Los Angeles – Qualche anno fa una giovane casa di sviluppo di nome Gearbox decise di gettarsi nell’affollatissimo mondo degli sparatutto in prima persona con un peculiare titolo di nome Borderlands, convinta che il genere necessitasse un po’ di innovazione, e che fosse il momento giusto per il lancio di un gioco atipico, in grado di mescolare elementi gdr e un complesso sistema di loot alle sparatorie. Gli analisti li diedero per spacciati, convinti che non avessero speranze in un campo dove la concorrenza era spietata e numerosissima, persino il noto Michael Patcher dedicò una puntata del suo show a questi ragazzi, convinto che Borderlands sarebbe stato il loro primo e ultimo progetto. Presero tutti una cantonata pazzesca. Il lavoro di Gearbox fu un successo notevole, una sorta di piccolo fenomeno di culto osannato dalla critica e dai videogiocatori che permise alla casa di ingrandirsi e di balzare agli onori della cronaca. Randy Pitchford e compari da allora sono cresciuti parecchio, e sono stati protagonisti di altre avventure videoludiche, tra cui la release piuttosto deludente di Duke Nukem Forever (peraltro non opera loro). Il loro progetto primario però è rimasto il seguito del videogame che gli ha permesso di arrivare dove sono oggi, Borderlands 2. Sarà davvero più grosso, profondo e baldanzoso del suo brillante predecessore?
Ninja, commando, o ninja commando?Nel luminoso stand di Take Two, siamo stati piazzati da alcuni producer in una postazione doppia, per provare in cooperativa con un altro giornalista le due classi non ancora rivelate del gioco, Axton il commando e Zero l’assassino. Abbiamo iniziato con Axton, più che altro per vedere se la classe più “comune” tra quelle disponibili fosse in grado di tenere testa ai compagni quanto a divertimento. La nostra impressione è stata positiva, ma il personaggio scelto non ci ha stupito più di tanto, se non altro per la notevole somiglianza con il soldato del predecessore. Axton può infatti piazzare una torretta simile alla Scorpio Turret, e la sua unica peculiarità risiede in una flessibilità maggiore nello sviluppo dei vari rami delle abilità. Di punti skill utilizzabili ne avevamo solo sedici durante la dimostrazione, ma sono bastati per testare una versione di Axton in grado di autopotenziarsi dopo le uccisioni e di guadagnare bonus vari dal posizionamento della torretta. Nettamente più interessante Zero, che può scomparire e colpire i punti critici dei nemici durante l’invisibilità per fare danni moltiplicati, e svilupparsi per potenziare combattimento corpo a corpo, capacità da ninja (tra cui la possibilità di creare copie esplosive dopo la scomparsa) o abilità di supporto correlate al danno del gruppo. La co-op funziona in modo molto simile a quanto visto nel capitolo precedente: ai giocatori viene lasciata totale libertà, ma è necessaria la presenza di entrambi per cominciare le missioni. La difficoltà aumenta sensibilmente con l’aumentare dei giocatori, caratteristica che costringe a collaborare attivamente per superare le quest. Nel nostro caso, la missione richiedeva di distruggere un buon numero di statue dorate del nuovo antagonista, Handsome Jack, su ordine del caro vecchio Claptrap. Compito in verità molto più difficile del previsto, considerando che ci siamo trovati di fronte a un numero pauroso di nemici dalla grande varietà, tra cui mech, ingegneri armati di lanciafiamme e tanti altri infamissimi avversari, tutti impegnati a distruggere un simpatico automa armato di laser che eravamo costretti a portarci appresso per mutilare le sculture del carismatico nemico. Tolte le nuove classi e i rami di sviluppo più complessi, il gameplay ci è parso praticamente invariato. Ogni classe è dotata di grande mobilità e di uno scudo sostituibile che si ricarica con una velocità variabile (e spesso rappresenta l’unica possibilità di salvezza, visto che la vita non si rigenera senza medpack trovati in giro). Migliorato sensibilmente il feeling delle armi, che ora risultano estremamente più uniche. Tutto ruota ancora attorno al loot, con un quantitativo smodato di armi dalle caratteristiche più disparate sparse per i livelli. La soddisfazione data dal miglioramento dell’equipaggiamento è ancora senza pari, e la frequenza delle armi droppate sembra essere aumentata nettamente, tanto che siamo riusciti a trovare un paio di oggetti viola (rari) poderosi nel giro di neanche trenta minuti di gioco. Nel primo Borderlands la “crescita” del loot rimaneva in linea con quella del personaggio, e manteneva elevato l’interesse per tutta la campagna, speriamo sia così anche nel seguito. Certo, un po’ di varietà extra nelle situazioni e nelle missioni non guasterebbe, ma Gearbox ha affermato di essere al lavoro su una campagna estremamente diversificata ed esagerata, dunque siamo fiduciosi.
Senza iper realismo vince lo stileBorderlands 2 è nettamente più colorito e dettagliato rispetto al primo capitolo. Si vede che gli artisti di Gearbox si sono impegnati molto per aggiungere una nota di colore al mondo di gioco, e per perfezionare al massimo lo stile cartoonesco del prodotto. Molto pregevole il miglioramento dell’intelligenza artificiale nemica, con soldati più attivi e mech aggressivi che si ritirano nelle barriere energetiche degli alleati se le cose iniziano ad andare male. Abbiamo visto un paio di nemici incastrati tra le strutture durante gli scontri a fuoco, ma c’è ancora tempo per le limature. I fan infine apprezzeranno sicuramente l’umorismo del gioco, sempre brillante grazie a personaggi over the top come Claptrap e il cattivissimo Jack, ulteriormente nobilitati da un doppiaggio impeccabile.
– Uno tsunami di loot
– Sempre divertente in cooperativa
– Nuove classi ben strutturate e più complesse
– Stile da vendere e notevole umorismo
Borderlands 2 mantiene indubbiamente tutte le caratteristiche che hanno reso il predecessore un titolo di culto, in un’avventura teoricamente ancor più enorme, divertente e perfezionata. Quattro nuove classi però non bastano a fare un grande seguito, dunque Gearbox dovrà dimostrare di aver per le mani un titolo impeccabile, in grado di sfruttare al massimo le brillanti meccaniche collaudate con il primo capitolo. Questo è uno dei giochi che attendiamo con più trepidazione, e speriamo davvero che rispetti tutte le aspettative che lo circondano. A Pitchford e soci il talento necessario a sfornare un altro successo dopotutto non manca.