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I Am Alive

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a cura di Pregianza

Pubblicato il 08/02/2012 alle 00:00
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Lo scenario post apocalittico è uno dei più sfruttati degli ultimi anni. Fallout 3 e Rage hanno scalato le classifiche, e sono moltissimi i titoli nei quali si impersona un burbero guerriero alle prese con mutanti e altre amenità dopo la fine del mondo. I prodotti realistici di questo tipo però, sono una novità quasi assoluta. Raramente ci è capitato di vestire i panni di un individuo “normale” in un videogame, men che meno alle prese con un pianeta in rovina, ed è anche per questo motivo che I Am Alive ha suscitato così tanto interesse tra la stampa videoludica quando è stato annunciato nel 2008. La creatura di Ubisoft è un vero e proprio survival game: niente superuomini impegnati a salvare il mondo, niente testate nucleari portatili, e niente mostri, almeno non nel senso “classico” del termine. Sarete solo una persona comune, desiderosa di ritrovare la sua famiglia scomparsa durante il disastro. Un bel cambio di direzione.
L’ho sempre detto che fare jogging mi sarebbe tornato utile dopo la fine del mondoL’avventura comincia all’incirca un anno dopo l’arrivo di una non meglio definita “calamità” che ha distrutto la civiltà moderna, lasciando solo rovine e polvere tossica ovunque. Il protagonista era lontano da casa per lavoro prima dell’apocalisse e, dopo un intero anno di viaggio a piedi, è finalmente riuscito a tornare al punto di partenza. Gran parte del gioco vedrà il vostro alter ego alla ricerca dei suoi cari in un ambiente ostile e desolato, dove la società ormai è a pezzi e gli altruisti si sono praticamente estinti. Non un bel posticino, specialmente se si considera che l’unica vostra arma all’inizio è una pistola scarica. Una delle caratteristiche più interessanti del gioco è il suo ritmo estremamente pacato: il personaggio principale si muove camminando, e il gioco spinge in parte a farlo perché correre consuma preziosa energia, indispensabile per ogni genere di attività. Gran parte dell’esplorazione è legata all’osservazione dell’ambiente circostante e all’uso oculato degli sforzi fisici. Molte zone sono irraggiungibili a piedi a causa della distruzione provocata dalla calamità, e sarete costretti a scalare per arrivarci, attività faticosa durante la quale rischierete di cadere nel caso in cui esaurirete tutta la barra legata alla fatica. Arrampicarsi è simile a quanto visto in Uncharted, ma eccedere nell’imitazione di Manolo è impossibile per il sistema dell’energia sopracitato, e saltare da un appiglio all’altro è un’azione pericolosa di cui non si può abusare. Se la barra si consuma completamente avrete qualche secondo di tempo per raggiungere una zona di riposo grazie agli “sforzi immani”, che bruciano perennemente parte dell’indicatore. Per recuperare l’energia persa in questo modo sarà obbligatorio nutrirsi, ma non è facile procurarsi cibarie in zone ormai razziate quasi del tutto. Infine, potrete riposarvi a metà strada trovando dei chiodi da scalata utilizzabili come appiglio. Su certe pareti è l’unico modo di giungere alla vetta.L’essere umano spesso dà il meglio di se nelle situazioni ostiche, ma non è sempre così, e un evento apocalittico può far saltare facilmente qualche rotella anche al più santo dei sopravvissuti. Il mondo di I Am Alive è quasi deserto, ma tra quei pochi che rimangono regnano la paura e la legge del più forte. Vagando tra le macerie capita di trovare superstiti. Alcuni saranno armati e in preda al panico, e sarà necessario tranquillizzarli allontanandosi lentamente per salvare la pelle, altri saranno molto aggressivi, e vi attaccheranno per ottenere le vostre scorte di cibo e acqua (per la verità quasi nulle). Queste fasi sono estremamente tese e pericolose, e un errore è più che sufficiente per perdere la vita, anche perché i danni sono realistici e un paio di coltellate mandano al creatore. In generale tutti gli scontri con i violenti si risolvono in una specie di mexican standoff, nel quale la tattica migliore è puntare la pistola, far indietreggiare i nemici e eliminarli con un calcio quando sono sul ciglio di un burrone. In assenza di grosse buche, l’unico modo di cavarsela è uccidere gli assalitori con un machete, cogliendoli di sorpresa quando si avvicinano troppo, o usare i pochi proiettili disponibili. Il rischio elevato di lasciarci la pelle rende molto importante calcolare in fretta il da farsi in questo genere di situazioni. In alcuni casi uccidere individui “forti”, farà scappare i compari, in altri eliminare rapidamente quelli armati di pistola vi garantirà di aver a che fare solo con gli elementi meno pericolosi e muniti di coltello. Sicuramente questa variante delle solite fasi sparatutto è interessante, e gestita degnamente dall’intelligenza artificiale (che oltre a essere aggressiva tornerà ad attaccarvi dopo troppo tempo sotto minaccia, pensando che siate senza proiettili), ma qualche problema con i controlli crea delle difficoltà. Ci è capitato di vedere nemici morire in ritardo dopo esser stati colpiti da un proiettile o di avere problemi di responsività con i controlli, cosa che ha permesso ai compagni del caduto di farci a pezzi. Forse è stata solo sfortuna ma, considerando che non abbiamo giocato molte ore, questi bug sono abbastanza preoccupanti. Inoltre queste fasi sono senza dubbio le più “deboli” dell’intera produzione, e risultano più ostiche e meno godibili di quelle esplorative, con il loro calmo calcolo delle arrampicate.  Molto peculiari anche le zone dove la polvere è fittissima, nelle quali l’energia non si rigenera ed è necessario raggiungere al più presto un luogo sopraelevato prima di soffocare. Tutti questi pericoli rendono il gioco molto più impegnativo della media, anche alla difficoltà base. Sprecare una risorsa al momento sbagliato può costare caro, e i continue sono limitati. Il numero di tentativi può aumentare aiutando i superstiti in difficoltà, ma farlo significa perdere risorse preziose come cibo, acqua o kit di pronto soccorso, quindi spetterà a voi decidere se essere eroici fino in fondo, o abbandonare quei poveracci alla loro sorte.

Atmosfera grandiosa, ma polvere ovunqueGraficamente I Am Alive usa l’Unreal Engine… male. Non pensate subito il peggio, il gioco ha un’atmosfera fantastica, estremamente cupa e d’effetto, anche grazie agli ottimi doppiaggi e alle cutscene divise tra classiche scene animate e filmati della malandata telecamera del protagonista. Anche le ambientazioni non sono male, seppur un po’ monocromatiche. Il problema sta nel livello di dettaglio, un occhio attento noterà subito la scarsa qualità dei modelli tridimensionali, per non parlare della totale mancanza di definizione di certe texture. La nebbia che circonda gran parte delle ambientazioni copre in parte questi difetti, ma basta avvicinarsi per notarli al volo. Non sappiamo su quante ore si aggirerà la campagna principale. Ad una prima impressione la varietà del gameplay sembra indicata per un titolo piuttosto corto e intenso (ipotesi avvalorata dalla sua natura di gioco a distribuzione digitale), ma è presto per dirlo.

– Meccaniche originali e molto interessanti

– Grande atmosfera

– Finalmente un’ambientazione post-apocalittica “realistica”

La nostra prima impressione di I Am Alive è sicuramente positiva. L’opera di Ubisoft Shangai è un titolo davvero unico, che ci ha incuriosito molto e al cui sviluppo siamo alquanto interessati. Vedremo se questo prodotto “fuori dal coro” risulterà un piccolo classico una volta limato a dovere.

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