Death Stranding non vi piace? Per Kojima «è logico» che sia così

Intervistato da IGN Japan, Hideo Kojima ha parlato di come le opere prendano la forma del medium e ha spiegato il suo punto di vista su Death Stranding.

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a cura di Stefania Sperandio

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Quando nel 2019 pubblicammo la nostra recensione di Death Stranding, decidemmo di intitolarla «bianco o nero». C'era un motivo che poi è stato manifesto a tutti: avevamo capito che il gioco sarebbe stato estremamente divisivo. Così  è stato e, mentre gli ingranaggi si muovono in direzione di DS2, nel corso di una intervista a IGN nella divisione giapponese Hideo Kojima è tornato a parlare dell'avventura di Sam Porter Bridges.

Lo ha fatto discutendo del futuro dei videogiochi e di come le opere cambino a seconda delle evoluzioni del medium su cui vengono espresse. E questo, in un certo senso, riguarda anche Death Stranding (di cui trovate su Amazon anche lo splendido artbook).

Un medium modifica le opere che ospita

Un mezzo di comunicazione evolve con il tempo: secondo Kojima, ad esempio, in futuro non avremo più le console o dispositivi specifici pensati per il gioco, ma il gaming sarà pervasivo e su qualsiasi device. Questo significa che, cambiando il mezzo, potrebbe cambiare anche il modo di realizzare delle opere che proprio su quel mezzo si muovono e vivono.

«Penso che le piattaforme da gioco alla fine spariranno e tutto sarà condivisibile in qualsiasi momento, ovunque e con chiunque, su dispositivi come smartphone, tablet e computer» ha dichiarato Kojima, quando gli è stato chiesto dei recenti cambiamenti nel mondo dell'intrattenimento.

«La mia preoccupazione, però, è che il mondo possa diventare uno in cui l’intrattenimento ci viene servito dall’alto. Già ora, le AI ti raccomandano quello che pensano ti piaccia, e penso che finiremo in un posto dove singoli video cambiano a seconda di chi li guarda» ha continuato il game director.

Alla sua riflessione ha fatto seguito un esempio relativo al mondo della musica, con le canzoni stesse che sono cambiate nel passaggio dai vinili ai CD, che permettevano di saltare rapidamente da un brano all'altro:

«Anche il suono della musica è cambiato una volta che abbiamo avuto gli album su CD anziché su vinili. Puoi saltare delle tracce all’istante su un CD, quindi l’ordine delle strofe, il bridge e i ritornelli di una canzone iniziarono a cambiare posizione per cercare di catturare l’ascoltatore fin da subito.

Forse è inevitabile che solo le opere di intrattenimento che sanno dare piacere sopravvivano, per via dei cambiamenti del medium, ma penso che anche questo possa rappresentare un pericolo».

Le opere lente in un mondo che va di corsa

A questo punto, il discorso di Kojima si è concentrato sul fatto che anche il formato video sia molto cambiato, oggi, in virtù di piattaforme che permettono di vedere le cose molto più rapidamente.

Pensiamo al formato TikTok, agli Short di YouTube, alla possibilità di riprodurre un video al doppio della velocità. Sono schemi del mezzo video molto diversi da quelli che si posano sulla lentezza, che concentrano il tutto sulla fruizione di più contenuti possibili.

«I film avevano un tempo di attesa in cui venivano annunciati un paio di anni prima, poi aspettavi per l’uscita e  immaginavi come sarebbero stati. Poi andavi al cinema, pagavi il biglietto, ti sedevi per le due ore previste e te lo vedevi davvero, e questo ti dava una grande ricompensa» ha ragionato Kojima, che prosegue:

«Ora, tuttavia, le persone iniziano ad apprezzare il guardare le cose con un playback a velocità accelerata, che si tratti di film o di YouTube. Sta diventando comune che quei video abbiano qualcosa che possa colpire lo spettatore fin dall’inizio, e l'evitare che siano troppo lunghi.

Forse è solo il modo in cui le cose sono adesso, ma abbiamo bisogno anche di uno spazio per quei lavori che non sono fatti in questo modo».

In una fruizione che va di fretta, insomma, Kojima rivendica lo spazio per le cose che di fretta non ci vogliono andare. Ed è qui che inserisce la riflessione dedicata al suo Death Stranding.

Il percorso dal punto A al punto B

Secondo il game director, il gioco con protagonista Sam Porter Bridges andava in direzione opposta al fruire di corsa a cui ci stiamo abituando.

«Era l'opposto» spiega Kojima, «un'esperienza in cui calarsi lentamente»E, a tal proposito, sottolinea l'importanza della traversata: «è il discorso che facevo sull'unire il punto A e il punto B. Non sarebbe positivo per noi, se continuassimo semplicemente a collegare due punti senza vivere il processo che porta alla loro unione».

Il discorso si collega a un altro passo dell'intervista, dove l'autore giapponese ha spiegato che il collegamento istantaneo è comodo e molto pratico: posso parlare con una persona in America collegandomi in una video chiamata, ma posso farlo anche in modo meno istantaneo andando lì di persona – e questo mi espone ad altre esperienze e incontri accidentali e non calcolabili che in qualche modo mi arricchiscono.

In merito al gioco, aggiunge:

«Non va bene assorbire solo cose che sono facili da digerire, a volte essere a tu per tu con qualcosa che non capisci ti dà l'opportunità di continuare a pensarci e ripensarci. Death Stranding è quel tipo di opera, quindi è logico che ad alcune persone quell'esperienza non piaccia».

Se volete approfondire la conoscenza con Death Stranding, vi raccomandiamo anche la recente video recensione della sua Director's Cut, che trovate su PS5 e PC.

In merito a DS2, invece, sappiamo che per ora si tratta di un working title e che non sarà un sequel tradizionalmente inteso. Abbiamo fatto il punto su quanto visto nel trailer in un ricco articolo.

E non dimentichiamo che Death Stranding diventerà anche un film che si promette molto particolare e che potrebbe fare a meno dei personaggi visti nel videogioco. Dopotutto, Kojima ha già spiegato che un'opera prende la forma del suo mezzo di comunicazione ospite ed è naturale aspettarsi qualcosa di diverso da ciò che Death Stranding è come videogioco, trovandolo sul grande schermo.