sin dai primi minuti di gioco si capisce come i ragazzi di Pendulo Studios abbiano voluto abbassare la complessità degli enigmi che, nonostante mantengano mediamente una certa logicità e originalità, risultano meno cervellotici rispetto ai primi due capitoli. Questo cambiamento ha portato ad un conseguente abbassamento della longevità, che potrebbe ridursi ulteriormente per i giocatori più esperti; un avventuriero di medio livello finirà il titolo in una decina di ore circa. Il meccanismo ludico è invariato rispetto al passato e rimane ancora fortemente legato ai canoni del genere, con il giocatore che deve combinare fra di loro i vari elementi trovati negli scenari per cercare di risolvere gli enigmi, oppure parlare con tutti i personaggi per ottenere oggetti o informazioni utili alla risoluzione del rompicapo. Anche se, come già detto, gli enigmi risultano piuttosto logici e di media difficoltà, capiterà qualche volta di ritrovarsi nell’odiosa situazione di stallo e quindi di provare a “cliccare tutto su tutto” o di improvvisare le più improbabili delle combinazioni fra oggetti/persone. In questi momenti si può ricorrere ad un aiutante, che darà alcuni piccoli suggerimenti utili alla risoluzione del caso, anche se in certe situazioni dovrete comunque cavarvela da soli. Indiscutibilmente, tramite questo “trucchetto”, si rischia di perdere un po’ il gusto dell’ esserci arrivato da solo e, quindi, l’immancabile esaltazione post-risoluzione, unica di questo genere. A voi decidere se utilizzarlo o meno. Il più grande difetto delle avventure grafiche è sicuramente il frustrante fenomeno del pixel hunting (quando non si riesce a trovare il giusto punto dove cliccare per interagire con l’oggetto, capita soprattutto con oggetti piccoli), ma Pendulo Studios ha trovato un sistema molto comodo per aggirare questo problema. E’ stata infatti implementata un’opzione che permette di attivare i “punti attivi” con i quali è possibile interagire, tramite un’icona presente nel menu di gioco – attivabile a comparsa scorrendo il mouse nella zona alta dello schermo. L’interfaccia di gioco, oltre a questa utile caratteristica, è composta dal menu opzioni, l’icona per accedere all’aiutante, l’inventario e il menu progressi dove è possibile visionare gli avanzamenti fatti nell’avventura e ricapitolare gli avvenimenti.

Cartoon interattivoLa volontà degli sviluppatori di avvicinarsi sempre più ad un cartone animato interattivo raggiunge, con questa nuova iterazione, un livello davvero lodevole, confermato soprattutto durante i filmati realizzati in computer grafica. Grazie ad un eccellente utilizzo del cell shading, anche i modelli poligonali sembrano letteralmente usciti da un cartone animato e le loro movenze risultano molto più fluide e naturali che in passato. Peccato che durante i dialoghi Brian e compagni sembrino ancora un po’ artificiosi e finti, muovendo solamente la bocca e privi di qualsiasi altra interazione fisica. Gli ambienti che si incontrano durante il proseguo dell’avventura sono vari e ricchi di dettagli. Tutti gli scenari sono dotati di una palette dei colori sempre coerente con il contesto e accompagnati da fondali piacevoli e pittoreschi. Se l’aspetto grafico è decisamente promosso, lo stesso si vale anche per l’impianto sonoro, che presenta canzoni di sottofondo sempre azzeccate e una campionatura dei rumori precisa e naturale. Il doppiaggio del parlato è per la prima volta solo in inglese (sottotitolato italiano, comunque), ma la qualità dei doppiatori anglosassoni non farà rimpiangere quelli italiani. Durante la nostra prova siamo incappati in un bug che ci ha obbligato a ricominciare il capitolo per poter portarlo a termine, speriamo in una imminente patch che risolva il problema.

HARDWARE

REQUISITI MINIMI:
– S/O: Windows Xp SP2/Vista SP1/Windows 7– Processore: Celeron 1.7GHZ/Duron 1.6GHZ– Memoria Ram: 512 MB (XP)/1024 MB (VISTA/7)– Spazio sul disco rigido: 8 Gb– Scheda video: 256 MB 100% Direct x 9 compatibile (min 1280×720) ATI RADEON 9500/ INTEL GMA 3000/ NVIDIA GEFORCE FX 5500 o sup– Scheda audio: DirectX 9 compatibile

– Divertente

– Enigmi logici e ben congeniati…

– Ottimo comparto tecnico

– ..ma un po’ più facili del passato

– Poco longevo

– Qualche bug

8.0

Dopo un secondo capitolo solo discreto, A Twist of Fate (forse) conclude in bellezza la fortunata saga di Runaway. Una grafica deliziosa, una trama divertente e coinvolgente, enigmi logici ma mai troppo cervellotici, fanno di questo prodotto un ottimo passatempo per chi è in cerca di un’avventura punta e clicca delle più classiche e divertenti, ma anche per chi si avvicina per la prima volta al genere. Pendulo Games non ha voluto apportare nessuna novità al sistema di gioco, ma ha riutilizzato la formula classica già collaudata in modo pressoché impeccabile.

Voto Recensione di Runaway: A Twist of Fate - Recensione


8