Politico dell'Illinois ha l'idea definitiva contro i crimini violenti: bannare i videogiochi violenti

Se solo avessimo saputo prima che sarebbe bastato semplicemente bandire i videogiochi violenti, quanto sarebbe stato migliore il mondo oggi?

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a cura di Stefania Sperandio

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Il problema dei crimini violenti nella nostra società è una piaga che non andrebbe mai sottovalutata. In una società che dovrebbe essere costruita per fare in modo che tutti gli individui accettino le medesime regole, in nome di una quieta convivenza che dia vantaggi a ogni persona coinvolta, è tutt'altro che raro che si assista a rapine che finiscono in tragedia, a crimini perpetrati contro la persona e a delitti facilitati, in alcuni Paesi, dall'accessibilità ad armi di grande letalità.

Come mettere un freno a un fenomeno di questo tipo per renderci una società migliore? Mettendo al bando i videogiochi violenti, a quanto pare. È l'idea di un legislatore dello Stato dell'Illinois, che ha presentato degli emendamenti per correggere una legge in vigore nello Stato dal 2012 – che bandiva semplicemente la vendita di videogiochi violenti ai minori.

Nella proposta del legislatore, Marcus C. Evans Jr, del partito democratico, si legge l'idea di impedire «la vendita di tutti i videogiochi violenti» nell'Illinois, in risposta alla crescente tendenza ai crimini violenti, soprattutto ai furti d'auto a Chicago, evidentemente collegati a Grand Theft Auto da Evans Jr. Per identificare cosa sia un videogioco violento, gli emendamenti spiegano che si tratta di titoli in cui «il gioco consente al giocatore di controllare un personaggio che è incoraggiato a perpetrare violenza tra umani, in cui si uccide o si causano seri danni fisici o psicologici a un altro essere umano o a un animale».

Considerando l'impennata di furti d'auto vissuta a gennaio a Chicago, secondo Evans «questo proibirà la vendita di alcuni di quei videogiochi che promuovono attività che stanno piagando la nostra comunità». Sparito il videogioco, sparito il crimine, insomma.

Sembrerebbe lecito domandarsi perché siano sempre i videogiochi – forse colpevoli della loro interattività – a "incoraggiare" i comportamenti, mentre questo non viene addossato ad altri media che propongono contenuti ugualmente violenti e in alcuni casi ugualmente incentrati sulla rappresentazione della criminalità, come il cinema o le produzioni televisive. Secondo la proposta di Evans Jr, se accolta, chi fosse sorpreso a vendere un videogioco violento, o a noleggiarlo, dovrebbe pagare una multa da $1.000.

Tuttavia, nel 2011 la Corte Suprema della California, riporta Polygon, si era già espressa sulle richieste di bandire la vendita di videogiochi ai minori nello Stato, dichiarando che «proprio come i libri, le opere e i film che sono venuti prima di loro, i videogiochi comunicano delle idee e anche dei messaggi sociali, attraverso diversi mezzi familiari nell'alfabetizzazione (come personaggi, dialoghi, trama, musica) e attraverso caratteristiche distintive del medium (come l'interazione con un mondo virtuale). Questo significa che sono protetti dal Primo Emendamento» per la Corte Suprema, che catalogava quindi i contenuti dei videogiochi sotto il diritto di libera espressione.

In precedenza, diversi studi si erano espressi in merito alle possibili connessioni tra videogiochi violenti e comportamenti violenti nella vita reale, sottolineando che non ci fossero evidenze scientifiche a conferma di tale tesi e che «questo sottrae l'attenzione ad altri fattori, come un passato di violenza, che come è noto può predire futuri comportamenti violenti». Gli unici cambiamenti osservati erano quelli per cui un videogiocatore, dopo una sessione, poteva ad esempio tendere ad alzare più facilmente la voce, secondo l'APA (American Psychology Association), ma questo «non si estende a nessun altro tipo di comportamento violento».

Non è la prima volta che in America si dibatte di videogiochi violenti da mettere al bando per arginare i fenomeni di sparatorie di massa che piagano il Paese: l'ex Presidente Donald Trump era un forte sostenitore di questa teoria e aveva organizzato una tavola rotonda con i membri dell'industria per capire come muoversi.

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