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Age of Wonders: Planetfall, l'inizio di una nuova era | Recensione

Abbandonato il fantasy, Triumph Studios proietta il suo 4X nel futuro

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Informazioni sul prodotto

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Age Of Wonders: Planetfall
  • Sviluppatore: Triumph Studios
  • Produttore: Paradox Interactive
  • Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH
  • Generi: Strategico
  • Data di uscita: 6 agosto 2019 edizione fisica

Cinque anni. Questo è il lasso di tempo necessario per passare dalla mitologia fantasy al lontano futuro fatto di galassie e pianeti inesplorati. Non lamentatevi troppo della puntualità di Age of Wonders: Planetfall. Per questa nuova iterazione della serie 4X Triumph Studios è stata infatti un fulmine e ha impiegato esattamente la metà del tempo intercorso tra il Age of Wonders II e Age of Wonders III. Insomma, stiamo insomma parlando di una software house che segue i suoi ritmi, ma cosa è successo durante questa assenza? Un fatto piuttosto significativo: Triumph Studios è finita sotto l’ala protettrice di Paradox Interactive, una garanzia quando si parla di strategici. Questa joint venture è foriera di opportunità e pericoli: da un lato la coordinazione con l’azienda di Stoccolma porta un prezioso bagaglio di esperienza, dall’altro finire accanto a titoli del peso di Stellaris – più o meno diretto concorrente spaziale – è di certo un bella sfida. Senza mezze misure Age of Wonders: Planetfall ha colto al balzo tanto i lati positivi quanto quelli negativi in questa collaborazione.

Abbandonati elfi, goblin e nani, Planetfall proietta il giocatore in un’ambientazione sci-fi dal sapore esotico, senza scadere nei soliti temi triti e ritriti affiancati a questo setting. C’è una storia di fondo che accomuna le sei razze, ben lontane dagli anonimi cliché del first contact e dell’esplorazione spaziale. Qui non è tanto il futuro quanto il passato a fornire sostanza alle civiltà, tutte frammenti di quella che una volta era la gloriosa Unione Stellare, un impero umanoide che nel corso dei secoli ha colonizzato e soggiogato intere costellazioni. Di quei giorni gloriosi resta ben poco ma da quelle radici sono nati i protagonisti di questa avventura, come i Vanguard, reduci degli ultimi esploratori spaziali, come i Kir’ko, fazione insettoide una volta schiavizzata dall’uomo e ora invece libera di colonizzare nuove lande con i propri nidi o, ancora, come i Dvar, industriosi cugini futuri dei nani.

Questi sono i presupposti alla base della campagna principale o, per meglio dire, delle varie campagne. Esse sono suddivise in una manciata di missioni dedicate ad alcune razze e ricuciono il filo tra il decaduto splendore e le future conquiste. Stiamo sempre parlando di un 4X, quindi non aspettatevi particolari colpi di scena o improvvisi plot twist. La storia si mantiene comunque sempre interessante, le partite sono intervallate da vari dialoghi e sono scandite da un sistema di missioni che va oltre ai soliti obiettivi del match sandbox, anche se nei pochi filmati e durante gli scambi di battute emerge una presentazione estetica abbastanza anonima. Uno dei principali meriti per questa modalità di gioco è di certo il tutorial introduttivo: Planetfall è un titolo abbastanza accomodante e semplice – al netto del genere di appartenenza – e ha dalla sua una UI capace di combinare una pregevole realizzazione grafica assieme ad una facilità di lettura, alla quale si unisce poi una introduzione approfondita e che tocca tutti gli aspetti principali del gioco. L’assenza della lingua italiana potrebbe rappresentare uno scoglio per chi non mastica un buon inglese, ma la chiarezza delle icone e degli indicatori è un ottimo antidoto a questo limite.

La campagna in singleplayer è molto di più che un semplice antipasto, ma è negli scenari casuali che l’opera raggiunge il suo massimo potenziale, libera da briglie pre-imposte da vincoli di narrazione. Prima di atterrare sul nuovo pianeta bisogna passare attraverso un ricco editor, nel quale definire la conformazione della mappa, le presenze nemiche, il livello di difficoltà e numerosi altri parametri che sottolineano l’alto grado di personalizzazione.

Proprio in questo frangente emergono però alcuni interrogativi, posti non tanto da Planetfall in sé ma nel confronto tra quest’ultimo e i titoli che hanno settato gli standard qualitativi nell’ultimo periodo, come ad esempio Stellaris ed Endless Space 2. È nel paragone con questi nomi che l’opera di Triumph Studios sembra a tratti anacronistica, legata ad una tradizione 4X ferma a dettami oramai superati. Prendiamo ad esempio in considerazione le razze e i comandanti. Le prime sono ben diversificate nei loro lineamenti estetici, nei loro sistemi di gioco e in fin dei conti le sei varianti sono sufficienti a garantire degli approcci originali. Su questo primo livello si innestano poi le caratteristiche del leader della fazione, anch’esso con tratti unici, perk differenti e una tecnologia che ne determina il percorso verso l’endgame. Dalla fusione di questi elementi deriva un quadro piacevole, ma che ha poco di innovativo: qualche bonus, delle truppe uniche e dei percorsi differenti nelle tecnologie, ma non si ha mai l’idea di avere fra le mani una potenza fatta su misura per le proprie esigenze, capace di evolversi durante i match e ricca di peculiarità come quelle dei già citati Stellaris ed Endless Space 2.

Non fraintendiamoci: Planetfall non è affatto un 4X brutto, ma è molto tradizionalista. Questo traspare anche nella fase gestionale, fatta dei canonici explore, expand, exploit, exterminate. Rispetto al precedente Age of Wonders III, oltre alle ovvie differenze di scenario, sono state adottati numerosi ritocchi, lasciando però intatta la struttura. Partiamo dagli spunti positivi: il pianeta e la diplomazia. Il suolo alieno non è una fredda distesa da conquistare e al contrario ha una sua storia che traspare attraverso le rovine di una civiltà perduta, popolazioni barbare in cerca di prede e alieni dall’aspetto poco rassicurante. Questi fattori hanno delle ripercussioni sul piano strategico, spesso i ruderi nascondono preziosi bonus ma sono allo stesso tempo difesi da insidie extraterrestri. I pianeti sono anche abitati da fazioni “neutre”, come gli Spacers o i Paragons. Queste non sono delle semplici forze passive, dei meri ostacoli verso la vittoria, ma intervengono in modo attivo turno dopo turno offrendo missioni e interagendo dal punto di vista diplomatico.

Parlando delle relazioni estere si nota immediatamente lo zampino di Paradox. Siamo distanti dalle finezze dei grand strategy sviluppati dalla software house, ma i passi avanti fatti in questo senso sono notevoli e le opzioni diplomatiche vanno ben oltre alla dicotomica guerra/alleanza. In questo contesto entra in gioco anche la struttura delle mappe, suddivise in vari distretti che, in modo fluido, possono passare da una fazione all’altra, fornendo così pretesti per dichiarare guerra. C’è il commercio, ci sono patti di non aggressione e di transito e anche lo spionaggio e i sotterfugi sono dei mezzi validi per perseguire i risultati auspicati.

Il lato gestionale presenta invece meno novità e resta con i piedi ben piantati nel solco tracciato da anni e anni di esperienza. Questo non sarebbe di per sé un problema, se non fosse per la meccanicità di alcuni sistemi che derivano dal precedente capitolo. L’espansione della propria civiltà non è infatti legata alla cura e allo sviluppo di pochi e ricchi insediamenti, ma si basa sulla proliferazione di una pluralità di colonie da gestire in modo indipendente con pesanti ricadute sulla microgestione, fra numerose – forse anche troppe – risorse da monitorare, una popolazione crescente e un’infelicità che si accumula mano a mano che si entra in contatto con altre razze. Volendo si può demandare alla AI la gestione delle singole città, ma questa scelta spesso si rivela controproducente. Per fortuna le regole del gioco sono abbastanza chiare sin da subito, il benessere economico della fazione è collegato con i distretti reclamati attorno alla colonia e il tutto è supportato da un’interfaccia che non nasconde mai nulla.

Sotto vesti differenti ritornano poi le operazioni – ai tempi si chiamavano magie, ma la sostanza resta la stessa – preziosi aiuti che entrano in gioco durante la fase strategica sotto forma di bonus permanenti o momentanei, nello spionaggio e durante le battaglie grazie a buff per le proprie truppe o tramite attacchi devastanti. La gestione non subisce grandi scossoni nel corso della partita, le uniche vere deviazioni prendono vita durante i già elogiati scambi diplomatici e la guerra è una sentenza da cui è impossibile sfuggire.

Ciò non significa che turno dopo turno ci si trovi dentro in un loop fatto unicamente di routine: i due alberi delle tecnologie – civile e militare – si differenziano in gran parte tra le fazioni e anche all’interno della stessa in base alle scelte iniziali. Nei vari rami c’è spazio un po’ per tutto, dalle nuove strutture alle operazioni, passando per truppe più letali, innesti per le armi e anche le tecnologie legate all’end game.

Un intero spazio dedicato al solo lato bellico è il primo indizio che lascia intravvedere la cura riposta in questo ambito. Forse è un azzardo, forse è un’esagerazione ma Planetfall presenta tante di quelle chicche durante le battaglie tattiche che queste da sole valgono il prezzo del biglietto. Prima ancora di scendere nell’arena la preparazione allo scontro rivela un ventaglio di opzioni sconfinato, che va ben oltre alle truppe messe a disposizione dalle varie fazioni. Tutte le unità possono infatti adottare e combinare fino a tre moduli aggiuntivi, innesti passivi e attivi che ne stravolgono le modalità di utilizzo. C’è il rischio di essere sopraffatti dall’abbondanza, fastidio comunque lenito dalla creazione di template per le proprie truppe, salvabili e replicabili in pochi click. Quello che resta è un esercito variegato e adattabile ad ogni evenienza, fatto di soldati terrestri, velivoli, motociclette, dinosauri, nani robotici, formiche psioniche e piromani dalla fine del mondo. Ogni manipolo può contenere un numero massimo di sei unità, cifra non proprio esaltante ma che aumenta sensibilmente quando le battaglie coinvolgono più forze alleate.

Senza scomodare paralleli ingombranti, le battaglie di Planetfall hanno un forte rimando a quanto visto nei recenti XCOM. Il solito sistema carta, forbice e sasso è un ricordo lontano e l’esito dei duelli è dato dall’incrocio di una pluralità di variabili, come le barriere difensive, gli assalti dai fianchi, il fuoco di copertura, le operazioni tattiche, gli status inflitti e subiti e le percentuali di riuscita degli attacchi che eliminano buona parte dell’aleatorietà degli scontri. A questo si somma poi uno scenario dinamico che può essere modificato facendo magari saltare in aria un barile esplosivo e creando delle trincee dal nulla. Inoltre, rispetto al passato la risoluzione automatica delle battaglie dà esiti più verosimili all’entità degli eserciti coinvolti ed evita così di dover intervenire ogni singola volta in prima persona. Anche in questo frangente le uniche piccole criticità derivano da un impianto grafico e audio non proprio impeccabile, fra animazioni che saltano ed effetti sonori a volte fuori sincro, ma nulla che non si possa correggere con una manciata di patch.

+ Un solido 4X...

+ Fase tattica perfettamente riuscita

+ UI chiara e leggibile

+ Tutorial lungo e molto esplicativo

+ Background narrativo interessante e ben sfruttato

- ... Ma non proprio rivoluzionario

- Qualche traccia di microgestione per unità e colonie

- Piccoli difetti nel comparto audio-visivo

8.0

Age of Wonders: Planetfall è un 4X decisamente solido, che nel proporre un’ambientazione agli antipodi rispetto allo standard della serie mantiene comunque intatto il buon feeling dei precedenti capitoli. In questa transizione sono state implementate numerose migliorie, figlie nella nuova collaborazione con Paradox Interactive – come per la diplomazia – ma frutto anche di Triumph Studios stessa, capace di creare una fase tattica decisamente appagante e ricca. Allo stesso tempo permangono però alcuni dei dubbi già sollevati con Age of Wonders III, soprattutto per una fase gestionale che oscilla tra il già visto e una microgestione abbastanza accentuata, su cui si stagliano inoltre le ombre di una concorrenza ingombrante e che durante l’assenza della saga ha alzano notevolmente l’asticella.

Voto Recensione di Age Of Wonders: Planetfall - Recensione


8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Un solido 4X...

  • Fase tattica perfettamente riuscita

  • UI chiara e leggibile

  • Tutorial lungo e molto esplicativo

  • Background narrativo interessante e ben sfruttato

Contro

  • ... Ma non proprio rivoluzionario

  • Qualche traccia di microgestione per unità e colonie

  • Piccoli difetti nel comparto audio

  • visivo

Commento

Age of Wonders: Planetfall è un 4X decisamente solido, che nel proporre un’ambientazione agli antipodi rispetto allo standard della serie mantiene comunque intatto il buon feeling dei precedenti capitoli. In questa transizione sono state implementate numerose migliorie, figlie nella nuova collaborazione con Paradox Interactive - come per la diplomazia - ma frutto anche di Triumph Studios stessa, capace di creare una fase tattica decisamente appagante e ricca. Allo stesso tempo permangono però alcuni dei dubbi già sollevati con Age of Wonders III, soprattutto per una fase gestionale che oscilla tra il già visto e una microgestione abbastanza accentuata, su cui si stagliano inoltre le ombre di una concorrenza ingombrante e che durante l’assenza della saga ha alzano notevolmente l'asticella.