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Prey 2: vite, morti e miracoli | Post Mortem #9

Un titolo duro a morire e che alla fine, anche una volta cancellato, si è reincarnato nell'apprezzato erede spirituale di System Shock 2

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a cura di Paolo Sirio

Quando abbiamo dato il via alla rubrica Post Mortem sapevamo che, presto o tardi, avremmo dovuto toccare il tasto Prey 2, uno di quelli più dolenti nella storia recente del gaming se non altro per le qualità che il gioco sembrava pronto ad esprimere una volta finito nelle nostre mani. Di certo, sebbene sia stato appunto doloroso veder svanire il titolo così com’era stato pensato da Human Head Studios, non si può negare che l’intera vicenda del franchise sia stata travagliata, ai limiti del ragionevole, se pensiamo che il primo capitolo è stato presentato nel 1995 ed è arrivato nei negozi soltanto nel 2006 per PC e Xbox 360 – quest’ultima una piattaforma che al tempo non esisteva neanche nelle menti di Microsoft – similmente ad un altro desaparecido dei videogiochi, Duke Nukem Forever.

Questo non vuol dire che tale vicenda sia meno interessante o degna di essere raccontata, dal momento che nasce, almeno così si ritiene, da un’occorrenza davvero singolare e che non abbiamo incontrato in altri episodi pur occupandoci di una serie sui titoli cancellati dopo il loro annuncio: uno sciopero da parte degli sviluppatori. In un momento storico in cui si parla tanto di “unionizing”, di introdurre cioè dei veri e propri sindacati a tutela di quanti lavorano nell’industria, fa quantomeno sorridere amaramente sentire che un caso del genere, diverso per certe sfumature e corrispondente per altre, sia capitato quasi dieci anni fa e che da allora non si siano fatti grossi passi in avanti. Ne discuteremo più diffusamente nelle prossime righe: abbiamo inizio il Post Mortem numero 9.

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Cosa sarebbe stato

Siamo portati a pensare che il Prey di Arkane Studios, di cui parleremo più avanti, abbia rappresentato un cambiamento repentino per il franchise mentre il seguito in sviluppo per qualche tempo presso Human Head Studios non avrebbe avuto la stessa vena rivoluzionaria. Questo genere di impressione è assolutamente errata, se pensiamo che per questo secondo capitolo la software house di Madison aveva preparato un cambio di prospettiva che ci avrebbe visti diventare dalla “preda” del titolo al predatore – un cacciatore di taglie, per la precisione, in un rovesciamento tematico di non poco conto. Inoltre, contrariamente all’originale, P2 sarebbe stato un open world più in linea con le produzioni di Bethesda, sotto la cui etichetta sarebbe poi avvenuta la produzione, che con l’originale.

Il gioco è nato come uno sparatutto in prima persona ambientato in un mondo aperto alieno, chiamato Exodus. Conseguenza diretta dell’ambientazione aliena sarebbe stato l’armamentario, che ci avrebbe visto utilizzare sia armi che gadget, in gran numero, sia reperibili sulla Terra che esclusivo appannaggio della specie autoctona (rampini, stivali con razzi, granate capaci di modificare la gravità, scudi, lanciafiamme da polso che avremmo potuto usare anche per congelare, fruste elettriche). Ci sarebbero state tre città esplorabili, Locktown, The Bowery e Undercity, e curiosamente ciascuna di esse sarebbe corrisposta ad un orario del giorno visto che questo pianeta avrebbe avuto una stella ma non una rotazione. Due fazioni le avrebbero dominate: il governo, corrotto e autoritario, e la cosiddetta Ceros Collective, un’organizzazione malavitosa.

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Avremmo potuto lavorare per entrambe le parti simultaneamente e sbrigare le loro faccende più sporche, ovvero le taglie, generate in maniera procedurale dal gioco e in grado di proporci la scelta di interrogare o meno, per ottenere informazioni utili per un nostro tornaconto personale, gli NPC di volta in volta catturati prima di spedirli al cliente od ucciderli – talvolta sarebbe stato il cliente stesso ad indicarci l’uccisione come unico fine. Questa meccanica avrebbe fatto parte di un più ampio sistema di moralità.

Il protagonista sarebbe stato un Marshall americano di nome Killian Samuels, che si sarebbe ritrovato su Exodus dopo uno schianto del suo “volo” con l’enorme astronave Sphere, la quale, avrebbe scoperto ben presto, avrebbe contenuto un’intera civiltà avversa a quella umana. Ne sarebbe conseguito un rapimento e Samuels avrebbe perso ogni ricordo della nottataccia, e si sarebbe ritrovato con al suo fianco la voce della misteriosa Ec’lora ad aiutarlo da lì in poi nel suo percorso. Un obiettivo, da completare nel mentre da cacciatore di taglie avrebbe cercato di sbarcare il lunario dieci anni dopo il prologo, sarebbe stato recuperare i ricordi di quell’avvenimento e sbrogliare una grossa cospirazione dei Keeper nei confronti della Terra.

Sebbene fosse stato contemplato un nuovo protagonista, Prey 2 avrebbe comunque riservato un ruolo di grande importanza a quello del primo capitolo, ovvero Domasi “Tommy” Tawodi, dal momento che questi ci avrebbe affiancato prima sotto forma di spirito, a causa dell’intrappolamento del suo corpo in un’area tutta da scoprire nel corso della storia, e soltanto poi in carne ed ossa al nostro fianco. Il pianeta stesso si era intravisto in un breve passaggio nel capostipite.

Da un punto di vista ludico quest’ambizione narrativa avrebbe avuto una degna controparte ludica, contemplando diverse feature che avrebbero aumentato il realismo come l’estrazione dell’arma per intimorire o nasconderla per evitare di essere scoperti e causare il panico od allertare il nemico intorno a se. Le dinamiche dello shooting avrebbero previsto lo sfruttamento di coperture, con la possibilità di ‘affacciarsi’ da un riparo e colpire, con meno chance di venire colpiti a nostra volta, l’avversario di turno.

Il movimento sarebbe stato assai fluido, grazie ad animazioni degne del parkour di Mirror’s Edge e Titanfall, e avrebbe fatto leva sulle location estremamente sviluppate in verticale. Kotaku ebbe a definirlo un Blade Runner meets Red Dead Redemption, giocando sul fatto che una delle ambientazioni, The Bowery, o Central City Bowery, avrebbe avuto alti palazzi, sarebbe stata colorata di neon e sarebbe stata affollatissima, proprio come nel celeberrimo film di Ridley Scott, mentre l’esplorazione e la cattura delle taglie sarebbe risultata una componente centrale e avrebbe avuto un sapore simile a quello dell’acclamato open world di Rockstar Games.

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Cos’è stato

Al netto delle premesse allettanti, e con tutti i buoni propositi del caso, Prey 2 si rivela un progetto molto complesso da portare avanti e lo fa a dire il vero sin dal primo giorno, un giorno in cui Bethesda (e la sua parent company ZeniMax Media) non aveva ancora messo bocca nella questione. In apertura parlavamo di una genesi articolata almeno quanto per il capitolo originale e non lo facevamo a caso: vi basti pensare che la proprietaria dell’IP, 3D Realms, fondò nel giugno 2007 un’etichetta di gestione dei brand nota col nome di Radar Group e, nel marzo 2008, annunciò insieme ad altri due giochi Prey 2; il compito di quest’etichetta sarebbe stato non pubblicare ma presentare agli editori interessati i titoli finiti sotto il suo ombrello.

Un intermediario che, almeno al giorno d’oggi, fatichiamo a giustificare, e che pure al tempo complicò parecchio le cose: lo sviluppo fu di nuovo affidato a Human Head Studios, che avrebbe rappresentato l’elemento di continuità e che non a caso lavorò ad una prima bozza del titolo che sarebbe stata un seguito pedissequo del capostipite, sia nel gameplay che soprattutto nell’aspetto narrativo. Questa bozza fu accantonata quando, nel giugno 2009 3D Realms girò la proprietà intellettuale a Radar Group, che a sua volta la cedette a ZeniMax Media un mese dopo.

Un aspetto cui è interessante dare uno sguardo è al periodo 3D Realms/Radar Group di Prey 2. In quella fase, l’idea era dare ancora una volta il ruolo di protagonista a Tommy, che si sarebbe visto incastrato per la scomparsa della famiglia e della fidanzata, e costretto per evitare la prigione a lasciare il pianeta Terra. Nell’annuncio originale vengono menzionati esplicitamente il gameplay a base di portali ed a gravità zero, nonché “nuovi twist” e l’esclusività, rinnovata, per PC e Xbox 360. Curiosamente, però, l’associate producer Matt Binesius osservò pochi anni dopo (2011) che nel passaggio in cui 3D Realms pubblicizzava tutto questo materiale c’erano soltanto “idee che rimbalzavano” negli uffici dello sviluppatore e che evidentemente il reveal fu piuttosto frettoloso – altrettanto evidentemente con l’intenzione fin dal primissimo momento di piazzare la proprietà intellettuale al miglior offerente.

Da questa giocata a dir poco forzata, comunque, ne consegue un accordo con ZeniMax Media, che posiziona Prey 2 sotto l’egida sicura di Bethesda. Un’egida sotto la quale lo sviluppatore può dare seguito ad una di quelle idee che rimbalzavano per i suoi uffici, quella di un cacciatore di taglie che si sarebbe mosso non più in un contesto lineare ma in uno con un’ambientazione più ampia e, sulla base dell’ispirazione fornita dal già menzionato Red Dead Redemption, avrebbe fornito tante attività al giocatore.

In questa cornice avviene l’annuncio, il secondo ma non l’ultimo, di Prey 2 del marzo 2011: l’uscita, adesso, è pianificata per il 2012, c’è un nuovo protagonista e l’engine, nonostante fosse stato messo sul piatto l’id Tech 5, è ancora il risultato di una pesante modifica dell’id Tech 4 (il dettaglio del motore grafico non lo lasciamo qui casualmente, come vedrete). A riprova di come lo sviluppo fosse partito stavolta da basi e visioni solide, arriva un trailer all’E3 2011 che lascia di stucco tanti appassionati di cyberpunk, insieme a numerose dimostrazioni dal vivo che è ancora possibile reperire in rete e che restituiscono l’idea di una realizzazione già piuttosto avanzata, nonostante l’annuncio formale arrivato nemmeno tre mesi prima.

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Qualcosa, però, ad un certo punto si inceppa e la macchina Prey 2 si ferma, proprio sul più bello. Nel 2012 iniziano a circolare rumor circa la cancellazione del progetto: nel mese di marzo, il sito olandese PS Focus lancia l’indiscrezione, che trova una certa risonanza sui media internazionali anche a causa dell’annullamento di un panel dedicato alla produzione che si sarebbe dovuto tenere alla GDC di San Francisco a febbraio. Le voci vengono smentite categoricamente ma viene altresì svelato ad aprile un rinvio, che porterà il gioco a “non venire pubblicato nel 2012 come programmato”.

“Il rinvio”, spiegano da Bethesda, inaugurando una posizione che porteranno avanti fino all’ultimo istante, “è dovuto al fatto che lo sviluppo del gioco non ha fatto progressi soddisfacenti nell’ultimo anno, e il gioco non rispetta in questo momento i nostri standard di qualità”. Sono in pochi quelli che credono ad una versione del genere, specie dopo aver visto un debutto all’E3 convincente oltre ogni ragionevole aspettativa, ed è così che riparte la girandola dei rumor, che a questo giro parla invece di dissapori molto forti tra il publisher e Human Head Studios. Come confidato da una fonte anonima a Shacknews, lo sviluppatore avrebbe fermato i lavori a novembre 2011, dal momento che “non era contento dei termini nel suo contratto con ZeniMax e ha deliberatamente smesso di lavorare (…) per poter provare a negoziare un accordo più favorevole”.

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Ma la questione va ben oltre quello che potrebbe sembrare un semplice capriccio e rivelerebbe un comportamento, almeno potenzialmente visto che non ci sono mai state ammissioni di colpa, tutt’altro che corretto da parte dell’editore. A seguito dell’accoglienza brillante riservata da pubblico e critica all’E3, infatti, Bethesda decide di concedere altri sei mesi di sviluppo al gioco, in modo da presentarlo nella forma migliore possibile – con un open world più popolato e meno spigolature da una prospettiva tecnica – ma, si sarebbe scoperto poi, senza fornire fondi aggiuntivi per la buona riuscita del progetto e il mantenimento della software house in quel lasso di tempo lavorativo aggiuntivo. Una condizione che non poteva stare bene a HHS, se consideriamo che legalmente questo era il solo progetto cui era autorizzata a lavorare come studio principale e nel frattempo aveva la sola possibilità di collaborare in qualità di supporto (Defiance, BioShock Infinite).

Alle richieste di finanziamento addizionale sarebbe stato risposto che sarebbe bastato rispettare le fasi stabilite nel contratto per sbloccare questi fondi, ma la valutazione sul rispetto di tali milestone spettava a Bethesda e curiosamente dal rinvio in poi sarebbero stati soltanto semafori rossi. Secondo una fonte menzionata da IGN, questo atteggiamento sarebbe stato dettato dalla volontà da parte di ZeniMax Media di acquisire Human Head Studios: una volta messa la compagnia alle strette e in difficoltà finanziarie, l’operazione sarebbe stata portata a termine più agilmente.

La ragione dietro il desiderio di portarsi a casa questa specifica casa di sviluppo sarebbe stata legata alla sua capacità di usare l’id Tech (rieccolo!) e alla ricerca in quel momento di qualcuno che sarebbe stato in grado di modificarlo e aggiornarlo a piacimento del publisher. Tuttavia, fu ottenuto il risultato opposto, con Human Head Studios che non volle sposarsi con chi lo “stava prosciugando”, senza considerare la limitazione della libertà creativa che ne sarebbe conseguita, e così l’offerta fu declinata. Torniamo quindi al novembre 2011, quando lo sviluppo sarebbe stato di fatto fermato come una sorta di protesta da parte degli sviluppatori, in una specie di sciopero che avrebbe dovuto ricevere come replica l’accordo dei fondi aggiuntivi richiesti per completare il lavoro. Il resto è però storia: di fronte alle “ragionevoli” proposte di HHS, Bethesda decise di non muoversi fino al 2012, fino a quando non ci fu altra opzione che troncare il rapporto e chiudere la seconda epopea di Prey 2.

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Per amore di cronaca e correttezza, ovviamente, facciamo un salto nel 2016 per riportare le parole di Pete Hines, responsabile del marketing di Bethesda, che in un’intervista concessa a Metro rispose a queste accuse abbastanza gravi definendole “assolutamente nonsense”.

“Dirò semplicemente questo: non conosco una possibile buona ragione che avremmo potuto avere per spendere milioni e milioni di dollari per creare qualcosa e poi decidere d’un tratto arbitrariamente ‘no, non vogliamo davvero avere un ritorno sui nostri soldi che abbiamo investito’. Perché stavamo pagando le bollette, giusto? Siamo il publisher, paghiamo lo sviluppatore. Ci mettiamo tutti i soldi.

(…) Non abbiamo alcuna reale predilizione verso l’acquisizione di qualcuno o meno. Non abbiamo acquisito nessuno, che io ricorda, negli ultimi cinque o quanti anni. Penso Tango sia stata l’ultima acquisizione. Non è che stiamo facendo un’ondata di acquisizioni, lavoriamo con gente third-party come con The Elder Scrolls Legends e Quake Champions. Abbiamo una relazione third-party totalmente buona con loro (…) Di nuovo, si riduce tutto ad una cosa e una cosa sola: siamo nel business di fare giochi, e lanceremo e faremo solo giochi che pensiamo rispettino un certo livello di qualità”.

2013. Terminata sottocoperta, dunque senza alcun annuncio ufficiale, la collaborazione con Human Head Studios, ZeniMax e Bethesda non avrebbero rinunciato all’idea di vedere quell’investimento rientrare e possibilmente fruttare.

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Avrebbe qui inizio il tour per diversi studi che avrebbero potuto sobbarcarsi l’onere di consegnare al grande pubblico Prey 2, un Prey 2 che avrebbe dovuto mantenere l’identità a quel punto ormai ben delineata ed esibita con successo all’E3 2011. E il giro sarebbe partito dalle software house indipendenti in passato vicine a Bethesda, ovvero Obsidian – che a quanto appreso da Kotaku a maggio avrebbe lavorato per qualche mese al progetto prima di abbandonarlo per ragioni non meglio specificate – e Rebellion, che ha realizzato Rogue Warrior sotto quella stessa bandiera ma avrebbe rifiutato di cimentarsi nell’impresa.

Ricevuti così tanti ‘no’, Bethesda avrebbe pertanto dato il via al pressing su Arkane Studios, nel tentativo di convincere lo sviluppatore di Dishonored a prendersi carico del prodotto. La trattativa non sarebbe stata affatto semplice e in testa ci sarebbero stati i timori della casa con quartier generale a Lione (se ne sarebbe poi occupata la filiale texana) nei confronti di una IP già stabilita e che avrebbe dovuto rispondere a determinati criteri, sia bramati dal publisher che assimilati dal pubblico.

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A questo punto, però, passato così tanto tempo dal lancio del primo Prey, Bethesda avrebbe rinunciato all’idea della continuità e accettato il pitch di un erede spirituale di System Shock 2, dando finalmente carta bianca per il ritorno in pista della serie. Nonostante le smentite di rito, dalla fase dei rumor incontrollati si passa rapidamente a quella delle email trafugate (giugno 2013), fino al punto che lo sviluppo di Prey presso Arkane Austin diventa un autentico segreto di Pulcinella che viene smascherato soltanto, pensate, tre anni dopo: in quel 2016 che sarebbe stato previsto in origine come anno del lancio, e che invece avrebbe visto riposare questo reboot completo per altri dodici mesi circa.

Sta di fatto che della proprietà non si sente più parlare fino al 2016, quando al PAX Australia Pete Hines conferma in un’intervista registrata da CNET che Prey 2 è stato cancellato. La posizione è ancora quella degli standard qualitativi non rispettati: “era un gioco in cui credevamo, ma non abbiamo mai sentito che fosse andato nella direzione in cui doveva andare – non abbiamo mai visto un percorso verso il successo, anche se lo avessimo finito. Non era all’altezza dei nostri standard di qualità e lo abbiamo cancellato, non è più in sviluppo”. Hines precisa che “Human Head Studios non ci sta lavorando più” ma che “è un franchise in cui crediamo ancora di poter fare qualcosa – dobbiamo solo vedere cosa sia quel qualcosa”. Nello stesso anno, all’E3 in giugno, viene annunciata la nuova visione per l’IP di Arkane, e Prey è lanciato con un metascore di 84/100 in versione Xbox One il 5 maggio 2017.

Nella sua intervista a Metro che abbiamo già citato, detto della volontà di Bethesda di non bruciare il brand e quindi di una sorta di sottile proposta di mantenimento del titolo, Hines spiegò come mai fosse stato scelto il nome di Prey nonostante il lavoro di Arkane fosse risultato alla fine così diverso. “Una delle loro preoccupazioni era ‘non vogliamo essere legati, nelle scelte di design che faremo, a nient’altro dal gioco originale. E quindi se possiamo giocare con l’idea degli alieni che ti danno la caccia, e fare la nostra reimmaginazione di quel tema, allora dovremmo chiamarlo Prey, perché calza a pennello sulla vena e sul tono della cosa che faremo’. E noi abbiamo detto: ‘bene, chiamiamolo semplicemente Prey‘”.

Human Head Studios non potette fare altro che confermare la cancellazione ma tenne a precisare che “rimaniamo fieri del nostro lavoro sul franchise, che sentiamo parli da se, inclusa la pluripremiata presentazione del gioco all’E3 2011”.

Poche altre storie al mondo sono tortuose come quella di Prey 2, proponendo numerose sfaccettature sulle quali riflettere tra cui i ruoli di sviluppatore ed editore che spesso e volentieri vanno a scontrarsi, specie quando in ballo c’è una relazione non di proprietà ma di collaborazione esterna. Ne avevamo parlato quando ci fu da discutere di Scalebound, e di come Microsoft abbia imparato a sue spese ad affidarsi a studi interni (acquisiti, è evidente) anziché a realtà lontane sia geograficamente che concettualmente dal proprio modo di lavorare. Qualcosa del genere, tra comportamenti al limite della legalità o supposti tali, l’hanno imparata anche Bethesda e ZeniMax, e agli utenti – oltre al rammarico per una visione brillante come quella di Human Head Studios andata in fumo – rimane comunque l’ottimo titolo di Arkane che speriamo abbia l’opportunità di diventare un franchise.

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Poche altre storie al mondo sono tortuose come quella di Prey 2, proponendo numerose sfaccettature sulle quali riflettere tra cui i ruoli di sviluppatore ed editore che spesso e volentieri vanno a scontrarsi, specie quando in ballo c'è una relazione non di proprietà ma di collaborazione esterna. Ne avevamo parlato quando ci fu da discutere di Scalebound, e di come Microsoft abbia imparato a sue spese ad affidarsi a studi interni (acquisiti, è evidente) anziché a realtà lontane sia geograficamente che concettualmente dal proprio modo di lavorare. Qualcosa del genere, tra comportamenti al limite della legalità o supposti tali, l'hanno imparata anche Bethesda e ZeniMax, e agli utenti – oltre al rammarico per una visione brillante come quella di Human Head Studios andata in fumo – rimane comunque l'ottimo titolo di Arkane che speriamo abbia l'opportunità di diventare un franchise.