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Immagine di I paurosi alti e bassi della grafica di Final Fantasy VII Remake - Speciale
In Evidenza

I paurosi alti e bassi della grafica di Final Fantasy VII Remake - Speciale

Il risultato del lavoro di Square Enix è per alcuni versi difficile da capire, ma compensa con tanti momenti "wow"

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Avatar di Paolo Sirio

a cura di Paolo Sirio

Pubblicato il 14/04/2020 alle 16:32 - Aggiornato il 17/04/2020 alle 17:04
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Il Verdetto di SpazioGames

-
Final Fantasy VII Remake è un gioco che più di ogni altro simboleggia quanto questa generazione di console abbia dato al gaming in termini di assottigliamento della distanza tra i creatori e le loro fantasie più recondite, e quanto una nuova fase di PlayStation e Xbox potrebbe dare a produzioni di questo respiro. Le limitazioni sugli NPC così come sulle texture saltano troppo all'occhio, ed è evidente che, se da un lato c'è perlomeno la compartecipazione di Square Enix in tali aspetti sotto tono, le piattaforme del futuro potranno dare una mano perché simili restrizioni vengano finalmente messe alle spalle. Giocando, però, abbiamo capito come mai Yoshinori Kitase e Tetsuya Nomura, in questi lunghi anni di attesa, parlassero di momento giusto per la sua uscita; perché adesso la tecnologia permette davvero di proporre qualcosa che sia all'altezza – o addirittura superi, come pensiamo abbia fatto – la resa tecnica di Advent Children, e dunque il modo in cui erano già stati reinterpretati personaggi e situazioni di un classico come Final Fantasy VII.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Final Fantasy VII Remake
Final Fantasy VII Remake
  • Sviluppatore: Square Enix
  • Produttore: Square Enix
  • Distributore: Koch Media
  • Piattaforme: PC , PS4 , PS5 , SWITCH2 , XSX
  • Generi: Azione , Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 10 aprile 2020 - 16 dicembre 2021 (PC) - Inverno 2025 (Switch 2, Xbox)

Final Fantasy VII Remake ha una direzione artistica ispirata e un comparto tecnico avveniristico, come abbiamo sottolineato nella nostra recensione. Le scelte di character design sono a nostro modo di vedere riuscite, e danno nuova vita a personaggi che, salvo sparute apparizioni nei media moderni, eravamo stati costretti ad immaginare soltanto per mezzo della nostra fantasia negli ultimi ventitré anni.

Lo sviluppo tortuoso, passato per le mani di CyberConnect 2 prima di essere ripreso uno-due anni dalle divisioni interne di Square Enix, sembra essersi tuttavia riversato sulla qualità della grafica dell’esclusiva PlayStation 4, che mostra paurosi alti e bassi capaci in certi frangenti di offuscare persino gli elevatissimi picchi raggiunti sia nel giocato che nelle scene d’intermezzo calcolate in tempo reale.

Abbiamo scattato alcune foto all’interno di questo remake per sottolineare entrambi gli aspetti, che compongono il quadro deliziosamente imperfetto del nuovo Final Fantasy VII così come fruito su PS4 Pro, e provare a spiegarvi le ragioni dietro agli uni e agli altri nel prodotto finale giunto nei negozi dopo una lunga attesa il 10 aprile.

Le immagini sono estrapolate in ordine sparso dai primi 9 capitoli. Qualora non aveste ancora raggiunto questa milestone nel vostro giocato, vi consigliamo di non leggere oltre.

I bassi

Final Fantasy VII Remake alza a livelli stratosferici l’asticella su taluni aspetti e questo, specialmente in un contesto tendente in alcune sezioni all’open world, comporta che non appena si scenda sotto quello standard – dettato in particolare dalle curatissime sequenze iniziali – l’occhio noti particolarmente e anzi contribuisca a “degradare” la resa della qualità grafica.

I momenti dell’esperienza che soffrono oltremodo di questo degradamento sono due: gli NPC e le texture. Cominciamo dai personaggi. Quelli che popolano lo scenario hanno geometri tozze e un look generalmente slavato, un espediente che Square Enix ha evidentemente adottato per non gravare troppo sulla stabilità del prodotto oltre che sulla qualità degli elementi che ha ritenuto di dover rimarcare di più.

Possiamo suddividere gli NPC in due grandi tronconi. Il primo comprende quelli che incontriamo soltanto una volta e che ci assegnano ad esempio delle missioni secondarie molto rapide; pensiamo al giornalista nei bassifondi del Settore 5, ad esempio, o ai bambini che ci attorniano nella stessa zona di Midgar. In questo caso, lo sviluppatore ha elevato la loro qualità di quanto bastasse da non renderli elementi fastidiosi alla vista, sebbene permanga la sensazione di qualcosa che stoni fortemente col resto del gioco.

Il secondo include invece i personaggi secondari che tornano più e più volte in scena, e hanno anche un ruolo nel mandare avanti la storia di Cloud Strife e soci: pensiamo a Sam e Madame M nel capitolo 9. In questi casi, siamo ancora sotto la prestanza e la beltà dei modelli dei membri del party come Barret, Tifa e Aerith, si avverte alquanto una certa approssimazione nella fattura dei loro lineamenti, ma l’aspetto è tutto sommato gradevole.

Le texture costituiscono invece un problema endemico in Final Fantasy VII Remake, che si presenta non appena il gioco cominci ad “aprirsi”, ovvero a mostrare delle aree sandbox per l’esplorazione relativamente libera delle ambientazioni e lasciare la linearità delle missioni principali come quelle dei primi due reattori. Ciò si verifica all’infuori di casi come quello dell’immagine in alto, in cui l’ambientazione viene utilizzata come parte di una scena d’intermezzo e “riadoperata” nel contesto ludico, dove viene fatto un lavoro artigianale invidiabile – guardate i mattoncini a destra.

La problematica è stata evidenziata a più riprese da colleghi della stampa internazionale, e in qualche caso è parsa così bizzarra da lasciare persino il dubbio che la scarsa qualità della loro presentazione possa persino essere connessa ad un bug anziché ad una scelta “al risparmio” – sotto tutti i punti di vista, con il discorso economico che costituisce soltanto una parte e forse minima – nella creazione del gioco.

Come per gli NPC, questo aspetto – sia su PlayStation 4 base che su PS4 Pro, che al di là della risoluzione non offrono differenze sostanziali – salta ancora di più all’occhio perché per le ambientazioni che godono di texture in bassissima definizione si muovono personaggi, quale il summenzionato protagonista Cloud, che hanno invece un aspetto per tanti versi al di sopra della media impostata da questa generazione di console.

Final Fantasy VII Remake è basato sull’Unreal Engine 4, motore grafico “middleware” di Epic Games, e non sul Luminous Engine che è stato invece adottato da Final Fantasy XV – e su cui si sta lavorando ad una nuova IP presso il team Luminous. Questo ha permesso a Square Enix di proporre un’illuminazione spettacolare e un motion blur applicato sia direttamente sugli oggetti che sugli scenari, tra le altre cose, ma ha avuto come conseguenza un fastidioso pop-in delle texture.

L’Unreal Engine è noto fin dalla sua terza iterazione per questo fenomeno di pop-in, ma qui raggiungiamo nuove vette: le texture sono semplicemente in bassa risoluzione e ci siamo spesso ritrovati, durante il nostro playthrough, ad attendere per capire se venissero caricate o meno – spoiler, abbiamo aspettato invano.

In certi momenti abbiamo pensato semplicemente che il gioco non caricasse le texture per una questione di economia e utilità del momento; tuttavia, tornandoci in un altro istante della storia, abbiamo notato che gli oggetti con texture in bassa risoluzione rimangono tali a prescindere da quanto le si vada a visualizzare.


La ragione dietro una scelta simile risiede nella volontà di mantenere l’ecosistema del gioco quanto più stabile possibile, puntando su certi aspetti (come appunto l’illuminazione, i panorami e i personaggi principali) in modo che avessero una resa praticamente next-gen e risparmiando aggressivamente su altri, tra i quali le texture, così da avere un frame rate quanto più stabile possibile. In effetti, la scelta ha pagato, dal momento che in venti ore di gioco saremo incappati al massimo in un paio di balbettii, peraltro del tutto marginali.

Questo è il caso, ovviamente, in cui avrebbe aiutato enormemente sviluppare con le console next-gen quale base: PS5 e Xbox Series X avranno un quantitativo di memoria – dove alloggiano le texture, non a caso – a disposizione praticamente raddoppiato rispetto alle piattaforme prese oggi come riferimento, senza contare la maggiore velocità di accesso ai contenuti (su supporto ottico o su console tramite download) garantito dall’implementazione nativa di un SSD. Nota: utilizzare SSD al posto dell’HDD di PS4/PS4 Pro non ha comportato miglioramenti di sorta – fonte: Digital Foundry.

L’idea del bug di cui sopra sovviene per alcune bizzarrie presentate lungo il gioco: nel palazzo che ospita i riposi notturni di Cloud nel Settore 7, ad esempio, le porte al pian terreno hanno texture in alta risoluzione, mentre quelle al primo piano, dove risiedono proprio il protagonista e Tifa no; possibile che uno sviluppatore, messo di fronte alla scelta di applicare texture high-res su un piano anziché un altro optasse per quello in cui non ci sono interazioni disponibili?

Non è da scartare che Square Enix abbia avuto qualche difficoltà nella gestione dell’Unreal Engine 4, motore utilizzato soltanto per Kingdom Hearts III finora a livello di produzioni interne, e/o abbia optato per fornire una “bigger picture”, un quadro d’insieme, che rubasse l’occhio con elementi estremamente suggestivi e mettesse in ombra quanto di più sacrificabile, ovvero le componenti sullo sfondo.

Alcune mosse della software house giapponese non fanno però pensare a qualcosa di simile; se avesse avvertito di stare trovandosi in una situazione del genere, con la sua innegabile maestria in questo senso, avrebbe potuto tranquillamente adottare delle contromisure sotto il profilo della regia, mentre invece quest’ultima è stata portata avanti come se niente fosse, in diversi frangenti spiattellandoci tali mancanze in faccia senza colpo ferire.

final fantasy vii remake

Quel che è chiaro è che la qualità delle texture di certo non rappresenta un ostacolo nella fruibilità del gioco né tantomeno nella godibilità di un comparto grafico nel complesso di fattura pregiata.

Tuttavia, se ne state sentendo parlare così tanto è proprio perché la resa slavata di certi elementi a schermo stona particolarmente rispetto a quella stellare di buona parte dello scenario. Su un gioco nella media forse non ci saremmo neppure ritrovati a discuterne.

Gli alti

Il quadro che abbiamo tratteggiato finora, non ci stancheremo di ripeterlo, è notevolmente parziale e non tiene conto del fatto che per ogni basso ci sia un alto di egual misura se non maggiore forza. Final Fantasy VII Remake è un gioco che vi farà spalancare la bocca più e più volte, e la prova più immediata di ciò è che sulla nostra PS4 Pro abbiamo più di duecento scatti – a metà della storia.

Il titolo eccelle, come forse nessuno prima di lui, nella raffigurazione dei personaggi principali: Square Enix ha mostrato tutto l’amore che prova per i protagonisti di questo racconto epico, e lo ha fatto sia riponendo una cura maniacale nella loro realizzazione, sia nella creazione di scene e inquadrature che potesse esaltarne la fisicità e l’espressività dei corpi così come dei volti.

Un aspetto fondamentale di Final Fantasy VII Remake è la messa in scena, e come questa si perpetui in un’alternanza di altissima qualità tra giocato e cut-scene. Le scene d’intermezzo sono calcolate in tempo reale, e questo permette al titolo di avere un passaggio seamless e altamente scenografico tra le sue due diverse anime.

Si tratta di una sfumatura di non poco conto per Square Enix, che in passato, nelle ere PlayStation 2 e PlayStation 3 per la precisione, ha fatto dei filmati in computer grafica un autentico fiore all’occhiello tuttavia sacrificando l’immediatezza del passaggio tra un momento e l’altro del gioco. Lasciarsi alle spalle l’impianto che prevedeva l’alternanza di gameplay e FMV scollegate, e spesso fraintendibili, non era scontato ma è avvenuto in modo brillante durante questa generazione.


Allo stesso modo, è un segno di grande fedeltà rispetto ai classici Final Fantasy, specie tra il 7 e il 9, che nelle transizioni hanno riscontrato alcuni dei momenti più alti della propria poetica (pensate all’inseguimento durante l’esame per il titolo di SeeD da parte di una gigantesca macchina assetata di sangue ai danni di Squall e del suo team in FFVIII).

Le transizioni sono estremamente importanti quando si parla non soltanto dell’efficacia della regia quanto dell’immersione del giocatore – esempi utili sono Uncharted 4 nel campo degli action adventure e Persona 5 in quello degli JRPG, dove il gioco non lascia il tempo di capire se si stia entrando o uscendo da un processo scriptato.

Qui permettono di andare subito dietro le spalle di Cloud dopo essersi goduti una coreografica sequenza di combattimento o un inseguimento rocambolesco in moto con un movimento circolare della camera, con l’accompagnamento di una musica che dia continuità o di una frase dei propri companion che carichi di significato la posa ad Spada potens (abituiamoci a sentirla chiamare così) spianata. E tutto giusto un istante prima che venga caricato lo schema dei controlli per le interazioni.

Final Fantasy VII Remake è un gioco che più di ogni altro simboleggia quanto questa generazione di console abbia dato al gaming in termini di assottigliamento della distanza tra i creatori e le loro fantasie più recondite, e quanto una nuova fase di PlayStation e Xbox potrebbe dare a produzioni di questo respiro. Le limitazioni sugli NPC così come sulle texture saltano troppo all’occhio, ed è evidente che, se da un lato c’è perlomeno la compartecipazione di Square Enix in tali aspetti sotto tono, le piattaforme del futuro potranno dare una mano perché simili restrizioni vengano finalmente messe alle spalle.

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