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Immagine di Hell is Us vi farà sentire soli e abbandonati | Recensione
Recensione

Hell is Us vi farà sentire soli e abbandonati | Recensione

Hell is Us è un gioco che non vi prenderà mai per mano. Il suo fascino caduco e oscuro risiede nel suo mistero più grande: la nostra recensione.

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 01/09/2025 alle 11:00
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In sintesi

  • Nessun aiuto e indicazione: sarete totalmente abbandonati.
  • Ritmi di gioco volutamente lenti, che favoriscono l'esplorazione.
  • Atmosfera e world building di grande livello.
  • Pro
    • Ritmi di gioco volutamente lenti, che favoriscono l'esplorazione.
    • Grande atmosfera e ottima costruzione del mondo di gioco.
    • Nessun aiuto e indicazione: sarete totalmente abbandonati...
  • Contro
    • ... Il che potrebbe risultare frustrante per un'ampia fetta di pubblico.
    • Design dei mostri banale e tanti, troppi tempi morti.

Il Verdetto di SpazioGames

7.5
Hell is Us è un'opera che osa seguire una strada personale e poco accomodante, premiando chi è disposto a rallentare, osservare e lasciarsi trasportare da un ritmo meno convenzionale. Non è un gioco per tutti e non pretende di esserlo: è un'esperienza che parla a un pubblico preciso, capace di accogliere l'enigma e l’ambiguità come parte del viaggio. Un titolo che preferisce evocare piuttosto che spiegare, e che proprio per questo può affascinare profondamente o lasciare indifferenti. 

Informazioni sul prodotto

Immagine di Hell is Us
Hell is Us
  • Sviluppatore: Rogue Factor
  • Produttore: Nacon
  • Piattaforme: PC , XSX , PS5
  • Generi: Action Adventure
  • Data di uscita: 4 settembre 2025

Hell is Us è un mistero dall'inizio alla fine: è Il racconto di un mondo perduto dove il conflitto, l'alienazione e un ambiente respingente vi faranno sentire intrappolati in un enigma a cui è difficile trovare soluzione.

Il titolo sviluppato da Rogue Factor è un action‑adventure in terza persona che offre un approccio radicalmente diverso rispetto ad altre opere simili: niente mappe, niente indicatori di missione o registro degli obiettivi, bensì un’esperienza sorretta unicamente da indizi ambientali, dialoghi con NPC, sensazioni visive e sonore.

Hell is Us è ambientato in un mondo semi‑aperto chiamato Hadea, devastato da una truce guerra civile e da una calamità sovrannaturale di provenienza ignota. Il giocatore veste i panni di Rémi, un ex‑peacekeeper dell’ONU che diserta per tornare nel proprio paese alla ricerca dei genitori, solo per scoprire che la regione è stata trasformata da entità mostruose, i cosiddetti Hollow Walkers.

Hell is Us: quando l'uomo distrugge se stesso

Il tema principale, sottolineato dal direttore creativo Jonathan Jacques‑Belletête, è la violenza umana intesa come un ciclo perpetuo alimentato dalle passioni e dalle emozioni, un concetto che permea le ambientazioni, il gameplay e la narrazione.

Benché a un primo sguardo possa sembrare l'ennesimo action basato sulle mode del momento, in Hell is Us è l’esplorazione a essere al centro dell’esperienza: senza appoggiarsi ad aiuti di alcun tipo, il giocatore è chiamato a farsi strada osservando architetture, graffiti, altari improvvisati, fotografie sgualcite e consumate, rovine e simboli disseminati nel paesaggio, interpretando l’ambiente come un linguaggio da decifrare.

Questo approccio, descritto dagli autori come “player‑plattering” — l'antitesi del “Silver‑plattering”, cioè servire tutto in tavola al giocatore — intende recuperare il senso di scoperta tipico dei videogiochi degli anni ’90. È un design che lascia spazio al pensiero critico, poiché bisogna capire da soli dove andare, cosa fare e chi interrogare. Ogni scoperta non è mai coadiuvata dalla generosità degli autori; al contrario, si rivelerà sempre una conquista sudata e mai scontata.

La narrazione avanza attraverso piccoli frammenti: conversazioni con sopravvissuti, esuli e militari, note sparse nelle trincee, oggetti restituiti che attivano buone azioni opzionali senza alcun tipo di promemoria. È il giocatore ad agire, non il gioco a guidarlo. E questo potrebbe apparire ai giocatori moderni come un vero ostacolo, dato che è un gioco per chi di pazienza ne ha tanta.

Quello di Hell is Us è un design che lascia spazio al pensiero critico, poiché bisogna capire da soli dove andare, cosa fare e chi interrogare.

L’interazione ambientale non si limita al combattimento, ma include enigmi organici legati al mondo di gioco: il drone, oltre a fungere da strumento di supporto per le continue battaglie, può tradurre iscrizioni antiche, suggerendo soluzioni criptiche da interpretare; i misteri non si risolvono con sistemi guidati, ma con intuizione e osservazione.

L’ambientazione è molto evocativa, permeata dal grigiore plumbeo della poetica decadente dei conflitti moderni: città sventrate e invase dalla natura, rovine silenti, oggetti disseminati che raccontano tragedie e resistenze, paesaggi rurali sospesi tra bellezza e inquietudine.

In Hell is Us tutto comunica, basta saper ascoltare con attenzione. È un mondo costruito per chi ama la lentezza contemplativa, per chi percepisce valore nei dettagli e desidera immergersi nel mistero, anche se questo significa dover accettare non poche rinunce. E non stiamo parlando solo del backtracking obbligato o delle lunghe peregrinazioni lungo aree semi-semideserte (che comunque pesano non poco sul giudizio finale), ma della capacità di adattarsi a un titolo che pur aderendo agli schemi noti degli action-adventure, se ne allontana dai ritmi.

Immagine id 31537
Giocato al massimo delle impostazioni su PC, il gioco rivela un buon comparto tecnico.

Gameplay e ritmi lenti

Il combattimento è fisico, tattico, rude e misurato: le armi da mischia — spade, lance, asce — portano peso, velocità e stile propri, spesso radicati in rituali o tecnologie dimenticate. I nemici non brillano per design e sono piuttosto anonimi, risultando dimenticabili dall'inizio alla fine. A volte la forza bruta è meno efficace della preparazione e dell’astuzia, soprattutto quando sarete costretti a sconfiggere prima la sua diretta emanazione.

Avvicinarsi a certi nemici significa infatti vedere un'entità collegata a un filo che va sconfitta per prima, altrimenti si rischia di farsi soverchiare e allungare a dismisura ogni scontro. Il sistema di combattimento sfrutta una gestione attenta di salute e stamina: la stamina si rigenera gradualmente, ma la salute no, e ogni danno riduce la capacità massima di stamina, aumentando il rischio di sconfitta in caso di stanchezza.

Va tuttavia ammesso che una meccanica facilità non poco ogni combattimento. Se ricordate il ritmo Ki di Nioh, dove bisognava premere un tasto col giusto ritmo per ripristinare al volo la resistenza, avrete la chiara idea del perché in Hell is Us c'è una facilitazione di troppo: qui è la salute a poter essere rinvigorita, con tutto ciò che ne consegue in termini di bilanciamento globale.

Il gioco non è comunque un soulslike (sebbene ne condivida parzialmente alcune tipiche schematicità nei combattimenti), e la difficoltà può essere selezionata a piacimento attraverso un selettore. Oltretutto, i nemici non tornano in vita dopo ogni salvataggio, ma solo quando si ritorna nelle aree già visitate attraverso il viaggio rapido con la propria camionetta.

In combattimento si può usare un drone, KAPI, come alleato tattico: distrae nemici, illumina l’ambiente buio, offre attacchi speciali e poteri equipaggiabili, diventando un’estensione delle proprie capacità da usare nei momenti di maggiore tensione e quando i nemici si fanno più aggressivi del solito.

In Hell is Us, schivate, parate e colpi carichi danno profondità agli scontri, e in alcuni casi è indispensabile stordire l’avversario prima di poter infliggere danno. La difficoltà è calibrata in modo da risultare impegnativa senza diventare frustrante.

Il titolo, sviluppato con Unreal Engine 5, può sembrare tecnicamente meno spettacolare rispetto ad altri titoli ultramoderni, ma fa della direzione artistica il suo punto di forza: brutalismo architettonico, simbolismo esoterico, folklore mitteleuropeo fuso in un’estetica sospesa fra sogno e incubo, con luci misteriose, superfici tangibili e animazioni credibili.

Dal punto di vista stilistico il gioco è co‑firmato da Jonathan Jacques‑Belletête, noto per essere coinvolto nella direzione artistica di Deus Ex: Human Revolution e Mankind Divided, con ispirazioni dichiarate come il romanzo (e il film) Annientamento e tutta la Trilogia dell'Area X del visionario Jeff VanderMeer.

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Il design dei mostri è davvero sottotono e deludente, oltre che banale.

Il giudizio su Hell is Us è generalmente positivo: il mondo opprimente di Hadea, la tensione degli incontri e l’atmosfera inquietante lasciano senza dubbio il segno. tuttavia appaiarsi ai grandi del genere è un compito assai complesso, in un mercato così brutalmente competitivo, che lascia poco spazio a chi sperimenta e non fa tutto per bene.

In definitiva, Hell is Us si dimostra un titolo concreto e dritto al punto: un’esperienza riflessiva dove esplorazione, osservazione e intuizione contano quanto la spada; dove l’atmosfera è costruita su silenzi, simboli, dolore e bellezza; dove il giocatore si riscopre protagonista, meno assistito, più coinvolto intellettualmente ed emotivamente. 

Cade un po' vittima di se stesso quando va a briglia sciolta sulle proprie volontà artistiche, non curandosi dei ritmi di gioco che sono invece cruciali per tenere incollato al pad il giocatore, non facendo mai calare il suo livello di coinvolgimento. Proprio per questo, Hell is Us difficilmente farà breccia nei cuori di tutti, perché si rivolge a quei giocatori che hanno la forte vocazione per il senso di scoperta con tempi dilatati. Se si vuole qualcosa di più immediato, l'opera di Rogue Factor risulterà frustrante e priva di mordente.

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