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Bloodborne

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 16/03/2015 alle 00:00
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A pochi giorni dall’uscita di Bloodborne, abbiamo avuto modo di effettuare un’ultima prova che ha messo in luce alcuni degli aspetti fondamentali dell’ambiziosa opera di From Software. Dopo un paio d’ore passate all’interno della decadente e marcia Yharnam, le certezze sulla qualità globale del progetto si sono ulteriormente rafforzate, fino a far capire inequivocabilmente quanto attento e complesso si sia rivelato il lavoro degli sviluppatori. Abbandonare il pad e interrompere una sezione di gioco che ci aveva letteralmente inghiottiti non è stato per niente semplice, e nonostante potessimo aggirarci solo all’interno di una zona circoscritta, avevamo ancora molto da esplorare e da scoprire. Yharnam è incredibilmente ramificata, piena zeppa di vicoli, stradine, scale, passaggi nascosti e inaspettati punti di raccordo, a dimostrazione del fatto che la linearità è decisamente meno accentuata rispetto ai Souls.
E adesso vai, cacciatore
Il tutorial, oltre a lasciare ampio spazio alla personalizzazione del proprio alter ego, permette di selezionare delle classi camuffate da particolari epiteti adattati al mondo di gioco. Cambiano i nomi, ma non la sostanza, perché le diversificazioni tra l’una e l’altra mettono in evidenza piccole differenze tra i valori di partenza. 
Dopo essere morti la prima volta, si viene catapultati nel Sogno del Cacciatore, che è in sostanza l’hub attraverso cui è possibile potenziare il personaggio e salire di livello utilizzando il sangue ottenuto dai nemici sconfitti. Da qui è inoltre possibile parlare con alcuni NPC, ricevere le prime indicazioni sul sistema di combattimento e selezionare le armi iniziali. La nostra preferenza è caduta su un’ascia estensibile e sull’archibugio, ma è possibile anche armarsi di fioretto, che ha meno potenza fisica ma richiede uno spreco minore di stamina. Va immediatamente illustrata, a tal proposito, una meccanica di gioco che prevede il recupero progressivo dell’energia vitale ogni qual volta si va ad attaccare ripetutamente il nemico, ma solo se l’attimo prima si è subita un’aggressione. Si tratta di un modo per incoraggiare ulteriormente gli scontri a viso aperto, lasciando al giocatore la possibilità di creare un proprio equilibrio tra l’esagerata avventatezza e le reazioni morigerate. Con un’arma più rapida, chiaramente, si ha modo di infliggere potenzialmente un numero maggiore di colpi, ma farsi prendere la mano credendo di avere in pugno un avversario significa quasi sempre lanciarsi tra le fauci di un nemico famelico e assai imprevedibile. Le routine di attacco delle bestie infettate dal morbo sono talvolta discontinue, pertanto sarebbe sempre meglio studiarne un minimo la frequenza e la portata, prima di andare allo sbaraglio. In questo senso, viene mantenuta la necessità di avere sempre un livello di attenzione elevato, e sebbene la sezione da noi provata non desse la reale percezione del livello di difficoltà globale a cui si andrà incontro, l’impressione generale è che non ci saranno enormi variazioni rispetto a Dark Souls II.
Il moveset del personaggio è stato ampliato maggiormente e il sistema di combattimento ne beneficia non poco, dando così modo all’utente di affrontare le diverse situazioni con una varietà di approcci che in passato era certamente minore. Non abbiamo ancora visto gli scudi, ma sappiamo per certo che l’arma da fuoco in dotazione serve a spezzare le animazioni nemiche, impedendo di portare a segno un attacco o infliggendo nel migliore dei casi un temporaneo stordimento. L’uso dell’arma di supporto è fortemente consigliato contro nemici rapidi, aggressivi o quando si ritiene di non riuscire a schivare per tempo un assalto. Ma attenzione: quando si passa alla versione estesa dell’arma primaria, da imbracciare a due mani, è impossibile sparare. Si guadagna però qualcosa in più a livello tattico, perché il tasto adibito all’uso della bocca da fuoco serve in questo caso ad aggiungere una tipologia di attacco extra, che va a sommarsi agli altri. C’è insomma una maggiore possibilità di pianificare il proprio stile di combattimento, che può contare inoltre su una serie di attacchi misti da combinare, con cambi “al volo” tra la versione base dell’arma e quella estesa.
Bloodbath
La build da noi provata era quella definitiva, completamente in italiano (doppiaggio incluso), ma non ci è stato concesso di andare oltre il Chierico Bestia, che è già stato mostrato in diverse occasioni. Dopo averlo abbattuto, dunque, siamo ritornati indietro e abbiamo esplorato con attenzione i bassifondi di Yharnam Centrale, scoprendo un level design complesso e intricato, dove abbondano pertugi e viuzze nascoste da oggetti distruttibili dello scenario. Dal massiccio pontile che porta alla cattedrale e ai palazzoni gotici della città, siamo passati alle putride fogne in cui sbocciava la versione più virulenta del morbo, con la presenza di grossi topi rognosi e umani orrendamente mutati. È probabilmente qui che abbiamo avuto la migliore istantanea del lato artistico del titolo: Yharnam è infetta, malata, ributtante; un mondo perduto dove ci si sente terribilmente fuori posto e in costante pericolo. L’austerità delle sue complesse architetture, con guglie prominenti e strutture imponenti capaci di mettere in soggezione, fa da contraltare a un ventre avariato, putrido e sbranato dall’interno. E beninteso, si tratta solo del primo scenario.
La varietà dei nemici ci è sembrata ottima, così come ben diversificati sono apparsi i loro pattern di attacco. Il bilanciamento e la densità dei nemici a zona pare ben calcolato, e le lanterne (che hanno la stessa funzione dei falò) sono distanziate sempre con una certa oculatezza. Abbiamo notato inoltre che cadere da moderate altezze provoca una trascurabile quantità di danno, pertanto lanciarsi giù ed esplorare zone che sembrano raggiungibili in modi diversi, è un’azione che viene sempre incoraggiata. 
In quest’ultima peregrinazione nella parte iniziale di Yharnam, poi, abbiamo avuto modo di saggiare come la narrazione si affacci con discrezione. Oltre a qualche sporadico NPC che dà misurate informazioni sul mondo di gioco e su ciò che è accaduto, ci siamo trovati a bussare ad alcune porte, dietro le quali sono rintanati i cittadini impauriti e in preda alla disperazione. Si parla della “Notte della Caccia”, durante la quale è un atto di follia uscire allo scoperto, e di come ormai si faccia fatica a trovare un posto sicuro in cui potersi nascondere per sfuggire alle conseguenze della malattia che ha orrendamente trasfigurato Yharnam. Nonostante ci sia qualche indizio in più che vi lasciamo il piacere di scoprire a tempo debito, bisogna dire che il ruolo del protagonista, così come l’origine del morbo e tutto ciò che ruota attorno a esso, è ancora totalmente avvolto nel mistero. Tecnicamente non c’è molto da aggiungere: siamo agli stessi livelli dei filmati che sono circolati in rete durante questi giorni. La stabilità del codice è buona e la fluidità è accettabile anche quando la mole poligonale su schermo diventa importante.
Sono dunque arrivate solo buone sensazioni da Bloodborne? Tutto sommato, sì, e crediamo francamente che debba accadere una catastrofe di entità maggiore del morbo per farci cambiare idea su quello che sembra il titolo più ambizioso finora sviluppato da From Software. Non c’è stato modo di provare né di sapere nulla sulla modalità online; per quella, e per il nostro giudizio definitivo, vi diamo appuntamento la prossima settimana.

– Combat system e level design curatissimi

– Artisticamente è a un livello elevatissimo

– Le buone impressioni sono state tutte confermate

L’ultimo incontro con Bloodborne ci ha confermato tutte le ottime impressioni finora avute, e ci ha dato modo di approfondire le finezze del combat system e del level design, adesso completamente liberi da ogni limitazione tecnica. Il livello di difficoltà non ci è sembrato affatto brutale – ma potremmo sbagliarci – mentre sulla trama c’è ancora un pesante drappo nero che ne nasconde maliziosamente le forme più seducenti.

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