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Recensione

Gravity Rush 2

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Avatar di DjPralla

a cura di DjPralla

Pubblicato il 25/01/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Quando si parla di piattaforme Nintendo si finisce sempre a tirare in ballo la trinità Mario, Zelda e Metroid, ricordandosi solo in un secondo momento di quanto l’offerta di prodotti sviluppati direttamente dalla grande N sia composta anche di Pokémon, Fire Emblem, Animal Crossing e le cinquanta sfumature del sopracitato idraulico italiano. Nonostante la quantità e la qualità, si finisce sempre a discutere di come sia strettamente necessaria la presenza dei titoli terze parti perché la console in questione venda. In casa Microsoft e Sony, invece, la disquisizione è diametralmente opposta, dove il fulcro della discussione è proprio la mancanza di giochi first party che facciano piegare l’ago della bilancia. Ognuna delle due compagnie ha scelto una via ben precisa, e quella di Sony prevede anche il ritorno di una faccia dimenticata, quella di Kat.
Ben tornata Kat
Nell’ormai lontano 2012 PlayStation Vita stava ancora cercando di mettere in mostra le proprie qualità, al fine di poter mostrare al mondo quella che fosse la potenza e la versatilità della piattaforma. Il titolo che più cercò di salvare la portatile Sony al tempo fu per l’appunto Gravity Rush, un ambizioso gioco d’azione open world originariamente pensato per PS3, dove il gameplay orbitava attorno al concetto di gravità, il quale però andava a scontrarsi con la difficoltà nella gestione dei comandi impartiti tramite il giroscopio. Dopo una lunga attesa, finalmente Kat, Dusty e Raven tornano in una storia che riprende immediatamente dopo il corto d’animazione Ouverture (che serve da collante tra i due capitoli) e porta avanti la narrazione verso nuove città, nuovi volti e nuovi problemi. Quella di Gravity Rush 2 è, di nuovo, una storia di lotta contro le istituzioni colluse, di divisioni sociali e di rivolte popolari; un setting dal gusto squisitamente europeo, come molti dei tratti con cui sono disegnati personaggi e gli agglomerati architettonici, che richiamano lo stile fumettistico franco/belga, pur con una mano pesante da mangaka. Come successo in parte col primo capitolo, però, col passare delle ore vi renderete conto che la storia e gli stravaganti personaggi, sono solo un’espediente poco più che banale con cui far proseguire le vicende e farvi esplorare nuove zone, senza che si venga a creare un vero legame affettivo con la protagonista e chi la circonda, ma soprattutto non viene esplorato più nel profondo il problema sociale, che diventa quasi macchiettistico.
Nuove città stessi governi
La nuova città, Jirga Para Lhao, è anch’essa un insieme di isole fluttuanti su cui si è diffusa un’urbanizzazione incontrollata e totalizzante. A differenza di Hekseville, luogo in cui si sono svolti i fatti del primo capitolo (che torna anche nella seconda parte di Gravity Rush 2), la città dei Lhao è molto più colorata e viva: aggirarsi nella parte del mercato, magari usando la visuale in prima persona, vi farà spalancare la bocca mentre guardate bancarelle gremite e venditori che attirano i clienti. Purtroppo però l’esaltazione è condannata a durar poco, in quanto le promesse del director Toyama vengono per lo più disattese: in fase di promozione si è parlato di una città che risponde a Kat, fatta di persone che possono interagire con la protagonista e sostenere delle conversazione; nella realtà dei fatti il tutto si risolve in semplici scambi di gesti, solamente quando si è in precise missioni che richiedono di raccogliere informazioni dalla folla. Missioni che, tra l’altro, smorzano di molto il ritmo del gioco e in quanto chiedono al giocatore di perdere del tempo interagendo con dei passanti che sono poco più che manichini semoventi.
Calci rotanti volanti
Ad ogni modo, buona parte del gameplay è incentrato sul combattimento e in questa nuova avventura Kat può contare su tre novità: le prime due sono nuovi stili di gravità, dove quella lunare vi darà la possibilità di scagliare attacchi più veloci, mentre quella gioviana vi garantirà maggiore potenza. Alternando i tre stili disponibili allo sfioramento del touchpad, potrete dare un bel pizzico di varietà ad un sistema di combattimento che sostanzialmente si basa sul tirare grandi calci mentre si fluttua in aria. Purtroppo però tutta la danza di calci volanti dipende dall’inquadratura dei nemici attraverso i sensori di movimento all’interno del Dual Shock 4, facendo così ricadere il gioco nel più grave problema del primo capitolo, ossia l’imprecisione dei controlli. In aiuto dei giocatori dallo stomaco più debole viene in contro la terza novità, ossia il campo gravitazioanle: grazie a questo potere Kat può far orbitare attorno a se degli oggetti che può all’occorrenza scagliare contro i nemici. Una tecnica che si rivela sin da subito estremamente efficace, tanto da mettere in dubbio l’utilità del sistema di combattimento classico.
Come nel primo capitolo torna anche qui la possibilità di migliorare le abilità di Kat utilizzando le gemme che si possono raccogliere in giro per la città, o molto più facilmente tramite le apposite missioni in miniera. È invece nuovo il sistema di talismani, che consente di utilizzare le pietre per creare dei modificatori, come più energia o maggiore resistenza; purtroppo questa meccanica non viene più di tanto espansa e anche la possibilità di mescolarli viene concessa troppo in là nella storia per diventare veramente rilevante.
La dura vita di una cassa di legno
Come detto il gioco è ambientato nelle due città fluttuanti, dove soprattuto Jirga Para Lhao è strutturata su tre diversi strati, divisi da centinaia di metri d’aria e ovviamente da un restrittivo sistema di classi sociali. Dovendo coprire così lunghe distanze e avendo la possibilità di volare, l’esplorazione a piedi è ridotta all’osso e di conseguenza le enormi e labirintiche città passano in secondo piano, lasciando al giocatore la possibilità di rivederle durante le missioni secondarie o alla ricerca dei collezionabili. Accostando la vastità della mappa alla qualità degli asset, diventa evidente il passaggio che da console portatile a casalinga che ha subito il gioco. Da questo punto di vista diventa anacronistica la scelta di narrare il tutto solamente tramite fumetti statici e testo scritto, riutilizzando quindi la lingua fittizia per le parti parlate. Si sarebbe potuti passare a sequenze animate e doppiate, mette così a maggior agio i giocatori da salotto. D’altro canto, invece, la più grande novità dal punto di vista tecnico è la distruttibilità ambientale che, specialmente in alcuni punti fa esplodere il mondo in particelle. Ovviamente questa caratteristica non si applica a tutte le strutture, ma solamente ad alcuni elementi selezionati e a tutto ciò che fa da contorno, come casse, barili e bancarelle. Negli scontri più movimentati, magari contro giganteschi robotti, mentre si è in pieno centro abitato e si utilizza il campo gravitazionale, a schermo dominerà il caos di pezzi di legno o lamiera che volano da una parte all’altra.

– Stile grafico unico

– Giocare con la gravità ha sempre il suo fascino

– Kat in abito da sera

– La visuale è difficile da gestire con i sensori di movimento

– Tecnicamente a metà tra portatile e casalinga

– Storia che non decolla pur avendo interessanti presupposti

7.5

Gravity Rush 2 fa parte di quel filone di progetti utili a rimpinguare la lista dei titoli esclusivi, in cui solitamente Sony investe per far contenti gli appassionati e far parlare il più possibile della propria piattaforma. Se avete apprezzato il primo capitolo e dichiarereste il vostro amore a Kat in abito da sera, in questo sequel troverete una versione più grossa e ricca di quello che avete apprezzato cinque anni fa. Se già al tempo avete avuto difficoltà con i controlli e non amate i concerti jazz, potete posare il vostro sguardo altrove

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