Recensione

Patapon 3

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Era il 2008 quando uno dei giochi più rivoluzionari dell’ultimo decennio fece il suo sbarco in esclusiva su PlaystationPortable: si chiamava Patapon ed era un concentrato di stile, ironia e giocabilità come ne abbiamo visti pochi sulla console portatile made in Sony. Diverse milioni di copie vendute tra primo episodio e immancabile sequel, e tre anni dopo, ecco giungere quello che, verosimilmente, sarà l’ultimo capitolo di questa saga su PSP, dato che Sony non ha fatto mistero di essere al lavoro su un handheld di nuova generazione, il cui nome in codice è NGP. Tamburi alla mano, ci avventuriamo per la terza volta nel magico mondo dei Patapon.

Da un esercito a un team di agenti sceltiSin dal primo episodio, questa serie ha dispensato uno stile minimalista ed un’ironia dissacrante, elementi che ne hanno decretato il successo mondiale, mettendo per una volta d’accordo tanto l’utenza nipponica quanto quella occidentale, spesso divise da gusti videoludici e culturali completamente differenti. A livello di trama (se trama vogliamo chiamarla…) la grande differenza tra Patapon 3 e i due predecessori è che, dopo aver rivestito i panni della divinità onnisciente, saremo chiamati a sporcarci le mani ed a scendere sul campo di battaglia, fianco a fianco con i migliori generali del nostro esercito occhiuto. Una delle prime schermate, dopo un’inedita intro in computer graphics, ci chiederà quindi di scegliere l’equipaggiamento del nostro alter ego: potremo impersonare un arciere, un lanciere e un soldato di prima linea, armato con spada e scudo. Oltre che a livello cromatico, la scelta comporterà un approccio differente al gioco, favorendo la rigiocabilità del titolo: se infatti l’arciere denuncia evidenti limiti di forza e resistenza, che invece non fanno difetto all’eroe dotato di spada e scudo, può per contro mettere sul piatto della bilancia grande rapidità negli attacchi e la possibilità, tenendosi a debita distanza dai nemici, di uscire illeso da molti scontri. Dalla sua, il soldato di prima linea punta invece sui valori di forza e di difesa, ma si rivela assai lento e non può attaccare che la prima linea avversaria. Il lanciere si pone come scelta intermedia, rivelandosi più resistente dell’arciere e nel contempo maggiormente vulnerabile del soldato di prima linea, non disponendo di scudi.Qualsiasi sia la scelta effettuata, lo scopo sarà quello di mettersi alla testa di un manipolo di guerrieri (solo tre, a parte il nostro eroe) sopravvissuti all’ecatombe che ha colpito l’esercito dei Patapon alla fine del secondo capitolo e, con questi, riportare l’ordine nel mondo stilizzato degli occhiuti esserini. Essenziale, ma efficace.

Chaka Chaka Pata PonA beneficio di quei (pochi) che non abbiano mai trascorso almeno cinque minuti con uno dei primi due capitoli, Patapon è un bizzarro incrocio tra un gioco strategico e un rhythm game, in cui si impartiscono degli ordini in tempo reale al nostro esercito di esserini monoculari in quattro quarti, avanzando in genere da sinistra verso destra e sgominando tutto ciò che si pari sul cammino. Descrizione essenziale, ma (crediamo) efficace. A decretare il successo del brand, l’azzeccato mix di incredibile semplicità d’uso e la profondità tattica derivata dalla gestione di un esercito, dalla sua disposizione e dal suo equipaggiamento. Patapon 3, pur tentando di portare qualche novità nell’ambito del franchise, non si discosta, almeno nelle sue meccaniche di base, dal solco tracciato: la fase di preparazione alle battaglie riveste la stessa importanza e può segnare la differenza tra una marcia trionfale e una sonora sconfitta, e gli scontri si svolgono con la stessa spensieratezza e la medesima “furia ritmica” che le aveva contraddistinte già nei due predecessori. Impossibile non notare, tuttavia, come il livello di difficoltà medio sia stato abbassato, probabilmente nel tentativo di avvicinare anche le masse al prodotto e di non frustrare quanti non abbiano il ritmo nel sangue: laddove nei primi due episodi una semplice battuta a vuoto decretava istantaneamente la perdita dello stato Fever – che aumenta significativamente la potenza e la frequenza degli attacchi portati dal nostro esercito – adesso al giocatore sono concessi addirittura due errori, o meglio due comandi impartiti in maniera maldestra, prima di vederlo sfumare. Fin qui le somiglianze, invero molto marcate, tra Patapon 3 e i primi due capitoli. Ma dov’è, allora, che Sony ha provato a sparigliare le carte? Su tutto, diremmo nell’aggiunta di una corposa sezione online: questo terzo capitolo incoraggia il gioco cooperativo sia in locale che nella modalità infrastruttura, raggiungendo vette di divertimento finora inesplorate per la serie, senza pagare eccessivo dazio né a rallentamenti (d’altronde lo schermo è molto meno affollato rispetto ai due capitoli precedenti) né al fatto che il gioco in rete sia in occidente sempre un passo indietro rispetto al paese del Sol Levante. Detto della diminuzione dei combattenti a nostra disposizione, che comporterà una maggiore familiarità con lo sparuto drappello di eroi cui saremo messi a capo, il gioco propone anche una diversa gestione dei materiali e della fase di strategia a bocce ferme: i minigiochi dei primi due Patapon, utili a racimolare i materiali necessari per la fabbricazione di nuove e più potenti armi, hanno lasciato il posto alla possibilità di smantellare l’armamentario in eccesso, scindendolo in materie prime che potranno essere riutilizzate, tramite l’opera di un fabbro prezzolato, per rinforzare l’equipaggiamento corrente. In altre parole, l’attenzione è pesantemente concentrata sulla fase di grinding ed il titolo incentiva a rigiocare più e più volte missioni già portate a termine per recuperare oggetti e materiali che prima si potevano ottenere nel villaggio.La struttura ricorda, alla lontana, quella della serie Monster Hunter di Capcom, e, qui come lì, tanta enfasi sul grinding porta alla lunga ad una certa ripetitività di fondo, mitigata dalle infinite possibilità di personalizzazione del nostro esercito e da insperati bonus che il gioco elargisce ai giocatori più pazienti, uno su tutti l’agognata (e inedita per la serie) marcia della pausa, suonando la quale il gioco può essere interrotto per rispondere a esigenze corporali improvvise piuttosto che al telefono. Chi non persevererà, in altre parole, rischia di farsela sotto, come molti fan di vecchia data di Patapon sanno bene…

Patapon StyleLa particolarità, la grazia minimalista e il bicromatismo che contraddistinsero gli esordi su PSP hanno lasciato il posto ad un uso più generoso di tinte anche forti e ad un level design leggermente più articolato, che non disdegna dungeon multilivello, ma fondamentalmente Patapon 3 è immediatamente riconoscibile quale terzogenito della saga partorita dalla divisione giapponese della grande S: chi non ha amato questa impostazione grafica tre anni fa, difficilmente inizierà adesso, nonostante il già menzionato filmato di apertura in CG e schermate statiche lievemente più apprezzabili che in passato. Come per LocoRoco o Canabalt, uno stile così marcato difficilmente lascia indifferenti, generando alternativamente amore incondizionato o odio viscerale: riteniamo sia azzeccatissimo in questo contesto ma, nel contempo, bisognoso, come altri aspetti del prodotto, di una rinfrescata. Odi infinite invece al sonoro che, nonostante tenti, come molti altri aspetti, di piacere maggiormente alle masse tramite l’aggiunta di diverse chitarre, non perde la sua carica effimera e contagiosa, che vi porterà a canticchiare “pata pata pata pon” anche sotto la doccia o al volante, come dei bambini dell’asilo un po’ suonati. La longevità totale beneficia enormemente della nuova impostazione improntata al grinding estremo di cui sopra, della possibilità di giocare online e di quella di affrontare più volte la campagna principale vestendo di volta in volta i panni di uno dei tre eroi disponibili. Ci sembra però doverosa una precisazione: mentre abbiamo giocato i primi due Patapon tutti d’un fiato, non dedicandoci ad altro, abbiamo apprezzato questo terzo episodio molto di più giocandolo a piccole dosi, in modo da diluire la ripetitività generata dal continuo ripetere missioni già portate a termine: seguendo questa ricetta, il piatto verrà saporito. Altrimenti, si potrebbe rischiare che stufi dopo poche forchettate.

– Giocabile come i predecessori

– Molto longevo

– Modalità multigiocatore online ben congegnate

– Stiloso

– Ripetitività di fondo

– Vena rock discutibile

– Nettamente il più facile del trittico

8.0

Dove il primo capitolo puntava tutto sul fattore novità e il secondo su quello “bigger, better”, Patapon 3 tenta di portare qualche timido cambiamento nel ritornello della serie, percorrendo una strada che lo avvicina a produzioni come Monster Hunter o Gods Eater Burst, foriere di decine di ore di gioco a scapito del fattore varietà.

Siamo sicuri che questa scelta dividerà il pubblico, e, senza sindacare i gusti personali, ci limitiamo a segnalare un eccellente comparto multigiocatore, una colonna sonora entusiasmante e infinite possibilità di personalizzazione, a fronte di un abbassamento sostanziale della difficoltà media e della generale sensazione che la saga abbia detto tutto ciò che poteva, a meno di nuove, e più decise, sterzate. Un prodotto comunque degno, complice un prezzo di lancio competitivo, di figurare nella ludoteca degli amanti della strategia, del ritmo e del grinding.

Voto Recensione di Patapon 3 - Recensione


8