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Recensione

Disorder

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 14/01/2015 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Di platform con forti elementi puzzle, su Steam, cominciano a essercene davvero parecchi; ma se è vero che solitamente alcuni di questi tendono a somigliarsi fin troppo l’uno con l’altro, è vero anche che esistono dei progetti in grado di differenziarsi dal resto grazie a certe caratteristiche uniche che cambiano totalmente l’approccio al gameplay. Talvolta basta anche solo una buona trovata per stravolgere i connotati di un platform, e nel caso di Disorder, l’intuizione degli sviluppatori è stata quella di basare il design dei livelli e la narrazione sul trauma mentale del protagonista, che interpreta e vede il mondo che lo circonda sotto due luci diverse.
Gli scherzi della mente
La storia di Disorder è ambigua, volutamente confusa e poco chiara fino alla fine: la causa di tutto ciò, è la fallace memoria di un ragazzo caduto irrimediabilmente nella disperazione più totale. L’angoscia del protagonista è palpabile sin da subito, buca lo schermo coi pensieri vergati sullo sfondo, insicuri e traballanti, e si espande in ogni aspetto della produzione. Dalla musica tormentosa alle deliranti sezioni da dover superare, Disorder gioca costantemente con un’atmosfera psicotica, surreale e spastica, trascinando il giocatore in quello che è il frutto di una falsa memoria. Il risultato di questo dualismo disordinato è un mondo di gioco corrotto, fittizio, e dalle tonalità cupe. Per uscirne incolumi, è necessario passare da uno stato mentale all’altro tramite la pressione di un tasto, avendo così a disposizione due versioni degli stessi livelli. Camminare lungo i percorsi della mente in uno stato emozionale molto precario significa vedere baratri, piattaforme che fluttuano e si muovono e mezz’aria, e pericoli pressoché moderati; quando si passa allo stato depressivo più profondo, gli scenari si rabbuiano ulteriormente, alcuni oggetti diventano nemici letali e il design dei livelli si fa meno indulgente. Non si pensi però che la versione “light” del mondo di gioco sia più tranquilla o normale, perché la realtà dei fatti vuole che anche questa sia il risultato di un disturbo mentale che tormenta e abbatte. Seguendo questa filosofia, anche gli elementi della storia hanno due varianti: una molto negativa, e l’altra ancora più drammatica. Starà a voi cambiare stato psicologico continuamente, così da non perdervi nulla di ciò che il protagonista sta cercando disperatamente di ricostruire. 
Attacco nervoso
Lungo il cammino che porta a una verità che solo i giocatori potranno davvero interpretare nel finale, ci si imbatte spesso in collezionabili e passaggi segreti, che approfondiscono ulteriormente alcuni aspetti della trama e mutano lievemente il gameplay. Gameplay che è basato sostanzialmente sulla precisione dei salti e sul tempismo nel cambiare rapidamente i due scenari bidimensionali realizzati in pixel art. L’avanzamento, in Disorder, è sempre piuttosto lento e ragionato, e capiterà di frequente di dove ripetere parecchie volte le stesse sezioni, specialmente nella parte finale del gioco. Quest’ultima, purtroppo, risulta essere esageratamente ostica e frustrante, con momenti in cui sembra quasi di trovarsi in un surrogato di bullet hell, con proiettili che arrivano da tutte le direzioni. La difficoltà è valorizzata anche dal modo in cui essi arrivano verso il giocatore, costretto a districarsi tra spine, nemici, fossati e pallottole mentre si muove circospetto e stravolge a piacimento l’ambiente che lo circonda. La formula trial and error sa come frustrare e innervosire l’utente, che si potrebbe trovare a giustificare l’impennata della curva di difficoltà con l’avvicinamento alla follia del protagonista. Tuttavia, lo sbilanciamento è evidente e può capitare di abbandonare la storia per via di alcune sezioni sin troppo complesse da gestire, il che è un vero peccato, perché la buona premessa narrativa e i suggerimenti sul passato del nostro alter ego sono centellinati sapientemente, finendo per intrigare in modo convincente.
Le soluzioni di game design sono piuttosto buone e riescono a variare a sufficienza un sistema di gioco che va ampliandosi man mano, aggiungendo ostacoli sempre più difficili da superare, e mescolandoli tutti insieme quando manca poco alla fine. Se all’inizio vi toccherà solo passare da uno stato mentale all’altro per poter saltare sulle piattaforme col giusto tempismo, avanzando troverete una specie di ferro filato bicolore un po’ ovunque, flussi d’aria ascendenti e discendenti, molle che vi lanciano in verticale e in obliquo, e persino una sorta di strano riflesso che vi permette di camminare sottosopra, mentre gli elementi dello scenario obbediscono a una fisica dalla gravità invertita. Per questo motivo, la varietà non manca di certo e i puzzle sono sempre stimolanti, pur basandosi unicamente sull’abilità e mai veramente sulla logica. 
Tra la sottile speranza e la cavalcante disperazione, ogni azione è legata naturalmente al conflitto interiore che affligge il protagonista, a una battaglia che presenta una sfumata dicotomia tra la resistenza alla vita e un profondo male di vivere. Guarire una mente fragile può essere un lungo processo, ma avvicinarsi alle dolorose verità che sono state messe da parte, si rivelerà forse l’unica vera soluzione al problema.

HARDWARE

Minimi:OS: Windows XP Processor: 2.33 GHz Dual-Core Memory: 1 GB RAM Hard Drive: 140 MB available space

– Atmosfera malsana che riflette il disordine mentale del protagonista

– Ottime musiche, ambienti caduchi e distorti, e buon level design

– La meccanica del dualismo dei livelli funziona alla grande

– Difficoltà mal calcolata

– Alcune sezioni sono frustranti e a tratti pretestuose

7.0

L’atmosfera straniante di Disorder fa da apripista a un platform che sa come esporre in modo alternativo i disagi della mente umana, dando un po’ di freschezza al genere di appartenenza. Nonostante le soluzioni visive e sonore siano assolutamente azzeccate e convincenti, non si può dire lo stesso della calibrazione della difficoltà, che mostra dei picchi verso l’alto un po’ troppo acuti. Tuttavia, la convergenza di idee, nel complesso, funziona e graffia nel modo giusto, proponendo una valida alternativa al solito modo di concepire un platform.

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