Anteprima

Tomb Raider

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a cura di Mugo

Londra – L’annuncio dell’aggiunta di una modalità multiplayer nel reboot di Tomb Raider ha suscitato la curiosità di tutti gli addetti ai lavori. Quella della bella Lara, infatti, è una serie squisitamente singleplayer, una serie che ha come cuore della sua esperienza ludica lo sviluppo della storia e l’esplorazione di ambientazioni suggestive, difficile dunque immaginarne una trasposizione per più giocatori. La sfida che hanno deciso di affrontare i ragazzi di Eidos Montreal (ai quali è stato affidato il comparto multigiocatore) non è certo da poco e, per scoprire come stanno andando le cose in vista dell’ormai prossima distribuzione del titolo, siamo volati a Londra per impugnare il pad e vedere cos’hanno in serbo per noi gli sviluppatori canadesi. 

Una necessaria evoluzione 
Inutile negarlo, dopo i primi, folgoranti, capitoli capaci di cambiare per sempre il mondo dei videogiochi, la serie di Tomb Raider non è riuscita a mantenere il livello qualitativo ai livelli degli esordi. I motivi di questo percorso sono dovuti a molteplici fattori, tutti a spingere verso l’esigenza di un rinnovamento che, sebbene rispettoso delle origini, sapesse riportare l’archeologa britannica ai fasti di un tempo. 
Durante la presentazione ci è stato spiegato che la struttura del gioco è stata costruita attorno a tre pilastri principali: il platforming (ora più preciso e dinamico), i puzzle ambientali (basati sulle interazioni con gli elementi naturali), ed il combattimento (completamente riscritto in direzione di una maggiore libertà). Come avrete già potuto intuire dalle nostre precedenti anteprime, si tratta di una ricetta che sembra capace di portare al passo coi tempi la serie senza snaturarla, un’attualizzazione quanto mai necessaria. Ma come si inserisce in tutto questo il multiplayer? Beh, il cuore di Tomb Raider è rappresentato senza ombra di dubbio dalla storia di Lara e dalle sue avventure, ma la bella protagonista non è sola nel suo esplorare l’isola, con lei ci sono altri sopravvissuti, contro di lei non pochi malintenzionati, due fazioni che prima o poi dovranno pur incontrarsi. 
La logica dell’asimmetria 
Due fazioni dunque, sopravvissuti e scavengers, ognuna con le sue peculiari abilità e con i suoi particolari obiettivi. Ad affiancare le più classiche modalità di gioco quali il tutti contro tutti ed il deathmatch a squadre, avremo infatti delle specifiche tipologie di scontri pensate per creare delle situazioni asimmetriche in maniera da mantenere una certa credibilità rispetto alle premesse narrative del titolo. Abbiamo potuto mettere le mani su quella che ci è sembrata una variazione sul tema del cattura la bandiera, nella quale una squadra, quella dei sopravvissuti, aveva l’obiettivo di recuperare cinque casse di medicinali distribuite per la mappa evitando la compagine avversaria, gli scavengers, intenti a totalizzare venti uccisioni. Ad una prima occhiata può sembrare che i due obiettivi siano sbilanciati, ma qui entrano in gioco le diverse capacità delle due squadre: gli scavengers, infatti, per riuscire ad uccidere un avversario devono farlo in due tempi, prima atterrandolo, poi finendolo con un attacco corpo a corpo. E’ un’operazione che richiede più perizia di quanto sembri visto che i sopravvissuti possono continuare a sparare da terra e, soprattutto, possono essere aiutati dai loro compagni di squadra dotati di una pratica dose di medicinale per rimetterli in sesto. Il fatto che le casse da recuperare compaiano una per volta, poi, fa sì che si possano sviluppare interessanti situazioni a base di trappole e tattiche di squadra, situazioni nelle quali la collaborazione tra i partecipanti è l’ingrediente capace di fare la differenza. 
Ci si potrebbe ora chiedere come venga assicurata l’equità delle partite vista la differenza tra le esperienze a seconda che si vestano i panni di soccorritori o scavengers, semplice, i ruoli si invertono ogni round mentre in quello decisivo saranno i giocatori a decidere cosa dovrà fare la propria squadra semplicemente facendo valere il proprio voto. 
Una struttura familiare 
Se la modalità provata è un’interessante variazione su un tema conosciuto, la struttura del comparto multiplayer è decisamente più tradizionale nella sua gestione di livelli e abilità speciali grazie ad un sistema di punteggi che fa sì che i giocatori guadagnino esperienza e possano così sbloccare la possibilità di assicurarsi nuove armi, nuovi perk e nuovi potenziamenti. L’arsenale è tutto sommato eterogeneo anche se forse non vastissimo: si va dalle normali pistole ai fucili a pompa passando per lanciagranate e mitragliatrici, il tutto condito con mine di prossimità, flashbang ed arco e frecce. Ogni giocatore ha poi a sua disposizione due slot da riempire con dei perk capaci di migliorarne la resistenza, aumentarne la velocità, e via dicendo lungo un percorso già familiare per tutti noi. 
Quanto detto fin’ora non può che essere inserito tra le note positive, del resto si tratta di aggiunte ben accette e soprattutto che non stonano per niente all’interno di una visione di insieme sul prodotto, dove però le cose si complicano è sul fronte della giocabilità vera e propria.Quando ci si butta nella mischia, è difficile non accorgersi dell’origine singleplayer del sistema di controllo, un sistema che non sembra particolarmente adatto alla freneticità degli scontri con altri giocatori umani. A questo vanno aggiunte delle imprecisioni nella gestione delle hitbox e, soprattutto, la generale sensazione che i propri comandi non ottengano una risposta pronta dal software, tutti aspetti che non rovinano l’esperienza ludica, ma certo la rendono meno godibile. Sappiamo poi che il tempo a disposizione degli sviluppatori è praticamente finito, visto che siamo veramente agli ultimi giorni prima della fase di revisione del prodotto e non c’è più spazio per le migliorie dell’ultimo momento, guardiamo quindi con speranza ad un continuo supporto successivo al lancio che vada a sistemare le asperità di un multiplayer che, al netto di queste, sarebbe anche capace di convincere pienamente. 
Intervista a Joe Khoury, Eidos Montreal 
Spaziogames: Com’è nata l’idea di inserire una modalità multiplayer in un gioco storicamente pensato per l’esperienza in singolo? 
JK: Devo dire che noi per primi ci siamo chiesti se ci fosse il posto per il multiplayer, sai, non volevamo fare una cosa tanto per farla e crediamo che non tutti i giochi ne abbiamo bisogno. Però, dopo averci pensato su, abbiamo capito che questa era proprio la volta buona per inserirlo, cogliendo l’occasione del reboot. Giocando alla campagna principale viene voglia di condividere le proprie esperienze con gli amici, ed il modo migliore per farlo e giocarci insieme! 
SG: Avete utilizzato gli assets della campagna principale o ne avete creati di nuovi? 
JK: Abbiamo preso ovviamente molto materiale dai nostri colleghi che lavorano sulla campagna, si tratta di assets davvero di qualità. C’è però un aspetto che abbiamo dovuto creare da zero, le mappe, che chiaramente richiedono un approccio a se stante sotto tutti i punti di vista. Per il resto usiamo gli stessi colori e le stesse textures della campagna, il feeling generale sarà il medesimo. 
SG: Oggi abbiamo giocato alla vostra versione del cattura la bandiera, cos’altro avete in serbo? 
JK: Tu hai giocato alla modalità Rescue e, proprio come dici, si tratta fondamentalmente di un cattura la bandiera adattato alle tipicità di Tomb Raider. La nostra idea è che il multiplayer debba essere accessibile anche a chi di solito si ferma alla campagna, non pensiamo di competere con titoli come Call Of Duty. La nostra idea è di dirigersi anche a chi, da appassionato della serie, voglia continuare a giocare con i personaggi conosciuti ed apprezzati nella campagna. Per quanto riguarda le altre modalità uniche non posso dirti niente di più, ma hai già capito che si tratta di variazioni sul tema! 
SG: Giocando abbiamo notato la presenza di due tipologie di partite, ranked e casual, quali sono le differenze? 
JK: Le partite ranked sono valide per partecipare alle classifiche online, mentre se giochi casual i tuoi risultati non vi vengono registrati. Per il resto dal punto di vista del gameplay non cambia niente, l’esperienza di gioco è identica, anche i salvage points ed i punti esperienza vengono dati alla stessa maniera. 
SG: Come funzionerà la progressione dei personaggi? 
JK: Durante le partite puoi guadagnare i salvage points compiendo determinate azioni o aprendo delle casse che si trovano nelle mappe, per poi utilizzarli per comprare nuove armi. I punti esperienza, invece, faranno salire di livello gli utenti, che potranno così sbloccare nuovi personaggi e soprattutto godere di un matchmaking equilibrato in grado di farli giocare con altre persone del loro stesso livello. Tra i personaggi sbloccabili ci sarà anche Lara, avevamo pensato di non includerla, ma poi ci siamo accorti che non se ne poteva fare a meno! Devo dire però che non ci sarà alcun vantaggio in termini di gameplay nello sceglierla, visto che ogni personaggio avrà le medesime capacità e starà poi al giocatore modellarlo sul suo stile di gioco cambiandone l’equipaggiamento. 
SG: Giocando la campagna principale si sbloccheranno dei contenuti per il multiplayer? 
JK: No, le due modalità sono completamente separate ed i percorsi per sbloccare nuovi contenuti sono diversi, così come gli achievements. Secondo noi si tratta di due esperienze separate anche se unite da un filo conduttore. 

– Modalità interessanti

– Il multiplayer sarà un valore aggiunto

Dalla nostra trasferta londinese appare fugato il rischio che il multiplayer di Tomb Raider fosse un’aggiunta priva di ragione d’essere. Provandone una modalità per un’oretta, anzi, abbiamo potuto apprezzare la maniera in cui gli sviluppatori sono riusciti a dare la loro visione su un grande classico del genere come il cattura la bandiera. Purtroppo, però, dobbiamo registrare alcuni evidenti difetti per quanto riguarda i controlli e la pulizia dell’esperienza, difetti che speriamo vengano corretti con una patch successiva all’uscita del titolo.

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