The Last of Us Part 2 doveva essere «un open world ispirato a Bloodborne»

In origine, The Last of Us Part 2 avrebbe dovuto essere un open world con meccaniche di combattimento molto simili a quelle viste in Bloodborne.

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a cura di Francesco Corica

Staff Writer

Sembra che in origine The Last of Us Part 2 fosse un gioco perfino più ambizioso rispetto al capolavoro rilasciato durante la scorsa generazione: nel corso del documentario Grounded II, Naughty Dog ha infatti svelato diversi retroscena interessanti sul suo sviluppo.

L'approfondimento, disponibile sia come aggiornamento gratuito di The Last of Us Part 2 Remastered (che trovate su Amazon) che su YouTube, ci ha permesso di scoprire tutti i passaggi più importanti della produzione di una delle esclusive PlayStation più importanti di sempre.

Come segnalato da Eurogamer.net, il co-director Anthony Newman e la lead game designer Emilia Schatz hanno ammesso nel corso del documentario che la seconda avventura di Ellie avrebbe dovuto essere molto più ambiziosa.

Non solo in origine era un open world, invece di essere una produzione più lineare, ma avrebbe dovuto avere un combattimento maggiormente basato sugli attacchi ravvicinati e ispirato a Bloodborne, un'altra grande esclusiva PlayStation.

Il desiderio di Neil Druckmann era infatti quello di essere quanto più ambiziosi possibile: per i primi 4-5 mesi The Last of Us Part 2 è stato immaginato per essere un open world con tanti combattimenti melee e una struttura layout molto vicini all'esclusiva realizzata da FromSoftware.

L'intenzione era provare ad allontanarsi il più possibile dal primo gioco realizzato da Naughty Dog, evolvendo allo stesso tempo la formula di gameplay: tuttavia, alla fine gli sviluppatori hanno notato che il gameplay open world si andava a scontrare nettamente con la storia che il team voleva raccontare, obbligandoli a creare il gioco che oggi è stato così tanto apprezzato da pubblico e critica.

Ma perché utilizzare proprio Bloodborne come esempio? Secondo quanto svelato dal team di sviluppo, il suo open world era quello che affascinava maggiormente Naughty Dog, dato che sembrava diventare sempre più grande in base all'esplorazione del giocatore, quasi come se il mondo stesso diventasse un personaggio del gioco.

Un'idea che gli autori di The Last of Us volevano provare a riproporre, ma che alla fine non ha funzionato: chissà se magari ci sarà la possibilità di riprendere questa idea nel terzo capitolo, che Druckmann vorrebbe davvero realizzare.

Il director ha anche svelato di avere già in mente il protagonista di una nuova storia, anche se non sappiamo se la vedremo in un terzo capitolo o magari nella serie TV.