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Il 1955 di Ritorno al Futuro: quanto era accurata la ricostruzione storica?

Come il film ha rappresentato la cittadina americana degli anni ’50, quali riferimenti storici sono stati rispettati e dove si è scelto di romanzare.

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a cura di Giulia Serena

Social Media Manager/Editor

Pubblicato il 19/10/2025 alle 11:00

Ritorno al Futuro non è semplicemente un film; è una macchina del tempo culturale che, per intere generazioni, ha definito l'immaginario collettivo degli anni '50 americani. Quando Marty McFly, a bordo della sua DeLorean, sfreccia dal 1985 al 1955, non approda in un'epoca ricostruita con la pedanteria di un documentario, ma in un'epoca sognata, un distillato di nostalgia creato ad arte per servire una storia perfetta.

L'analisi della sua rappresentazione del 1955 rivela, infatti, un affascinante equilibrio tra una meticolosa attenzione al dettaglio e una deliberata opera di romanticizzazione. Il lavoro di Robert Zemeckis e Bob Gale non mirava a una fedeltà storica assoluta, quanto piuttosto a evocare la sensazione di un'epoca, creando una versione del passato così vivida e affascinante da diventare, nella nostra mente, più reale della realtà stessa. La Hill Valley del 1955 è, in sostanza, il prodotto della memoria selettiva degli anni '80, un decennio che, sotto la presidenza Reagan, guardava con nostalgia a quel dopoguerra come a un'età dell'oro perduta, un periodo di innocenza, prosperità e certezze morali.

Ritorno al Futuro tornerà sul grande schermo: il 21 ottobre, giorno simbolo della saga, Marty McFly, Doc Brown e la mitica DeLorean faranno rivivere a fan di tutte le età le emozioni di un classico intramontabile. Il 21 ottobre infatti non è una data qualsiasi: è il giorno in cui Marty viaggia nel tempo nel secondo capitolo della trilogia e, dal 2015, è la giornata mondiale delle celebrazioni dedicate alla saga. Per l’occasione, Nexo Studios invita tutti a presentarsi al cinema con outfit ispirati al film (gilet rosso, camice da scienziato, Nike Mag): l’obiettivo è creare il più grande raduno di fan in Italia. Le foto condivise con l’hashtag #RitornoAlFuturoDay40 entreranno nei canali social ufficiali di Nexo Studios.

Elenco delle sale e prevendite disponibili su nexostudios.it. Cultura POP è media partner dell'evento.

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L'archetipo scenografico della piccola città americana

La ricostruzione fisica della cittadina di Hill Valley è il primo, e più evidente, trionfo del film. La scenografia, curata da Lawrence G. Paull, non si limita a fare da sfondo, ma diventa un personaggio attivo, un simbolo tangibile dell'ottimismo e dell'ordine che caratterizzavano l'America del dopoguerra. Il cuore pulsante di questo universo è la piazza del tribunale (Courthouse Square), un microcosmo di vita comunitaria che fungeva da centro sociale e commerciale. L'architettura neoclassica del tribunale, con il suo iconico orologio, evoca un senso di stabilità e tradizione. Attorno a essa, i negozi sono stati ricreati con una cura filologica: la farmacia di Lou, che funge anche da "soda fountain" con il suo bancone in formica e gli sgabelli girevoli, era un autentico punto di ritrovo per i giovani dell'epoca, un luogo di socializzazione innocente.

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La stazione di servizio Texaco è un altro straordinario spaccato di vita quotidiana perduta; la scena in cui uno squadrone di addetti in uniforme si precipita a servire l'auto di Doc Brown, controllando l'olio e pulendo i vetri, non è un'esagerazione comica, ma la rappresentazione fedele del concetto di "full service" che definiva la cultura automobilistica di allora, un contrasto stridente con il self-service impersonale del 1985. Anche il cinema locale, l'Essex Theater, contribuisce all'immersione storica proiettando Cattle Queen of Montana, un western del 1954 con Barbara Stanwyck e un allora attore di serie B, Ronald Reagan, un dettaglio che funge sia da riferimento d'epoca sia da arguta strizzata d'occhio al presidente in carica al momento dell'uscita del film.

Tuttavia, questa precisione scenografica serve a costruire un'immagine profondamente idealizzata. La Hill Valley del 1955 è immacolata, priva di degrado, criminalità o tensioni visibili. È un mondo soleggiato e ordinato, una versione da cartolina che epura la storia dalle sue complessità. L'assenza più vistosa riguarda le profonde tensioni razziali che definivano l'America di quegli anni: il 1955 fu un anno cruciale per il movimento per i diritti civili, l'anno del boicottaggio dei bus di Montgomery. Eppure, a Hill Valley, il proprietario della tavola calda, Lou, è un uomo afroamericano che serve una clientela mista senza alcun problema apparente.

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Questa rappresentazione di un'integrazione serena, sebbene lodevole, è una chiara semplificazione storica, una scelta fatta per rendere il passato un luogo più confortevole e meno problematico per il pubblico eterogeneo degli anni '80. Allo stesso modo, non vi è traccia della paranoia della Guerra Fredda, della "Paura Rossa" e del maccartismo che gettavano un'ombra di sospetto sulla società, né dell'ansia per un olocausto nucleare che portava i bambini a fare esercitazioni "duck and cover" nelle scuole. Il film sceglie consapevolmente di mostrare solo il lato più luminoso e innocente del decennio.

Costumi tra fedeltà e stereotipo narrativo

Il lavoro della costumista Deborah Nadoolman Landis è stato fondamentale per dare vita ai personaggi e per comunicare istantaneamente la loro identità sociale. I costumi sono un altro campo in cui il film mescola una notevole accuratezza con l'uso di archetipi visivi funzionali alla narrazione. La moda femminile è ricostruita con grande attenzione: le ragazze al ballo "Incanto sotto il mare" incarnano perfettamente l'estetica dell'epoca, con i loro abiti da cocktail dalle gonne ampie sostenute da strati di crinolina, le acconciature curate come la coda di cavallo o il pageboy, e le immancabili scarpette da ballo. Lorraine Baines, nel suo quotidiano, sfoggia gonne a ruota e camicette che aderiscono ai canoni stilistici del tempo. Anche l'abbigliamento maschile è fedele, con gli adulti quasi sempre in abiti formali, completi di giacca, cravatta e cappello, a testimonianza di un codice di vestiario molto più rigido rispetto a quello del 1985.

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Accanto a questa fedeltà, il film si affida a stereotipi visivi per rendere la gerarchia sociale della scuola immediatamente comprensibile. La gang di Biff Tannen è la quintessenza del "greaser", un'immagine codificata da icone come Marlon Brando ne Il selvaggio. I loro giubbotti di pelle, i jeans e i capelli impomatati li etichettano subito come i "cattivi ragazzi", i ribelli senza una causa. Al contrario, George McFly e gli altri ragazzi "perbene" vestono in modo più convenzionale, con camicie e pantaloni che li identificano come parte della corrente conformista.

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In questo panorama, l'abbigliamento di Marty McFly è il più palese e significativo anacronismo: il suo piumino smanicato rosso, un capo iconico della moda anni '80, è un elemento di rottura visiva costante. Ogni volta che appare in scena, la sua giacca urla "futuro", marcandolo come un estraneo e generando una delle gag ricorrenti più efficaci del film. Non è un errore storico, ma una scelta registica geniale che usa il costume per sottolineare il tema centrale dello sradicamento temporale. 

La colonna sonora di una rivoluzione

È forse nella rappresentazione della cultura popolare che Ritorno al Futuro raggiunge le sue vette più alte, usando la musica e i media come veicoli emotivi per trasportare lo spettatore nel cuore del 1955. La colonna sonora è un mosaico perfetto di successi dell'epoca. Brani come "Mr. Sandman" dei The Four Aces o la romantica ballata doo-wop "Earth Angel" dei The Penguins, che fa da sfondo al primo bacio tra George e Lorraine, non sono semplici canzoni, ma capsule temporali che evocano istantaneamente un'atmosfera. Il film cattura anche il momento di transizione culturale in cui la televisione stava diventando il nuovo focolare domestico, un fenomeno visto con un misto di meraviglia e sospetto, come dimostra la cena a casa Baines. La passione di George per la fantascienza, testimoniata dai suoi racconti e dai fumetti come Tales from Space, è un altro dettaglio autentico che riflette l'ossessione dell'epoca per lo spazio e gli extraterrestri, un'ossessione che Marty sfrutterà a suo vantaggio nella celebre scena di "Darth Vader dal pianeta Vulcano".

Tuttavia, il momento culturalmente più significativo, e storicamente più impreciso, è la sfolgorante performance di Marty di "Johnny B. Goode" durante il ballo. La canzone, che sarebbe diventata uno degli inni fondativi del rock and roll, fu scritta e pubblicata da Chuck Berry solo nel 1958. Questa licenza poetica è il colpo di genio narrativo del film. Zemeckis e Gale creano un delizioso paradosso temporale in cui Marty, un ragazzo bianco degli anni '80 cresciuto con il rock, di fatto "insegna" la canzone al suo stesso creatore tramite il cugino Marvin Berry.

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La scena è una celebrazione della forza dirompente del rock and roll, tanto che la reazione del pubblico del 1955 è rappresentata in tre fasi: prima lo sconcerto per quel suono nuovo e aggressivo, poi l'entusiasmo trascinante e, infine, la confusione quando Marty si lancia in un assolo hard rock con tanto di feedback e tapping, tecniche chitarristiche che sarebbero state inventate decenni dopo. Quell'anacronismo non è un errore, ma il punto esatto in cui la storia del film si intreccia con la storia della musica per creare un momento di pura magia cinematografica.

Insomma, il 1955 di Ritorno al Futuro non è e non vuole essere un ritratto fedele della storia. È una fantasia nostalgica, un'interpretazione affettuosa e accuratamente costruita che privilegia l'emozione e la chiarezza narrativa rispetto all'accuratezza documentaristica. Le sue omissioni e le sue semplificazioni sono scelte consapevoli che servono a creare un passato accogliente, un'età dell'oro immaginaria dove i problemi sono personali e risolvibili, e dove il futuro è ancora una tela bianca piena di promesse. È proprio questa sapiente miscela di dettagli autentici e di romantica idealizzazione ad aver reso la sua visione degli anni '50 così potente, iconica e, paradossalmente, immortale.

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