Recensione

Wild West Online, la recensione di un assalto alla diligenza

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Signori e signore, Wild West Online è ufficialmente il Quattro carogne a Malopasso dei videogiochi, ma se l’improbabile western diretto dall’immortale Vito Colomba è riuscito a fare tutto il giro e a diventare un capolavoro del trash, l’MMO sviluppato da da DJ2 Entertainment e WWO Partners Ltd. non riesce nemmeno a fare un passo oltre alla categoria dell’immondizia pura. Credete stia esagerando? No, anzi, probabilmente sono solo le etichette di corte di Spaziogames a frenare la parte peggiore del mio vocabolario, perché tutto quello che gira attorno al titolo in questione è coperto da una pesante nebbia, che però odora di quel tipico e spesso olezzo che sale quando concimano nella campagne davanti a casa mia. Come definireste il tentativo di pubblicizzare il proprio lavoro sfruttando i rumor sorti ai tempi attorno a Red Dead Redemption 2? Triste, forse pure squallido, ma è esattamente quello che è accaduto quando, oramai qualche mese fa, trapelarono dei concept art immersi nel vecchio west, fra cowboy e sparatorie al saloon e tutti pensarono subito all’annuncio – che oramai era nell’aria – del nuovo titolo di Rockstar Games. E invece, quelle immagini misteriosamente – come no – trafugate e apparse sui forum, altro non erano che del materiale promozionale di Wild West Online. Ma la vera ciliegina sulla torta è il trailer d’annuncio presente su Youtube, a cui sono stati chissà perché disattivati i commenti, dove fioccano i pollici in giù e, rullo di tamburi, nella descrizione campeggia la copertina proprio del primo Red Dead Redemption
Wild Sad West
Forse vi starete chiedendo perché non abbia ancora speso una parola sul Wild West Online gioco. La realtà è che non c’è molto da dire: semplicemente, dopo mesi di alpha, il titolo è stato pubblicato nella sua versione definitiva su Steam in condizioni pietose, manca davvero tutto, ci sono più bug che texture, non si sa cosa fare e dove andare, non c’è uno straccio di tutorial, ma di certo ho capito che i ragazzi di DJ Entertainment hanno davvero il senso degli affari, perché l’unica cosa che davvero funziona – si fa per dire – è il marketplace del gioco, un piazzismo virtuale che rende Wild West Online uno fra i più biechi Pay-to-Win recenti. Ancora prima di entrare nel vivo dell’azione, la prima cosa mostrata è infatti un bell’annuncio d’acquisto e non sto parlando di semplici oggetti estetici, ma anche di boost per i punti esperienza e da lì in poi è tutto un fiorire di micro-transazioni. Da dove cominciare se non dalla creazione del personaggio, un ricco menù composto da cinque modelli facciali e da un solo taglio di capelli, oltre alla rasata da nazi cowboy, in cui non ci sono slider o impostazioni per modificare magari l’altezza o il peso: non chiedevo di spostare l’angolo delle orecchie, ma almeno qualche preset fisico potevate darmelo, perché così il far west è popolato solo da sosia tutti identici, un Westworld di androidi prodotti con lo stampino. Ovviamente non c’è spazio per dei PG donna, perché le remote frontiere americane non sono adatte a donzelle con gonne di pizzo. Che poi remote frontiere si fa per dire, visto che la mappa del gioco ha dei confini davvero ristretti ed è puntellata da pochissimi punti d’interesse e qui non c’è nemmeno la scusa della fedeltà storica come in Kingdom Come Deliverance, perché non si va oltre a due saloon tutti uguali e i tre modelli utilizzati per le chiese e per gli altri edifici. Bellissima anche la colonna sonora: non c’è. 
Girare nel mondo di Wild West Online restituisce davvero la stessa sensazione vissuta dai primi avventurieri dell’ovest, pionieri verso orizzonti ancora sconosciuti, ma solo perché i due server attualmente disponibili sono pressoché vuoti e, dunque, la maggior parte del tempo la si passa a camminare o a galoppare nel vuoto, anche perché gli sviluppatori non si sono nemmeno impegnati ad inserire qualche animale per arricchire e rendere più vivi gli ambienti e tutta la vegetazione è sempre uguale a se stessa. E a quanto pare è anche immateriale, visto che si può passare tranquillamente attraverso gli alberi. Wild West Online non è solo spoglio, ma è anche dannatamente pesante e i requisiti di sistema, come una bella Nvidia GTX 1080 fra quelli consigliati, appaiono ingiustificabili al netto dell’impatto grafico ottenuto. Questo favoloso risultato, questo mix fra prestazioni pessime e resa altrettanto spiacevole, poteva essere raggiunto solo dal leggendario Nightshade Engine, di cui si discuterà più nel dettaglio poco più avanti e che è la chiave di lettura di Wild West Online.
Bello lo screen qua sopra, ma è falso
Forse nemmeno l’ho specificato, giusto per farvi capire quanto sia inutile parlare del gioco: Wild West Online è un MMO, il festival delle fetch quest date da NPC tutti uguali, che alle volte sono seduti nel vuoto, altre volte bevono da bottiglie invisibili e che avrebbero fatto brutta figura anche in Sunset Riders per quanto sono spogli e malamente animati. Vi sconsiglio anche di provare a cambiare le impostazioni grafiche, perché nel mio caso ho avuto solo frequenti crash che mi hanno costretto a riavviare il gioco. Col senno di poi, erano evidentemente dei messaggi divini che mi dicevano di eseguire immediatamente un bel disinstalla. A parte le missioni inutili di consegna, ci sono poi degli eventi casuali, come delle cacce al tesoro e sfide fra le fazioni rivali per il controllo della città, due schieramenti di cui non vi parlo nemmeno tanto sono inutili nelle loro caratterizzazioni. I cavalli sono tutti uguali, ci sono solo due modelli di pistole e molte delle caselle di testo sono occupate da dei place holder: è davvero noioso fare l’elenco di tutte le mancanze, ma se pensate ad una cosa sbagliata, è probabile che ci sia in questo gioco. 
Di PvE non c’è traccia e quindi, quando si incontrano i pochi rimasti online, Wild West Online diventa la fiera del trolling, una degenerazione del PvP dove ci si spara a caso, senza un perché, con delle hitbox e dei danni totalmente sballati e dove è evidente la presenza dei cheater. Ecco un esempio. Quando si viene eliminati, appare una schermata in cui sono specificati il nome di chi ha compiuto l’esecuzione, il suo livello, la tipologia dell’arma e i metri di distanza, ma nel mio caso l’arma non appariva e i metri erano degni di Chris Kyle. Altre volte si viene colpiti da non si sa bene dove, ci si incastra nei muri e gli effetti audio delle pistole e dei fucili sono al limite del tragicomico. Ma tanto chi se ne frega, venivo respawnato esattamente dove ero morto. Altre volte però no, perché riapparivo in un punto casuale della mappa, non chiedetemi il perché. Ci sarebbe pure spazio per un sistema di livellamento e di crescita del personaggio, ma quando si scopre la quantità di crediti necessaria per aggiustare le armi o per comprare qualsiasi altro oggetto, l’unica soluzione è quella di levare le tende e di etichettare Wild West Online per quello che è: una fregatura nemmeno troppo riuscita. 
Un abbraccio, Sergey
Difficile anche sperare in aggiornamenti futuri: dal day one gli sviluppatori hanno rilasciato un solo comunicato con qualche fix e nulla di più, ma qui comincia un’altra storia. Chi sono infatti DJ2 Entertainment e WWO Partners Ltd? Non si sa, letteralmente sul web sono delle scatole cinesi, con nomi che ricorrono di frequente fra più studi collegati, ma che non portano mai a nulla. Prendiamo i primi: andando sul loro sito, si scopre che sono un’agenzia specializzata nella realizzazione di adattamenti cinematografici di videogiochi, come quello su Life is Strange e su We Happy Few – perché fare un film su un gioco che praticamente non è ancora stato pubblicato poi? – ma di Wild West Online non c’è alcuna traccia nel loro portfolio. Con WWO Partners Ltd va ancora peggio, perché non esiste nemmeno un loro sito. Tutto ciò che si sa a riguardo dello sviluppo di Wild West Online, è che inizialmente il progetto era in mano ad una fantomatica software house chiamata 612 Games, ma ancora una volta l’indirizzo web rimanda ad una pagina under construction e le uniche informazioni presenti sono i nomi collegati a questa casa di sviluppo, team dove figurano esattamente gli stessi volti della fantomatica DJ2 Entertainment. Ora, non è che di tutti i giochi che stanno sulla mia libreria di Steam io conosca vita, morte e miracoli degli sviluppatori, ma quando, al cospetto di un MMO annunciato e pubblicato in un arco di tempo brevissimo, non si trovano informazioni sulla software house, l’odore di bruciato sale forte. Nessun tassello si aggiunge al puzzle andando sulla pagina Youtube del gioco, perché ci sono giusto quattro filmati realmente imbarazzanti.
Quelle che inizialmente parevano solo supposizioni, con la pubblicazione definitiva di Wild West Online sono diventate delle semi-certezze e, anche davanti alle smentite sul forum del gioco e pur non avendone la sicurezza al 100% – diciamo che siamo attorno al 99,9 periodico – la sensazione è quella di essere davanti ad un altro titolo su cui si staglia in nome di Sergey Titov, lo stesso soggetto alle spalle di numerosi titoli scam, come Romero’s Aftermath, Shattered Skies, Big Rigs e il più noto The War Z, poi ribattezzato per questioni legali Infestation: Survivor Stories. Le strane coincidenze segnalate da alcuni utenti di Reddit (qui e qui) non possono confermare con certezza il coinvolgimento – anche indiretto – di una delle figure più discusse e spiacevoli del mondo dei videogiochi, ma tutte le prove, anche alla luce del risultato finale, si configurano sempre più come indizi incontrovertibili, a partire dalla scelta dell’engine. Capire il perché i dev si siano affidati al Nightshade Engine risulta un mistero più remoto del senso della vita, visto che il motore di gioco è tristemente noto per esser stato finora utilizzato solo ed esclusivamente in titoli come, guarda caso, Romero’s Aftermath e Last Man Standing e, per un casuale allineamento dei pianeti, è anche di proprietà di una delle società di Sergey Titov, la Free Reign Entertainment. C’è poi il caso del moderatore del forum che infiamma la community spingendo tutti ad andare su Steam e a rilasciare una review positiva – il messaggio è stato cancellato, ma la rete non dimentica nulla e questo è lo screenshot – per poi scriverne una lui stesso (qui), tutto orgoglioso di un gioco di cui però non dice nulla. Una pratica non troppo brillante, soprattutto quando si viene scoperti e non resta altro da fare che bloccare i commenti. 
Dulcis in fundo, il trademark di Wild West Online è stato depositato da un certo Steven A. Bercu (qui), mentre tutti gli altri marchi legati ai titoli di Titov sono stati registrati da Steven Bercu (qui) – questa volta senza A. – forse il gemello malvagio del primo, ma più probabilmente proprio la stessa persona che ha avuto ben poca fantasia. Spesso si finisce con il fare dietrologia senza indagare a fondo, su Reddit le voci si rincorrono e si gonfiano risposta dopo risposta, ma con Wild West Online, dopo aver tastato il valore finale e osservando il silenzio protratto da fumosi sviluppatori, con pagine Facebook e Steam praticamente ferme al giorno di lancio, è facile ipotizzare la natura di macchina-acchiappa-i-soldi-e-poi-scappa del titolo, coinvolgimento effettivo di Titov o meno. Giusto per fugare ogni dubbio, il voto riportato qua sotto non è un grido allo scandalo, ma rappresenta davvero quello che è Wild West Online e giuro che non c’entra nulla il fatto che io ritenga più onesta la versione crackata per PC di Red Dead Redemption 2 trovata oggi su Torrent e che ora conosca un sacco di donne calde russe. 

– Vi sto facendo risparmiare dei soldi

– Ad ottobre arriva Red Dead Redemption 2…

– Praticamente tutto il gioco

– È riuscito a farmi rivalutare Custer’s Revenge

– Triste tentativo di money-grabbing

– A.A.A. cercarsi sviluppatori e publisher

– …Ma non ho una PS4, quindi niente RDR 2 per me

2.0

Le voci che si sono rincorse fin dall’annuncio di Wild West Online hanno trovato un buon riscontro nella prova dei fatti, perché la versione che attualmente gira su Steam è a dir poco arretrata, sbilanciata e spinge a fare acquisti in modo nemmeno troppo velato: anche se è difficile confermare tutti i rumor che circolano nei forum, l’operazione pare essere un triste tentativo commerciale al limite della frode, ideata da non si sa bene chi, visto che è praticamente impossibile risalire ad informazioni concrete sugli sviluppatori e sul publisher. L’unico consiglio è quindi quello di tenersi alla larga da Wild West Online, magari, se proprio si adorano le cupe atmosfere western, di dare un’occhiata alla pagina del titolo, sperando che i dev si palesino, facciano mea culpa e mettano un po’ di chiarezza, perché nel caso di un supporto adeguato sarei il primo a cospargermi il capo di cenere.

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