L'industria videoludica potrebbe aver raggiunto un punto di svolta fondamentale, secondo quanto emerge dalle riflessioni di uno dei suoi creatori più visionari.
Fumito Ueda, il maestro giapponese dietro capolavori come Ico e Shadow of the Colossus, ha recentemente condiviso una prospettiva che potrebbe ridefinire il modo in cui concepiamo l'innovazione nei videogiochi e che, detta da lui, probabilmente farà riflettere non poco.
La sua tesi è tanto provocatoria quanto illuminante: l'epoca delle meccaniche di gioco rivoluzionarie sarebbe giunta al termine, lasciando spazio a un'era focalizzata sul perfezionamento di ciò che già esiste.
Durante una conversazione con Keita Takahashi, il geniale creatore della serie Katamari, nel corso di un'intervista con DenfaminicoGamer (via VGC) Ueda ha espresso questa visione commentando l'ultimo lavoro del collega, "To a T".
La reazione del regista di The Last Guardian è stata immediata e istintiva: un semplice "mi piace" che nascondeva però una riflessione molto più profonda sull'evoluzione del medium videoludico.
«Non ricordo perché all'epoca risposi solo con un "like", ma probabilmente stavo pensando: "L'era delle meccaniche è finita"».
Questa filosofia non rappresenta un pensiero improvviso per Ueda, ma il frutto di anni di osservazione del panorama videoludico. Takahashi ha rivelato che il collega esprime questi concetti da tempo, precisamente dai tempi di Journey, il capolavoro indie che ha ridefinito l'esperienza multiplayer cooperativa.
Il nuovo paradigma creativo
La proposta di Ueda non implica una rassegnazione creativa, ma piuttosto un cambio di paradigma. Secondo il veterano sviluppatore, concentrarsi sul feeling e sull'aspetto artistico dei giochi può risultare più efficace che inventare continuamente nuove meccaniche.
Questa filosofia suggerisce un approccio più maturo dell'industria, dove la raffinatezza tecnica e l'eleganza estetica assumono un ruolo centrale nel processo creativo, piuttosto che provare a sorprendere il giocatore con meccaniche di gioco mai viste prima.
Il percorso professionale di Ueda testimonia questa evoluzione del pensiero: la sua celebrata trilogia tematica, composta da Ico, Shadow of the Colossus e The Last Guardian, ha sempre privilegiato la narrazione minimalista e le meccaniche uniche, stabilendo nuovi standard per lo storytelling videoludico.
Lo stesso Shadow of the Colossus viene considerato ancora oggi uno dei migliori giochi per PlayStation 2, tanto da meritare un remake completo per PlayStation 4 realizzato da Bluepoint (lo trovate su Amazon).
Questo riconoscimento duraturo dimostra come l'approccio di Ueda abbia creato opere che trascendono le generazioni tecnologiche: non è un caso che da troppi anni si parli di adattarlo in un film, sebbene le speranze sembrino ormai ridotte al lumicino.
Il suo pensiero merita sicuramente più di una riflessione: davvero i videogiochi sono arrivati così in alto da non poter più pensare a nuove meccaniche, ma solo a come implementare nel miglior modo possibile quelle già esistenti?
Effettivamente l'invenzione di nuovi "generi" è sempre più rara e, quando accade, tende a riciclare e riformulare in qualche modo meccaniche già esistenti: un ragionamento che, se da un lato testimonia la maturità dell'industria videoludica, dall'altro forse farà meno felici i giocatori più nostalgici, dato che sarebbe davvero la fine di un'era.