Il mondo dei videogiochi rischia di cadere in un pericoloso circolo vizioso creativo, dove gli sviluppatori si nutrono esclusivamente di altri videogiochi, perdendo il contatto con la ricchezza espressiva che il mondo reale può offrire.
È questo l'allarme lanciato da Hideo Kojima, il visionario creatore di Metal Gear Solid, durante un intervento al New Global Sport Conference (via GamesRadar+). Le sue parole suonano come un invito provocatorio ma necessario: per creare arte davvero innovativa, bisogna guardare oltre lo schermo e attingere dall'intera gamma delle esperienze umane.
Quello che sorprende delle abitudini creative di Kojima è la sua confessione decisamente inaspettata: contrariamente a quanto possiate immaginare, il papà di Death Stranding 2 (che trovate su Amazon, a proposito) non è un grandissimo giocatore:
«Non gioco molto ai videogiochi. Guardo film, leggo libri, incontro persone e vado nei musei, e non copio nulla da un gioco».
Una dichiarazione che potrebbe sembrare paradossale per uno dei game designer più influenti al mondo, ma che rivela invece la sua filosofia creativa: mentre molti sviluppatori si limitano a studiare altri titoli per trovare ispirazione, Kojima preferisce espandere la mente immergendosi totalmente in cinema, letteratura e arte tradizionale.
Il creatore giapponese ammette candidamente di giocare «forse un gioco all'anno», dedicando il suo tempo invece a esplorare tutto ciò che accade «fuori dal mondo dei videogiochi».
Per illustrare il suo punto di vista, Kojima cita due giganti dell'animazione giapponese: Mamoru Oshii, regista di Ghost in the Shell, e Katsuhiro Otomo, creatore di Akira. Secondo il game designer, il loro successo deriva proprio dal fatto che «non hanno solo guardato anime. Hanno visto film europei e hanno voluto portare tutto questo negli anime». Ed è proprio questa contaminazione culturale ad aver reso le loro opere così innovative e durature nel tempo.
L'approccio di questi maestri dell'animazione rappresenta per Kojima il modello ideale che i giovani sviluppatori dovrebbero seguire: non si tratta di rinnegare la passione per i videogiochi, ovviamente, ma solo di ampliarla con influenze provenienti da altri ambiti artistici e dalla vita quotidiana.
«Penso che sia positivo che i giovani giochino molto ai videogiochi. Ma oltre a questo, voglio che le persone sentano l'arte o vedano l'arte, le digeriscano da soli e creino nuovi giochi».
L'appello del maestro giapponese non vuole essere un rimprovero, ma piuttosto un invito benevolo verso una creatività più ricca e stratificata: per Kojima, i veri creatori sono coloro che «pensano fuori dagli schemi e si fanno stimolare dalle cose che li circondano», trasformando ogni esperienza di vita in potenziale materiale creativo per le loro opere digitali.
Riflessioni sicuramente interessanti e che l'industria videoludica farebbe meglio ad ascoltare. In ogni caso, possiamo dunque dire che il suo catalogo videoludico non si è sicuramente ampliato molto nel corso degli ultimi anni, ma di sicuro non vedrà il remake Metal Gear Solid Delta nella collezione: Hideo Kojima ha già ammesso candidamente di non avere intenzione di giocarlo.