L'industria videoludica sta vivendo un momento di forte tensione dopo l'annuncio dell'acquisizione di Electronic Arts da parte di un gruppo di investitori privati. I dipendenti della storica casa di sviluppo statunitense, insieme al sindacato Communications Workers of America, hanno alzato la voce con una dichiarazione pubblica che non lascia spazio a interpretazioni: eventuali tagli occupazionali derivanti da questa operazione finanziaria non sarebbero dettati da necessità economiche, ma rappresenterebbero una scelta deliberata per arricchire gli investitori.
La questione è particolarmente delicata considerando i numeri dell'operazione. L'accordo, annunciato alla fine di settembre, prevede un esborso di 55 miliardi di dollari e vede coinvolti soggetti controversi come il Public Investment Fund dell'Arabia Saudita e Affinity Partners, società riconducibile a Jared Kushner, genero dell'attuale presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Una combinazione che ha sollevato interrogativi non solo sul piano economico, ma anche su quello etico e dei diritti umani.
Il punto centrale della protesta riguarda l'esclusione totale dei lavoratori dalle trattative. I membri del sindacato United Videogame Workers hanno sottolineato come EA registri ricavi annuali di 7,5 miliardi di dollari e profitti che superano il miliardo. "EA non è un'azienda in difficoltà", ribadiscono con forza nella loro dichiarazione ufficiale. Si tratta di uno dei maggiori sviluppatori e publisher a livello mondiale, la cui solidità economica è stata costruita proprio grazie al lavoro dei dipendenti ora preoccupati per il proprio futuro.
La memoria delle massicce ondate di licenziamenti che hanno attraversato l'industria videoludica dal 2022 a oggi alimenta i timori. I lavoratori temono soprattutto per quegli studi considerati arbitrariamente "meno redditizi", pur avendo contribuito in modo significativo alla reputazione di EA nel settore. La divisione tra EA Sports ed EA Entertainment, con i numerosi studi controllati, potrebbe portare a decisioni drastiche prese esclusivamente in base a logiche di profitto a breve termine.
L'analisi del sindacato si fa ancora più incisiva quando entra nel merito delle dinamiche del private equity nel settore tecnologico. Secondo i lavoratori, ogni volta che investitori miliardari o fondi privati acquisiscono uno studio portandolo fuori dai mercati pubblici, i dipendenti perdono visibilità, trasparenza e potere contrattuale. Le scelte che definiscono il loro lavoro, la loro arte e il loro futuro professionale vengono prese in stanze riservate da dirigenti che, come sottolineano con una punta di sarcasmo, "non hanno mai scritto una riga di codice, costruito mondi virtuali o gestito servizi online".
Per questo motivo, i dipendenti hanno lanciato una petizione rivolta alle autorità di regolamentazione e ai funzionari eletti, chiedendo un esame approfondito dell'operazione. L'obiettivo dichiarato è garantire che qualsiasi sviluppo futuro protegga i posti di lavoro, preservi la libertà creativa e mantenga processi decisionali trasparenti e responsabili nei confronti di chi contribuisce realmente al successo di EA.
Quando Eurogamer ha contattato la Federal Trade Commission per ottenere un commento sulla proposta di acquisizione, l'autorità antitrust americana ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni sulle "fusioni o acquisizioni in corso". Tuttavia, secondo quanto riportato dal Financial Times, l'operazione potrebbe non incontrare particolare opposizione. Una fonte anonima citata dal quotidiano finanziario ha posto una domanda retorica piuttosto eloquente: "Quale autorità di regolamentazione dirà di no al genero del presidente?"
La dimensione geopolitica e dei diritti umani aggiunge un ulteriore livello di complessità alla vicenda. Joey Shea, ricercatore di Human Rights Watch, ha fornito ad Eurogamer un'analisi dettagliata sul coinvolgimento del fondo sovrano saudita. Secondo l'organizzazione per i diritti umani, il Public Investment Fund ha contribuito e si è reso responsabile di violazioni dei diritti fondamentali. Si tratta di risorse pubbliche derivanti dai combustibili fossili, che ammontano a circa mille miliardi di dollari e che dovrebbero essere investite per realizzare i diritti economici e sociali dei cittadini sauditi.
Invece, secondo Human Rights Watch, questi fondi vengono impiegati in progetti definiti "di vanità" sia all'interno che all'esterno del paese, in quella che viene interpretata come una strategia deliberata di distrazione dalle violazioni dei diritti umani perpetrate dal regno saudita. Shea ha evidenziato come il principe ereditario Mohammed bin Salman eserciti un potere enorme su quelli che sono effettivamente fondi pubblici, gestendoli in modo altamente arbitrario e personalizzato anziché nell'interesse più ampio della popolazione saudita. Una concentrazione di potere in una singola persona che, secondo l'organizzazione, non giova né ai diritti umani né, paradossalmente, agli affari.
La conclusione della dichiarazione dei lavoratori non lascia spazio a dubbi sulla loro determinazione: "Il valore dei videogiochi risiede nei loro lavoratori. Come voce unificata, noi membri del sindacato UVW-CWA ci stiamo unendo e rifiutiamo di permettere che l'avidità aziendale decida il futuro della nostra industria". L'iniziativa si inserisce in una battaglia più ampia per rendere l'industria videoludica migliore per lavoratori e giocatori, non per miliardari, come recita lo slogan della petizione lanciata dai dipendenti EA.