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Recensione

Feist

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 27/07/2015 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Basta un attimo per cadere nel madornale errore di associare Feist a Limbo. La sua estetica fatta di chiaroscuri, la desolazione apparente, le minacce in agguato che popolano ambientazioni umbratili e quiete, sono tutti elementi che potrebbero influenzare facilmente le valutazioni più superficiali, quelle nate dalle associazioni più immediate e ovvie. Eppure Feist è qualcosa di completamente diverso dal capolavoro di Playdead, un titolo che certamente abbraccia il trial & error, ma che rifugge con decisione la conduzione di gioco basata sugli enigmi ambientali di ottima fattura che Limbo metteva a disposizione. Feist è survival probabilmente più intransigente degli altri, che si sforza di seguire una strada diversa nonostante sia fortemente influenzato dalle sperimentazioni artistiche adottate da Playdead.
La foresta dormiente
Non c’è voce che possa raccontare la storia di Feist; possono farlo solo le immagini in movimento che aprono i livelli di gioco, assieme alle suggestioni emanate da una foresta che appare silente e vuota, ma che è in realtà abitata da un microcosmo senza pietà. Dopo un breve preambolo che mostra la cattura del protagonista, il minuscolo animale riesce a liberarsi dalla gabbia in cui è stato imprigionato da creature sgraziate e villose, le stesse che si frapporranno tra voi e l’uscita delle poche aree messe a disposizione. Da quel momento in poi, Feist si trasformerà in una fuga continua da quel luogo di reclusione immerso nella natura, ma riuscirci non sarà esattamente una passeggiata, perché il bosco è vivo e le possibilità di difendersi sono esigue. 
Sebbene nelle prime fasi sia possibile scappare dalle minacce e aumentare la distanza dagli inseguitori, ben presto questa tattica sarà impossibile da attuare per via della corposa presenza nemica, distribuita strategicamente lungo le aree. Bisogna pertanto ricorrere a ciò che si trova “sul campo”, alla furbizia e a un po’ di fortuna. Oltre a spostarsi e a saltare, la creaturina può spingere via oggetti e spostare grandi piattaforme; è capace di raccogliere sassi, pigne e ramoscelli per usarli come armi di fortuna; e può persino – quando possibile – afferrare certi tipi di nemici. Quest’ultima possibilità è il più delle volte gestita da una discreta percentuale di casualità, in special modo per quanto riguarda le api, che hanno movimenti repentini e poco prevedibili. Considerando che le armi migliori sono proprio i pungiglioni infiniti che potrete sparare sfruttando l’insetto, ecco che talvolta la situazione si fa più complicata del previsto, diventando a tratti persino ingestibile, con tentativi fortunosi che hanno la meglio sulla pianificazione. Anche una volta portato a termine Feist, non avrete il coraggio di ammettere a voi stessi che siete in grado di padroneggiare perfettamente i movimenti della piccola creatura pelosa. E non tanto perché ci sia qualcosa di innaturale nella gestione della fisica, ma perché agire rapidamente mentre si cerca una soluzione per salvare la pelle è un compito che risulta difficile, soprattutto quando i salti si rivelano un po’ troppo appesantiti e certe dinamiche risultano fortuite.
Le regole del bosco
Il piccolo protagonista può morire all’istante solo quando cade in una trappola, rimanendo infilzato o schiacciato da grossi massi; durante gli scontri, invece, ci vorranno circa tre colpi prima soccombere. In assenza della barra della vita, le condizioni di salute possono essere dedotte dalla consistenza del pelo, che si arruffa progressivamente quando la situazione diventa sempre più disperata. È possibile recuperare un po’ di salute mangiando le libellule, ma visto che raramente sono poste nelle zone con maggiore densità nemica, si capisce come siano in realtà più delle scuse per riprendere fiato che non insetti di utilità fondamentale. E ciò può essere tranquillamente confermato dalla presenza dei numerosi checkpoint, che non fanno mai ripetere lunghe sezioni di gioco. Grazie alla loro grande generosità, andare per tentativi non risulta essere mai troppo stressante, e dopo aver “preso le misure” e aver memorizzato le posizioni dei nemici (solo di quelli costretti all’immobilità), si riesce a proseguire senza eccessive frustrazioni di sorta. Il problema, è che si arriva alla fine piuttosto presto; per i più bravi, anche in poco più di un paio d’ore. I ripetuti fallimenti e quei puzzle ambientali appena abbozzati, che si risolvono con grande facilità e poca materia grigia, stiracchiano di poco una longevità comunque esigua. 
Feist è certamente un’avventura godibile, che sa intrattenere e ammaliare con la particolarità del suo art design, ma va comunque detto che gli scenari sono un po’ vittima di una ripetitività di fondo che non può essere perdonata a cuor leggero. Per gran parte dell’avventura le variazioni sono davvero minime e le uniche varianti al sistema di gioco sono rappresentate dalla necessità di avere la meglio su un numero crescente di nemici. Eppure Feist riesce a catturare il giocatore con la sua strana malia, derivante principalmente dallo stile grafico accattivante e dal design riuscito e del tutto particolare di alcune creature. Si tratta di un survival che funziona, dalla resa estetica assai derivativa ma a suo modo originale; non aspettatevi però nulla di poetico, toccante o addirittura straniante: Feist è un titolo più modesto e di tutt’altro lignaggio.

– Artisticamente molto curato

– Buon livello di sfida, senza mai essere frustrante

– Un po’ ripetitivo

– Formula di gioco con poche variazioni

7.0

Sopravvivere nel mondo ostile di Feist è l’imperativo categorico che sovrasta ogni altra neccessità. Atmosferico, molto curato sotto il profilo artistico, e con un’IA dinamica dei nemici che reagiscono in modo sempre diverso, Feist è un titolo che funziona e che cattura sin da subito l’attenzione. I puzzle ambientali, sin troppo elementari, sono un’alternativa debole a un sistema di gioco che vi chiede con insistenza di avere la meglio sui nemici nel modo più intuitivo possibile; non aspettatevi pertanto grosse variazioni a una formula che si reitera con un po’ di ripetitività lungo le due/tre ore che impiegherete per terminare l’avventura.

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