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The Deer God

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 31/12/2014 alle 00:00
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Se esistesse un girone infernale per i cacciatori, probabilmente sarebbe rappresentato dalla forzata reincarnazione in un esponente della specie a lungo presa di mira e vessata. Se nella tua miserabile vita hai ucciso un cervo, nel momento in cui morirai sarai costretto a rinascere sottoforma di cerbiatto, così da comprendere fino in fondo cosa significhi affrontare un’esistenza irta di pericoli, che hai deciso di stroncare con una pallottola senza alcuna esitazione. La premessa narrativa di The Deer God è esattamente questa, e fa da apripista a un’avventura che è destinata a mutare a ogni partita intrapresa dal giocatore.
Io rinascerò…
Un cacciatore appostato presso un fuoco da campeggio prende la mira, cerca di mettere a fuoco il suo obiettivo e infine spara, ma uccide per sbaglio un cucciolo. I lupi gli sono addosso e lo sbranano, come per una vendetta della natura che viene compiuta all’istante. L’attimo successivo, l’uomo si ritrova al cospetto del dio cervo, che lo giudica severamente e gli dà la possibilità di redimersi reincarnandosi in un cerbiatto, che deve cavarsela da solo in mezzo alla natura selvaggia, dove ogni animale e ogni asperità ambientale può uccidere rapidamente. Si parte da qui, in un mondo realizzato in pixel art 3D sulla falsariga – meno spartana – di titoli come Sword and Sorcery, capace di avvantaggiarsi della riproduzione casuale degli ambienti a ogni nuova partita. Morire in The Deer God è infatti piuttosto frequente, pertanto ripetere le stesse sessioni con la medesima scenografia sarebbe stato davvero controproducente per i ragazzi di Crescent Moon Studios, che hanno optato per la generazione random dell’ambiente in modo tale da contravvenire alla mancanza di livelli separati e ben distinti. Muoversi in The Deer God è un continuum che si interrompe solo nei momenti in cui si ha la necessità di risolvere qualche puzzle elementare, solitamente spostando blocchi da un punto all’altro; ma per il resto, il giocatore dovrà semplicemente cercare di vivere il più a lungo possibile, affrontando le diverse fasi di crescita del suo alter ego. Da piccoli, tutto ciò che si può fare è scappare via e rifugiarsi dietro le barriere artificiali e naturali, ma quando il cervo diventerà più grosso e metterà su le sua rigogliose corna, arriveranno anche potenziamenti che permettono di lanciare sfere infuocate che aiutano non poco quando la situazione si fa davvero complessa da gestire.
…Cervo a primavera
In The Deer God, insomma, bisogna per la maggior parte del tempo correre via dagli animali feroci e saltare crepacci, evitare alte fiamme e ostacoli, in un susseguirsi di azioni elementari che possono per certi versi ricordare la formula vincente – ma sin troppo abusata – messa in atto dagli endless runner. Tuttavia, bisogna ammettere che le similitudini con questo sottogenere terminano qui, perché i movimenti sono pienamente nelle nostre mani e c’è in effetti un valore artistico ben più alto di quei giochi fotocopia mordi e fuggi. La crescita del cervo è scandita anche dall’alternarsi delle stagioni, con punti del percorso che gradualmente passano dal caldo torrido e secco dei canyon in piena estate, al gelo di tempeste di neve che si abbattono contro paesaggi in cui pare non esista più nessuna forma di vita. Durante questo viaggio di crescita e scoperta non c’è mai un momento per stare tranquilli, perché verrete attaccati da puma selvatici, grossi rapaci, lupi e tutta la fauna locale che si presenterà numerosa e varia al cambiare del clima, assieme a cacciatori che spareranno coi loro fucili, ignari del fatto che ad abitare il corpo di quel cervo è proprio l’anima di un loro simile. È possibile anche ascoltare cosa hanno da dire i personaggi – umani o animali che siano – e venire così a conoscenza di attività secondarie da compiere, o sbloccare nuove abilità. Nell’accesso anticipato con cui ci siamo cimentati, in verità di abilità e missioni alternative ce n’erano ben poche, e tutto il fulcro del gioco pare decisamente basato sullo spostamento orizzontale e qualche salto da effettuare tutte le volte che lo scenario lo richiede. 
C’è indubbiamente del fascino in The Deer God, rappresentato principalmente dalla sua storyline oscura, da alcuni elementi architettonici antichi e di natura sconosciuta in cui si agisce per risolvere i puzzle, e dalla spinta che si ha nel voler capire quale sarà il destino dell’uomo che si è reincarnato in un cervo. Bisogna sopravvivere, soprattutto, ma anche comprendere fino in fondo in che modo il karma ha deciso di offrirci la pariglia.

– Pixel art 3D ben realizzata

– Premessa narrativa interessante

– presenza di abilità e side quest

The Deer God ha ancora qualche bug di troppo e mostra il fianco a una ripetitività di fondo che potrebbe trasformare il titolo in un prodotto adatto solo per essere fruito durante brevi sessioni. La scelta della pixel art 3D, se da una parte rende alternativo e gradevole il modo di rappresentare il mondo di gioco, dall’altra non permette sempre di distinguere a sufficienza tutti gli elementi presenti su schermo, e quando questi ultimi sono di disturbo o capaci di influire negativamente sulla salute del protagonista, si capisce come questo possa diventare spesso un problema non da poco. The Deer God può insomma rapire per qualche partita, ma restano forti dubbi sulla qualità e la quantità di contenuti.

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