Il Verdetto di SpazioGames
Il Mahjongg è un rompicapo nato in Cina circa mille anni fa e basato su delle piccole tessere raffiguranti simboli differenti. Il gioco, nella sua versione originale ancora assai diffusa, possiede lontani punti in comune coi passatempi a base di carte più comuni in Occidente. Lo scopo del gioco, da svolgersi in quattro giocatori, è quello di ottenere più punti possibili combinando alcune tessere uguali o con determinate analogie.Quello che molti non sanno è però come nei paesi occidentali la forma di gioco più diffusa, grazie ai videogiochi, sia quella in solitario (recente e non propriamente amata dai puristi). Questa rivisitazione semplificata, ormai ampiamente sfruttata, vi mette di fronte ad una serie di costruzioni su più livelli costituite da tessere raffiguranti i più svariati simboli. Scopo del gioco è accoppiare le tessere uguali, seguendo una determinata logica, fino a raggiungere lo scopo finale: l’eliminazione di tutte le coppie. Ovviamente questo obiettivo non è facilmente raggiungibile visto che è possibile eliminare solo le tessere più esterne e che, immancabilmente aggiungeremmo, tutto è spesso bloccato da questo o quel pezzetto fondamentale che sta proprio alla base della struttura (ed è quindi irraggiungibile).La tradizione videoludica del Mahjongg (spesso scritto con una sola lettera “g”) ha un’origine che va ricercata fino ai vecchi arcade degli anni Ottanta. In ogni sala giochi degna di rispetto c’era infatti un cabinato dedicato agli amanti di questo gioco più che riflessivo. Il successo del Nintendo DS, grazie al peculiare sistema di controllo, ha permesso un rilancio di questo solitario. Sulla console di casa Nintendo si possono contare differenti episodi di altalenante qualità e di simili intenti. Cerasus Media ha ben pensato di offrire ulteriori spunti agli appassionati del genere lanciando Mahjongg Ancient Mayas, noto al pubblico d’oltreoceano come Mahjong Journey: Quest for Tikal.
Culture molto molto lontaneIl Dr. Deanfiel ha raccolto nella sua ultima spedizione in America centrale il misterioso disco di Tikal. Proprio la rottura di questo prezioso manufatto svela un misterioso segreto. Non ci resta che partire e raccogliere le sessanta tessere della conoscenza. A questo punto, novelli Indiana Jones, lasciamo la civilizzazione pronti ad affrontare sessanta temibili enigmi creati dai tanto popolari (fin troppo nominati di questi tempi) Maya.I creatori del titolo con grandissima disinvoltura hanno unito due culture apparentemente molto lontane associando un titolo di chiara origine cinese alla quasi perduta civiltà Maya. Le regole del gioco sono quelle classiche del solitario accennate ad inizio recensione. Scopo di ogni tavola è eliminare le tessere a coppie. A quelle normali se ne aggiungono di nuove e “speciali”, in grado di sovvertire alcune regole ed eliminare a seconda dell’occasione questa o quella fastidiosa tessera che ci blocca. La modalità avventura è affiancata da una partita classica che ci offre svariate alternative. Queste gradite offerte, create ad hoc dai programmatori, risultano altalenanti a livello qualitativo. Troviamo modalità a tempo, a punti e ad eliminazione. Le più interessanti, anche se non sempre giocabili sono quelle legate alla presenza di tessere coperte in una sorta di moderno e difficoltoso gioco di memoria.
Piccoli dettagli, grandi sforzi visiviIl limite maggiore di Mahjongg, comune peraltro ad altri prodotti di questo tipo già visti su DS, è legato alle piccole dimensioni dello schermo del portatile Nintendo. Questo problema, forse aggirabile grazie al nuovo Nintendo DS XL, rende in alcune occasioni le partite un po’ troppo difficoltose. Spesso, specie nella modalità avventura, le tessere molto colorate ed un po’ troppo simili tra loro creano un certa confusione. Questo difetto si riflette di fatto sulla giocabilità e paradossalmente anche sulla longevità. I livelli ci sono, e non sono neppure pochi, ma molti potrebbero abbandonare presto il titolo. La difficoltà inoltre è settata su standard piuttosto elevati e potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo per i giocatori meno esperti.Il sonoro rappresenta un semplice sottofondo che in alcune occasioni vi ritroverete ad azzerare. Una nota di demerito va all’assurda trama che abbiamo narrato a inizio del paragrafo precedente. L’idea di associare due culture tanto diverse è poco convincente. Se a questo si aggiunge l’improbabile caratterizzazione dei personaggi che sembrano usciti da un Indiana Jones a bassissimo costo, non si può che bocciare questo inutile contorno.Per il resto Mahjongg Ancient Mayas rappresenta un prodotto discreto che si rivolge ad un pubblico di nicchia e che, pur non offendo molto di nuovo rispetto ai vari cloni già presenti sul mercato, tenta di risultare accattivante grazie ad alcuni extra, ad una coraggiosa (insulsa?) trama e ad una discreta longevità.
– Molti Livelli
– Coraggioso tentativo di sviluppare una trama
– Qualche opzione extra interessante…
– Graficamente altalenante
– …che risulta però troppo semplicistica
– …molti privi di interesse
6.3
Mahjongg Ancient Mayas si unisce al discreto numero di solitari e rompicapo pubblicati per DS. Il titolo, a fronte di una buona longevità e di un apprezzabile tentativo di offrire qualcosa di nuovo, soffre le dimensioni ridotte dello schermo del portatile Nintendo. In alcuni occasioni ci si affatica nel riconoscere in maniera rapida tessere così simili tra loro. Forse gli sviluppatori avrebbero potuto differenziare meglio i colori di queste ultime per renderle più facilmente identificabili. Un gioco che non raggiunge particolari vette qualitative e che si rivolge in particolare agli appassionati di questo antico solitario cinese.