Anteprima

The Last of Us

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a cura di AleZampa

Los Angeles – Non c’è ormai casa di produzione cinematografica, rete televisiva o casa editrice che non abbia nel suo catalogo delle produzioni dedicate a sviscerare cosa succederebbe se il nostro mondo fosse afflitto da chissà quale catastrofe naturale, epidemica o dall’immancabile apocalisse zombie. Non fanno ovviamente eccezione i videogiochi, che anzi già in tempi non sospetti contribuirono a creare un immaginario ben preciso di sopravvivenza a tali eventualità, formato da cassapanche comunicanti, telecamere fisse, e vasi contenenti piantine colorate da combinare a piacimento. A cercare di portare questo particolare concept ad un livello successivo ci sta provando Naughty Dog, che con The Last of Us vorrebbe provare ad affrontare la questione sotto un nuovo punto di vista: quello delle relazioni personali tra i due protagonisti.

The Walking PalCiò che infatti ci colpì subito già dal primo trailer, furono, oltre alle parole scambiate tra Joel ed Ellie, sopratutto i loro sguardi, la loro intesa, la comunicazione non verbale, capace di essere efficace e potente tanto quanto una sagace linea di dialogo. Affrancatisi infatti dal figliol prodigo Nathan Drake e dalla sua aria scanzonata e leggera, i ragazzi di Naughty Dog hanno cambiato totalmente registro, imbandendo una tavola fatta di tensione, di compromessi e di lotta palmo a palmo per la vita. I due protagonisti infatti sembrano più assomigliare al prodotto dei compromessi ai quali sono dovuti scendere per sopravvivere piuttosto che ai classici archetipi dei personaggi di videogiochi, elemento che ovviamente eleva il tono della produzione ad un livello più maturo. La presentazione a porte chiuse a cui abbiamo potuto assistere, nella calma di una confortevole saletta poco frequentata, è stata la stessa mostrata alla conference Sony qualche giorno fa, ma in realtà ci è sembrata totalmente diversa. Avendo molto più tempo a disposizione infatti gli sviluppatori hanno potuto affrontare le quotidiane sfide a cui sono sottoposti i due protagonisti con un approccio differente e più ragionato, dando vita a percorsi, scelte e conseguenza molto diverse, quantomeno sul piano del gameplay.

I Will SurviveDimenticate le atmosfere anni settanta, in The Last of Us è tutta una questione di sopravvivenza. Pura e semplice. Come precedentemente detto, nei panni di Joel, con Ellie sempre a seguire i nostri passi, dovremo farci strada in un mondo difficile e tornato indietro, sul piano della civiltà, di centinaia d’anni, dove una non meglio specificata pandemia ha letteralmente devastato il genere umano, cambiando per sempre la faccia del mondo. Uno degli aspetti più importanti, se non il più importante dell’intera produzione, è proprio il rapporto che hanno i protagonisti con il mondo che li circonda e con gli altri sopravvissuti, e le scelte che devono compiere ogni giorno per sopravvivere. Joel è un uomo di circa quarantanni che ha bene presente come fosse il mondo prima del suo precipitoso declino, mentre Ellie, poco più che dodicenne, non ha chiari ricordi di come fosse la vita prima di questa continua ricerca della sopravvivenza. A detta degli sviluppatori infatti, sarà proprio questo uno dei motori principali dell’intera vicenda, che giustificherà il comportamento dei due personaggi fin nel profondo, modificando le loro relazioni con gli altri sopravvissuti e il loro modo di comportarsi.

First I was afraid, I was terrifiedSe avete letto “The Road” di Cormack McCarty sapete bene quanto potrebbe essere difficile provare a sopravvivere in un territorio nel quale provviste, risorse, munizioni o anche solo semplici strumenti e attrezzi siano in costante diminuzione o in totale carenza, trasformando ogni oggetto trovato per strada in un vero e proprio tesoro. Seppure le ambientazioni siano più leggere e meno estreme del suddetto romanzo, il contesto generale rimane praticamente invariato e questo non può non ripercuotersi direttamente sul gameplay del titolo Naughty Dog. Ogni volta che ci troveremo a esplorare qualche area infatti ci verrà indicata a schermo la possibile interazione con un oggetto delle scenario, sia esso una bottiglia, un mattone o anche degli antibiotici trovati nel cassetto di qualche scrivania. Ogni area che andremo ad esplorare offrirà soluzioni diverse e varie, dipendenti non solo dal nostro stile di gioco, ma anche da come più in generale decideremo di affrontare l’umanità sopravvissuta. Evitare un gruppo di nemici distraendoli per poi sgattaiolare via da una finestra, affrontarli a testa bassa accettando i rischi che questo comporta, o cercare di ucciderli uno per uno sarà solo e solamente una nostra decisione, che dovrà essere bilanciata dal fatto che noi non siamo un giustiziere mascherato o un eroe di altri tempi, ma un uomo comune che deve sopravvivere in un mondo difficile. Proprio per questo, ogni colpo ricevuto, ogni proiettile che spariamo ed ogni mossa compiuta dovrà essere ponderata molto attentamente, perché avrà sicuramente delle conseguenze. Nella demo visionata ad esempio, nonostante Joel avesse una pistola, i colpi sparati sono stati meno di cinque o sei, ed esplosi solo in situazioni limite, perché trovare munizioni non è sempre facile. Sarà molto più semplice vederlo avventarsi su qualche nemico armato di un sasso piuttosto che di un tubo, e finirlo con una cruenza che solo ad uno sguardo superficiale potrà sembrare gratuita, perché in fondo non si tratta altro che di sfogare la propria rabbia verso un esistenza sempre in bilico e sulla corda. Dicevamo della demo: i percorsi e le azioni intraprese dal tester nella nostra dimostrazione sono state totalmente differenti da quelle viste in precedenza, e sono un perfetto esempio di quello che il gameplay ci potrà offrire una volta che il titolo verrà distribuito. L’approccio utilizzato è stato più ragionato, e anche nei momenti più concitati non ci è mai parso di trovarci in situazioni da film d’azione con qualcuno e che esce da una porta sparando all’impazzata, ma era anzi bene evidente un comportamento prudente da parte di tutti i soggetti coinvolti, impegnati innanzitutto a non morire. L’interfaccia è decisamente minimale: nelle sezioni esplorative sarà anzi del tutto assente ad eccezione dei momenti in cui troveremo un oggetto con il quale interagire, e in generale si limita ad un indicatore di vita posizionato in alto a destra, a cui si accompagna l’icona della nostra arma, se ne abbiamo una, e il numero dei bendaggi a nostra disposizione. Per mantenere il focus su quanto sia difficile sopravvivere in condizioni così estreme, è bene ricordare che la nostra vita non si rigenererà automaticamente, costringendoci a trovare specifiche medicine o particolari bendaggi per le nostre eventuali ferite.

Kept thinking I could never live without you by my sideA livello tecnico, e sopratutto concettuale, The Last of Us non è meno che strepitoso. La qualità delle ambientazioni, ma sopratutto la cura con cui la devastazione della nostra civiltà è rappresentata curata in ogni dettaglio, e contribuisce a creare un’atmosfera davvero credibile. Nelle sequenze da noi visionate, aliasing e shimmering erano fin troppo evidenti per non essere sistemati in fase di ottimizzazione, mentre animazioni, routine comportamentali e modelli fisici sono apparsi da subito realizzati con cura certosina. Joel ed Ellie non sono i classici protagonisti di videogiochi (o film d’azione) che servono solo a fare da avatar al fruitore occasionale, ma sono entità credibili che si comportano in base ad un background ben preciso. I loro atteggiamenti, il motion capture, e in generale il loro modo di comportarsi è quello che ci si aspetterebbe da persone normali in quella situazione. Vedere Elli coprirsi le orecchie quando il Joel spara, o avere un attimo di indecisione nel fissare il sangue di un uomo appena ucciso è un toccasana per il mondo dei videogiochi, che forse sta capendo che il tempo dei personaggi vuoti e poco credibili sta declinando. Per rendere ancora meglio il senso di attaccamento e di reciproco bisogno e aiuto dei protagonisti gli sviluppatori hanno pensato di togliere qualsivoglia controllo sulla nostra piccola compagna, lasciandola agire sempre da sola in base a delle elaborate routine comportamentali, volte a farla agire in totale accordo al suo carattere ed alla sua personalità. I suoi aiuti nel momento delle azioni più concitate, come il rivelarci la posizione di un nemico, il distrarlo facendo rumore, o il colpirlo per farci guadagnare tempo saranno totalmente una sua decisione, e questo sarà, in termini di gameplay, legato a come invece ci comporteremo noi. Esattamente come riceveremo degli aiuti però ci sarà la possibilità che lei venga vista e scoperta al posto nostro, aggiungendo quel briciolo di tensione derivata dal non avere il minimo controllo sul suo comportamento.

– Atmosfera stupefacente

– Gameplay convincente

Se non si fosse capito dalle migliaia di parole spese finora, The Last of Us ci ha colpito. Anzi, non ci ha solo colpito: ci ha entusiasmato. La maturità della narrativa trapelata fino a questo punto, gli atteggiamenti più che credibili dei due protagonisti, il continuo senso di tensione derivante dalla presenza di persone ostili, dalla fragilità della nostra persona, e dalla vita che dipende da noi ci lasciano con un desiderio sempre più forte saperne e vederne di più. Questo concept è oltretutto supportato da un livello tecnico eccellente, che siamo certi non potrà che migliorare da qui alla sua release. Rimanete con noi per stare sempre aggiornati su un titolo che potrebbe essere il primo, vero, survival game a tutto tondo.

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