Parigi – Allo scorso E3 la conferenza di Ubisoft fu uno dei momenti migliori dell’intera fiera: diversi nuovi capitoli di franchise importanti, una nuova IP con potenziale notevole (si Watch Dogs, stiamo guardando proprio te) e un ritorno che ha sorpreso e lasciato francamente più frastornati di quello che ci si sarebbe dovuti aspettare: Splinter Cell. Così su due piedi, la breve demo mostrata in quell’occasione aveva decisamente colpito: un comparto tecnico rivisto e migliorato sensibilmente rispetto al predecessore Conviction, nuovi elementi di gameplay e un altissimo tasso di spettacolarità. E’ stata forse proprio questa dimostrazione di forza a stranire i fan di vecchia data, che si ricordavano un Sam più riflessivo e sopratutto furtivo di quello mostrato in quel di Los Angeles. Da allora sono passati parecchi mesi, e, invitati a Parigi, abbiamo potuto finalmente provare con mano due missioni del prossimo Blacklist, il ritorno sulle scene di Sam Fisher.
Una Nuova MinacciaUna breve contestualizzazione degli eventi è d’obbligo prima di iniziare a raccontarvi le nostre impressioni sul titolo: sono passati sei mesi dagli avvenimenti di Conviction e ancora una volta Sam è stato richiamato in servizio per togliere le castagne dal fuoco al governo americano. La minaccia è questa volta costituita dagli Engineers, una cellula terroristica che ci viene introdotta nel corso della presentazione con una sorta di filmato di rivendicazione di una serie di attentati ai danni degli USA. A contrapporsi ai nuovi super cattivi ci sarà il gruppo chiamato Fourth Echelon, di cui Sam è alla guida. E’ una prima assoluta per il protagonista dei romanzi di Tom Clancy, che anziché agire da lupo solitario dovrà questa volta coordinare un intero team, il che porterà a ripercussioni sia sullo sviluppo del personaggio che in termini di gameplay.
Stili per tuttiLa breve dimostrazione a cui assistiamo serve anche per introdurre meglio i diversi stili di gioco utilizzabili nel corso del nostro gameplay: provando il titolo infatti ad accontentare il più grande numero di giocatori possibili (e solo in fase di recensione scopriremo sia se questo obiettivo è stato raggiunto e con che esiti), non ci sarà un modo giusto o sbagliato di approcciare una missione, ma solo tre stili di infiltrazione, chiamati Ghost, Panther ed Assault, che di fatto ci daranno un’idea di come il nostro Sam Fisher abbia interpretato il suo compito. Cercare di riempire al 100% l’indicatore Ghost (alla fine di ogni missione appariranno infatti tre indicatori che si riempiranno in base alle nostre azioni) vorrà dire giocare alla vecchia maniera, cercando di evitare qualsiasi contatto con le guardie e passare come un’ombra, o meglio, un fantasma, senza lasciare la minima traccia. Il contatore Assault invece, come facilmente intuibile, si riempirà ogniqualvolta affronteremo i nemici a viso aperto, comportandoci più in stile Rambo che da infiltrato, mentre la terza categoria, chiamata Panther, è quella via di mezzo che gli stessi sviluppatori hanno individuato come più adatta al tipo di gioco, che rispecchia cioé meglio la volontà e l’approccio alle missioni che Sam Fisher dovrebbe avere.
Giocare da Panther vorrà dire agire sì nell’ombra, ma anche colpire al momento opportuno, uccidendo magari una guardia silenziosamente e occultandone il corpo prima che venga scoperto nei pattugliamenti dei suoi compagni, oppure superare i passaggi più difficili utilizzando la spettacolare meccanica del killing in motion, che ci permetterà di eliminare in una sola azione diversi nemici quasi contemporaneamente. Per intenderci, se dovessimo categorizzarlo in qualche modo, lo stile usato per la demo che ha svelato al grande pubblico il gioco è in perfetto Panther gameplay. E’ necessario però precisare che non esiste un modo giusto o sbagliato di affrontare le missioni, e che ognuna delle azioni che determinerà la vostra valutazione finale dipenderà dal contesto nel quale vi trovate, e avrà ovviamente i suoi pro e i suoi contro: se infatti giocare da Assault vi permetterà di non dover pianificare alcun tipo di strategia, avrà come lato negativo l’estrema esposizione ai proiettili nemici, che ad alti livelli di difficoltà saranno decisamente letali. Dall’altro lato, giocare da Ghost o Panther richiederà una strategia attenta ed un’esecuzione precisa, ma, se interpretate a dovere, raramente vi troverete sotto il fuoco nemico. Altra importante novità introdotta in questo Blacklist è il sistema economico: le vostre azioni, oltre a determinare lo stile, vi daranno una ricompensa economica (sempre più alta in base a particolari moltiplicatori influenzati, ad esempio, dalla precisione dell’azione o da una serie di uccisioni compiute in breve tempo), che sarà utilizzabile per migliorare non solo le abilità e l’equipaggiamento di Sam, ma anche comprare nuove armi o classi nelle modalità online o regalare nuovi upgrade a Paladin (che daranno benefici non secondari in game, come armi migliori, rifornimenti più frequenti o visuali speciali), la nostra base volante sulla quale torneremo a breve. Insomma, dopo il buon ma non entusiasmante Conviction, si vede che Ubisoft ha pesantemente messo mano al brand ascoltando i commenti della community (iniziate già da ora a dire addio agli spezzoni in bianco e nero), e lavorando molto sia sotto il profilo tecnico che su quello delle storytelling, cercando di offrire al giocatore una storia sempre più matura in grado di metterlo di fronte a scelte difficili.
C.I.A. SafehouseCome vi dicevamo, abbiamo avuto modo di provare due diverse missioni, la prima di “estrazione” (dovevamo cioè prelevare una nostra vecchia conoscenza dalle mani nemiche) e la seconda di infiltrazione vera e propria. A fungere da Hub ci sarà Paladin, un gigantesco e modernissimo aereo cargo che sarà di fatto la nostre base operativa. Sarà liberamente esplorabile, in stile Normandy, e ci sarà la possibilità di interagire con gli altri membri del gruppo, attivando così alcune missioni secondarie o specifiche per ogni personaggio. Al fine di immergerci il più possibile nella storia gli sviluppatori hanno cercato di eliminare i classici menù di selezione di missione ed equipaggiamento, usando come escamotage la Strategic Mission Interface, una sorta di gigantesco surface che ci permetterà di avere sott’occhio in un’unica schermata tutte le informazioni che ci interessano e dare il via alle varie missioni, o lavorare sul nostro equi e upgrade. Scelto il livello di difficoltà adatto al nostro desiderio di sfida (l’ultimo, per quanto non impossibile vi metterà realmente alla prova) ci siamo trovati in una Bengasi piena di insidie per il nostro Sam, che ha dovuto sfoderare tutto il suo arsenale per riuscire a non farsi sopraffare dagli eventi. Il gameplay di gioco è simile a quanto già visto nella serie, e possiamo considerarlo nello specifico un’evoluzione di quello già visto in Conviction. L’arsenale del protagonista, richiamabile tramite la pressione del d-pad, è quanto mai vario e utile in ogni situazioni, così come gli iconici visori, indispensabili per darci un punto di vista diverso della situazione aiutarci sul fronte tattico. Dopo aver aggirato il primo blocco di guardie ci siamo introdotti nella stazione di polizia nella quale era rinchiuso il nostro prigioniero, e, una volta liberato, siamo stati costretti ad uscire allo scoperto in una fase decisamente più action, nella quale, abbandonata la prudenza, dovevamo riuscire a farci strada tra i nemici difendendo l’obiettivo della missione. Il sistema di coperture è quello classico a cui questa generazione ci ha (ben) abituato, con la possibilità di saltare da un riparo all’altro, ove ovviamente possibile. Questa varietà di tipi d’azione all’interno delle missioni, riesce perfettamente a trasmettere il senso da spy-story, riuscendo a caratterizzare Sam come un personaggio oscuro che si muove nell’ombra, ma è sempre pronto ad affrontare l’azione quando necessario.
Abandoned MillDal sole africano passiamo invece a climi decisamente più europei, con ma seconda missione con la quale ci siamo confrontati. Il setting sotto il diluvio e all’interno di un edificio abbandonato è molto evocativo, e i riporta con la mente ad altri incipit memorabili. Seppur le meccaniche siano ovviamente sempre le stesse, in questa location abbiamo modo di mettere alla prova più seriamente le capacità di infiltrato di Sam, chiamato a infilarsi di nascosto in un camion che alcuni operai preparando per il trasporto. In questo caso ci è tornato utile un simpatico gadget in nostra dotazione, una sorta di drone radiocomandato in grado di darci non solo la visuale in prima persona dell’area in cui lo guideremo, ma anche di usare delle scosse elettriche che metteranno fuori gioco le guardie. A farci da antagonista in questa missione ci saranno anche alcune guardie armate più pesantemente di altre, alle quali non sarà possibile effettuate uccisioni frontali o dal lato, costringendoci a prenderle di sorpresa o dall’alto.
Bello da vedereDal punto di vista tecnico Splinter Cell: Blacklist ci è sembrato decisamente convincente, facendo segnare un buon miglioramento rispetto al suo predecessore. Le animazioni di Sam, vero fulcro del gameplay, sono sempre sembrate fluide, adeguate, e molto varie, così come gli ambienti (e sopratutto gli effetti ambientali) che abbiamo avuto modo di vedere. Difficile fare previsioni precise visti ancora i diversi mesi che ci separano dall’uscita dei negozi, ma appare evidente che sotto questo profilo il lavoro svolto da Ubisoft sia di primissimo piano. Qualche dubbio ce lo lascia l’intelligenza artificiale dei nemici, non sempre reattivi a gestire la situazione e in un paio di casi letteralmente impegnati a correre contro un muro. Confidiamo però nel fatto che almeno per il secondo caso si trattasse solo di un’ottimizzazione non perfetta del codice provato. Peccato solo per le animazioni facciali, che sono si precise nel lip-sync, ma appaiono eccessivamente fredde e vuote, come se si fosse puntato allo svolgere solo il compitino senza provare ad osare qualcosa di più in un aspetto che sicuramente non è centrale nello sviluppo del gioco, ma che avrebbe aiutato non poco la componente narrativa e di immersività del rientro sulle scene di Sam. Quello che ci ha favorevolmente colpito è stato il vedere le promesse degli sviluppatori rispettate, con un design dei livelli tale da garantire un’effettiva libertà d’azione (e di scelta) al giocatore, senza intrappolarlo in una varietà solo di facciata che lo obbligasse poi ad affrontare il livello in modi già prestabiliti.
– Missioni varie e adatte ad ogni stile di gioco
– Gran passo avanti in termini di tecnica
– Livelli ben disegnati
Possiamo dire senza timore di smentita che Splinter Cell: Blacklist ha brillantemente superato la prima prova su strada, fugando innanzitutto i dubbi sulla paventata deriva action messa in mostra nel trailer d’esordio. Sia chiaro, il gioco è oggettivamente più votato all’azione che in passato, seguendo un trend che sembra influenzare quasi tutta l’industria videoludica, ma quantomeno lo fa con garbo ed equilibrio, promettendo al giocatore sempre e comunque la possibilità di essere un vero e proprio fantasma. I due livelli visti erano disegnati con intelligenza, e se giocato ad alti livelli di difficoltà l’approccio stealth non è solo consigliato, ma quasi obbligatorio vista la ferocia dei nemici e il poco spazio all’errore della sparatoria in campo aperto. A questo aggiungete un comparto tecnico già molto buono e una storia che, per quanto certo non originalissima nell’incipit, promette quantomeno di mettere il giocatore davanti a scelte difficili.