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Recensione

Driven to Destruction

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Avatar di Emptiness

a cura di Emptiness

Pubblicato il 11/10/2004 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6.5

Fin dai primi episodi, la serie Test Drive ha sempre mantenuto i suoi discreti standard qualitativi e la sua tipologia di gioco, corse su circuito. Quest’ultimo capitolo, però, si discosta non poco dai predecessori adottando un tipo di gioco molto simile a quello visto in Destruction Derby.

Parola d’ordine: distruggereTitolo dalle grandi fattezze, Driven to Destruction mescola muscle car anni ’70 a piste (più che altro arene di combattimento) dalle molte varianti, consentendo ad un massimo di quattordici auto di confrontarsi in innumerevoli modalità ed ad un massimo di quattro in multiplayer splitscreen.Tra le modalità di gioco, si annoverano le più consone ad un titolo del genere (gara a circuito, ad esempio) fino alle più bizzarre e complesse (vedi ad esempio la modalità Destruction Derby, un omaggio al titolo sopraccitato).Tutto è stato progettato sapientemente, in modo da offrire una discreta modalità carriera ed una molto libera modalità arcade (“Action”), fatta eccezione per alcuni un po’ troppo evidenti limiti tecnici.

Tecnica ed affiniIn ambito tecnico, il titolo non riesce a convincere sempre pienamente, pur rivelandosi discreto.Il sistema di controllo è senza dubbio un aspetto rivedibile: non è infatti sempre ben reattivo e progettato al meglio, rivelandosi a volte un tantino frustrante, viste poi le reazioni fisiche delle vetture. Ma è solo questione di abitudine. I danni sulle carrozzerie, dal canto loro, sono di discreta fattura, conditi da reazioni in real time da parte dei pezzi staccatisi dalle auto.Buoni i modelli delle vetture, al contrario delle arene, graficamente un po’ scarne.Il gioco gira ad una buona fluidità, senza mai registrare rallentamenti di sorta anche nelle situazioni più pesanti.Un piccolo problema è rappresentato forse anche dalla velocità di gioco, molto inferiore a quella (esagerata?) di titoli come Burnout: se è vero che le muscle car reali non hanno una grande accelerazione, è però anche vero che Driven to Destruction la diminuisce forse ancor di più. Parlando invece del sonoro, ci si trova sicuramente su livelli più alti, dove l’altoparlante della TV delizia il giocatore con buoni effetti ed un’ottima colonna sonora, anche se fornita di una playlist piuttosto limitata.

Mitici anni ’70…passati in fretta!Il parco macchine è di ottima vastità: non sono solo muscle car a farla da padrone, ma anche scuolabus e auto di taglia minore. Tutte rigorosamente customizzabili tramite carrozzerie belle che pronte e di bizzarra fattura, ma gradevoli.La quantità di circuiti presenti lascia un po’ a desiderare, nonostante siano molto differenziati tra loro. Così, ci si ritroverà tra campagne stile Dukes of Azzard e città alla Starsky & Hutch fino a zone che hanno tutta l’aria di essere “palestre per stuntmen”.E’ presente anche una modalità carriera: si partirà da zero, con una auto fin troppo poco performante, fino ad essere il numero uno. Questa modalità offre molta libertà di azione; vinta una gara, verrà sempre la tentazione di farsi un salto allo sfasciacarrozze lì vicino per controllare se ci si può permettere un’auto sempre più potente, o delle nuove decorazioni al colorificio dietro la cava. Purtroppo, il tutto manca di una cosa molto importante: vita. Il mondo in cui si girovaga fuorigara appare a tratti quasi morto, comunque sicuramente troppo spoglio.

Questione longevitàQuanto alla longevità del prodotto Atari, essa si accosta su livelli discreti, poichè, oltre alla possibilità di sbloccare auto, decorazioni bonus e tracciati, esiste l’opportunità di giocare in multiplayer (fino a quattro utenti in contemporanea). Il tutto a patto di non demordere e continuare ad allenarsi per imparare a destreggiarsi con il sistema di controllo, la cui complessità implica una curva di apprendimento un tantino più elevata del normale.

– Tante modalità di gioco

– Discreta IA degli avversari

– Buono il sonoro

– Sistema di controllo da rivedere

– Fisica non esente da pecche

– Ritmo piuttosto lento

6.5

Driven to Destruction risulta alla resa dei conti un prodotto discreto, con i suoi pregi (buona varietà di auto, decorazioni e tracciati, e il sonoro) ed i suoi difetti (su tutti, un sistema di controllo non di semplicissimo utilizzo); tollerando questi ultimi il titolo diviene godibile a medio e lungo termine, nonchè capace di regalare più di qualche emozione al giocatore.

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