Battlefield 6, che fino a ieri aveva raccolto consensi pressoché unanimi dalla sua community grazie a un'esperienza di gioco autentica e priva di eccessi commerciali, si trova ora al centro di una tempesta di polemiche. L'aggiornamento che ha introdotto la stagione uno e la modalità battle royale REDSEC ha stravolto l'equilibrio che aveva conquistato i giocatori, sollevando interrogativi sul futuro del franchise.
La questione centrale riguarda l'improvvisa proliferazione di microtransazioni all'interno di un titolo che molti consideravano l'antidoto perfetto alla commercializzazione sfrenata di altri sparatutto in prima persona. Il sistema implementato dagli sviluppatori prevede non uno, ma diversi pacchetti stagionali acquistabili: lo Starter Pack, l'Advanced Pack, il Rogue Ops e il Pro Pack della stagione uno. A questi si aggiungono le skin disponibili nel negozio interno, che richiedono l'acquisto di moneta virtuale specifica denominata Battlefield coins.
Il malcontento della base di giocatori si concentra particolarmente sul sistema di progressione del battle pass. Per avanzare attraverso i livelli e sbloccare ricompense estetiche, potenziamenti e valuta di gioco, i giocatori devono accumulare punti BP attraverso due meccanismi: l'esperienza guadagnata giocando e il completamento di sfide settimanali. È proprio su queste ultime che si è acceso il dibattito più aspro.
Nelle versioni precedenti del gioco, le sfide potevano essere completate nella maggior parte delle modalità disponibili, con rare eccezioni legate a sblocchi specifici. L'aggiornamento ha cambiato radicalmente questo approccio, obbligando i giocatori a cimentarsi nella modalità battle royale per progredire nel pass stagionale. Esiste la possibilità di rigenerare le sfide, ma il sistema presenta un difetto critico: se il nuovo set di obiettivi include ancora compiti legati alla battle royale, il giocatore rimane vincolato a quella modalità senza ulteriori possibilità di scelta.
L'estetica delle ricompense cosmetiche rappresenta un altro punto dolente. Sebbene gli sviluppatori di Battlefield Studios abbiano mantenuto un'impostazione tematica militare, con varie mimetiche digitali che si inseriscono nell'ambientazione bellica del gioco, molti veterani della serie hanno espresso disappunto. La percezione è che l'introduzione di elementi visivi più colorati comprometta l'autenticità che aveva caratterizzato il design delle classi al lancio, uno degli aspetti più apprezzati dai puristi del genere.
Il confronto con Call of Duty, franchise concorrente spesso criticato per il suo approccio commerciale aggressivo, emerge spontaneo nelle discussioni della community. Battlefield 6 aveva attratto proprio quei giocatori stanchi di quello che molti definiscono un "tritacarne ultra-capitalista", offrendo un'esperienza più genuina e focalizzata sul gameplay. La svolta introdotta con questo aggiornamento rappresenta un'inversione di rotta che rischia di alienare proprio il pubblico conquistato con fatica.
Non mancano tuttavia i giocatori che stanno apprezzando i nuovi contenuti, particolarmente la modalità REDSEC che introduce dinamiche battle royale nell'universo Battlefield. Il massiccio aggiornamento ha portato con sé anche miglioramenti tecnici e nuove mappe, elementi che in altre circostanze avrebbero ricevuto accoglienza entusiastica. La questione è che questi aspetti positivi rischiano di essere oscurati dalla controversia sulla monetizzazione.