Recensione

Urban Empire

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

La sfida per chiunque tenti di sviluppare un city builder ha un nome preciso, cioè Cities: Skyline. Un team di sviluppo non può semplicemente girare la testa dall’altra parte e far finta che il titolo sviluppato da Colossal Order non sia mai uscito e che soprattutto non sia il naturale benchmark per tutti i gestionali cittadini che usciranno da qui in avanti. Vi sono due modi per affrontare questa sfida: il primo è uno scontro faccia a faccia con Cities: Skyline, un confronto sullo stesso identico terreno, una battaglia dalla quale l’ipotetico prodotto ha però molte probabilità di uscire con le ossa rotte. La seconda strada è forse la più comoda, ma quando hai davanti una montagna così ripida da scalare, è forse anche la più intelligente ed è quella che hanno intrapreso i ragazzi di Reborn Interactive (Fragment Productions), non a caso guidati da Mikko Tyni, creative director di Cities in Motion, padre spirituale del già citato Cities: Skyline, con Urban Empire.
La storia siamo noi 
Ma quale sarebbe questa scappatoia? Semplice: Urban Empire è un city builder diverso dagli altri, dove il giocatore ha il compito, oltre che di far crescere e prosperare l’insediamento urbano, anche di gestire ogni aspetto della vita politica e sociale della comunità, vestendo i panni del primo cittadino. Reborn Interactive ha sviluppato un titolo dalle molte sfaccettature e per inquadrare al meglio cosa esso sia, occorre ricostruire l’albero genealogico e recuperare tutti i titoli e generi da cui ha attinto. La prima fonte d’ispirazione non poteva che essere la serie Tropico, con cui Urban Empire condivide lo stesso produttore, ossia Kalypso Media. Al di là dell’autocitazionismo e degli inside joke, proprio come il Generalissimo dell’isola tropicale, anche il protagonista di Urban Empire non è il solito l’invisibile demiurgo visto in tutti gli altri city builder, un’entità ultraterrena che, fuori dal mondo, con la sua mano dall’alto sposta strade e palazzi. Al contrario, il protagonista di Urban Empire è un personaggio “reale”, discendente di una delle quattro famiglie messe a disposizione a inizio partita, come a esempio i Von Pfilzens, stirpe aristocratica e tradizionalista, o i Kilgannons, famiglia di duri lavoratori e difensori dei diritti di questi ultimi. Ogni personaggio, esattamente come accade in Crusader Kings, ha i suoi tratti peculiari, dai quali scaturiscono bonus o malus con evidenti ricadute sulla città, e che dinamicamente mutano durante la partita, soprattutto nel passaggio da una generazione all’altra. La famiglia è così inserita nella Storia e vive assieme alla sua città alcuni degli eventi che hanno segnato il percorso dell’uomo dal 1820 fino al 2020. La contestualizzazione delle vicende è uno degli elementi che più distacca Urban Empire dagli altri city builder, dove in genere la città era una specie di Utopia, distaccata dalla realtà e fuori dal tempo. 
A braccetto con il sapere
Urban Empire ricrea e fa rivivere le tappe storiche degli ultimi due secoli attraverso eventi casuali, dove l’utente, vestendo i panni del sindaco, deve decidere a esempio se sostenere l’abrogazione del lavoro minorile, la lotta sindacale o i diritti politici delle donne. Il contesto storico è inoltre dettato dalle varie proposte di legge che vengono dagli altri partiti che, a seconda del loro schieramento, porteranno all’ordine del giorno in consiglio comunale proposte come il divieto di prostituzione o norme più stringenti sulla vendita di tabacco. Ci sono infine i giornali a raccontare con il passare degli anni tutto ciò che accade attorno alla nostra città, gli avvenimenti dell’impero Austro-ungarico di cui facciamo inizialmente parte, ma anche notizie provenienti dall’America e dalle altre parti del continente, come le guerre, le crisi economiche o le scoperte scientifiche. 
La vera guida del processo storico è però l’ampio albero delle tecnologie che, sia visivamente che strutturalmente, ricorda da vicino quanto proposto dai vari Civilization. I duecento anni di storia di Urban Empire sono stati suddivisi in cinque ere, a ognuna delle quali sono associati vari progressi tecnologici e scoperte scientifiche, che danno il là a nuove strutture da posizionare nella città, a nuove leggi da promulgare o a industrie e forme di commercio più redditizie. Si parte quindi da invenzioni come il telegrafo o l’utilizzo del gas, grazie alle quali si ha l’avvento dei giornali e dell’illuminazione stradale, fino ad arrivare a tutto ciò che noi viviamo in questi anni, come la “scoperta” di internet, la presenza sempre più invadente dei social media o l’uso della realtà aumentata. Rispetto a quanto proposto da Firaxis in Civilization, Reborn Interactive ha preferito racchiudere tutti i campi del sapere, ma anche il progresso civile e sociale, in un unico albero delle tecnologie, che risulta così sì molto ramificato e profondo, ma allo stesso tempo poco chiaro e alle volte dispersivo. L’ermeticità delle interfacce è in realtà un problema che attraversa in lungo e in largo Urban Empire, dove le decisioni vengono spesso prese senza sapere quali saranno le conseguenze. Arriva in dono per la città un lama e decidiamo di accettarlo e gli effetti sono un aumento della felicità della popolazione ma una diminuzione della sicurezza. Perché? Non lo sappiamo, non c’era nessun avviso a informarci sugli effetti. Questo è solo uno dei tanti esempi, forse anche il meno critico, perché il vero problema è quando questa incertezza avvolge le decisioni in ambito economico, già di per sé molto criptico e poco lucido come vedremo più avanti. Segnaliamo infine che Urbane Empire non gode di alcuna traduzione in italiano e che tutti i testi e il poco parlato sono scritti e doppiati in inglese. 
Piano regolatore urbano semplificato
Abbiamo iniziato l’articolo descrivendo Urban Empire come un city builder ed è strano essere arrivati fino a questo punto senza aver speso nemmeno una riga sulla costruzione delle strade, delle fognature o sulla disposizione dei tralicci dell’alta tensione o delle tubazioni. La risposta è presto detta: tutte queste cose che abbiamo appena elencato semplicemente non esistono, le meccaniche in questo ambito sono davvero ridotte all’osso e consistono principalmente nella creazione di poligoni in cui sorgeranno i nuovi distretti. Questi ultimi sono definiti dalla percentuale di spazio dedicato alle abitazioni, alle industrie e alle attività commerciali, e da alcuni edifici chiave come i teatri, le chiese o le scuole. Ci sarebbero anche le condutture dell’acqua, i cavi dell’elettricità e la rete del gas, ma sono invisibili e corrispondono solo a una casella barrata. Siamo quindi molto lontani dall’accurata pianificazione necessaria in Cities: Skyline, dimenticatevi le ore perse alla ricerca dell’armonia fra tutte le parti della città, ma soprattutto dimenticatevi dalla bellezza mozzafiato degli intricati complessi di vie e palazzi, delle luci al neon e del verde che si sposa con maestosi grattacieli in cemento armato e acciaio. In Urban Empire la pianificazione urbana è ridotto al minimo e anche visivamente, osservare lo spoglio complesso urbano venire su a stento, con gli incroci uniti in malo modo e con i quartieri tutti squadrati che ricordano i cari vecchi IACP dell’Italia del vecchio secolo, non è di certo l’esperienza più appagante. L’ancora di salvataggio viene lanciata dal mutamento che la città ha con il passare delle ere, da modesto agglomerato di casette indipendenti in legno, con le insegne dei negozi verniciate a mano e le fumose industrie sullo sfondo, fino a insieme di palazzi moderni e appariscenti che vediamo nelle nostre metropoli. Il cuore pulsante di Urban Empire non risiede nella costruzione della città, quanto nella sua gestione politica, la quale ricorda da vicino quanto proposto dalla serie Democracy, nelle dinamiche che si instaurano fra i partiti e il sindaco e come queste mutino al passare delle ere. Qualsiasi decisione voi vogliate prendere, questa non avverrà in un batter di click, ma la proposta verrà vagliata dal consiglio comunale e saranno i partiti a decidere se votare o meno la nuova legge, la costruzione di un nuovo edificio o l’espansione della città. Davanti ai loro veti o lasciapassare, l’utente ha a disposizione varie armi con cui far sentire le proprie ragioni, sia in modo più accondiscendente, sia alzando la voce, spiando, minacciando e costringendo l’assemblea ad alzare la mano. Ma gli stimoli non derivano solo dal sindaco virtuale, perché gli stessi partiti cercano di influenzarsi a vicenda, di far sentire il proprio peso dopo le elezioni e di portare voti al proprio mulino. Dalla terza era in poi, il ruolo del despota che impone il proprio volere su tutti e tutto si rivela un terribile autogol, perché ogni sei anni l’operato dell’utente viene valutato dalle elezioni e se l’esito è negativo la partita si conclude con un laconico game over, strana lapide per un city builder. 
Commissario urbano
Purtroppo anche la componente politica non è però esente da difetti. Nei momenti delle votazioni, Urban Empire diventa una routine continua di azioni tutte uguali a sé stesse, soprattutto quando, avanzando nelle ere, cresce il numero dei partiti e con esso il tempo che si passa a convincerli per mettere una firma sull’apertura nuova scuola. Non mancano poi comportamenti bizzarri, come un partito di sinistra che si oppone a una votazione sui diritti delle donne o per la maggiore tutela dei lavoratori, ma è il peso eccessivo assunto dal lato economico a spezzare ogni sogno di città migliore. Avere una cassa florida e sempre in verde è un lontano miraggio in Urban Empire, gli edifici, così come le infrastrutture necessarie, pesano come un macigno sul portafoglio del comune e purtroppo, come già segnalato, le interfacce non aiutano a chiarire gli effetti sul bilancio delle leggi, degli eventi casuali e gli unici costi chiari sono quelli di un nuovo distretto o di una nuova costruzione. Inoltre, il contributo effettivo delle industrie o delle zone commerciali è posto in schermate nascoste e difficili da raggiungere. Il classico rimedio è dunque il ritocco continuo verso l’alto delle tasse, ma questa è solo una pezza momentanea e non sempre attuabile, l’emorragia economica fatica sempre ad arrestarsi e i frangenti in cui il salvadanaio contiene solo mosche e ragnatele sono frequenti. In queste fasi del gioco, ogni proposta avanzata al consiglio comunale viene puntualmente rispedita al mittente, poco importa il buon senso, il teorico orientamento del partito o il fatto che la decisione in questione porterebbe aria fresca alle casse. 
Una città spenta
Rispetto ad alcuni diretti concorrenti, sotto il profilo grafico, Urban Empire si pone a metà strada tra l’eccellenza di Cities: Skyline e il punto più basso rappresentato da Cities XXL. Rispetto al titolo sviluppato da Colossal Order, a Urban Empire manca quella sensazione di trovarsi davanti a una città pulsante, con i suoi quartieri vivi dove si ritrovano i giovani davanti a pub e discoteche, ma anche con le strade intasate dal viavai delle automobili. Anche quando la città raggiunge dimensioni notevoli, le vie di Urban Empire appaiono desolate e i marciapiedi ospitano solo pochi cittadini, il cui comportamento si limita a delle semplici passeggiate al bordo della strada, senza attività degne di nota utili a rendere la città più vera e viva. Con un occhio più acuto, si nota inoltre come i modelli utilizzati per le case, le industrie e le attività commerciali si ripetano in lungo e in largo per la città, mentre solo gli edifici più particolari come le stazioni dei pompieri, le università o le chiese hanno uno stile più curato e meglio definito. Non mancano poi piccoli bug, come varie compenetrazioni poligonali, si riscontra anche un aliasing marcato e altre stranezze che denotano un livello di cura non sempre altissimo, come strade percorse da macchine quando queste non sono state ancora scoperte nell’albero delle tecnologie. Per quel che riguarda la fluidità, piaga che di frequente colpisce giochi che muovono un’alta mole poligonale, Urban Empire appare un prodotto solido; con la nostra configurazione di prova – Intel i7 4770k, 16 GB di RAM, Nvidia GTX 970 4 GB e Windows 10 – e al massimo dei dettagli, abbiamo notato solo sporadici rallentamenti stringendo lo sguardo al massimo dentro la città, ma questo non ha mai compromesso in alcun modo la fruizione del titolo. 

HARDWARE

Requisiti minimi: – Sistema operativo: Windows 7 SP1 / 8.1 / 10, 64bit– Processore: Intel i5-2400 / AMD FX-6350– Memoria: 6 GB di RAM– Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 560 / AMD HD 6850 2GB– DirectX: Versione 11– Memoria: 4 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati:– Sistema operativo: Windows 7 SP1 / 8.1 / 10, 64bit– Processore: Intel Core i5 4690K / AMD FX8320 or newer– Memoria: 12 GB di RAM– Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 970 / ATI/AMD Radeon R9 290 3GB or newer– DirectX: Versione 11– Memoria: 4 GB di spazio disponibile

– Non il solito city builder…

– Relazioni dinamiche fra i partiti

– La città è contestualizzata nello spazio e nel tempo

– Albero delle tecnologie dai molti rami

– … Ma si poteva fare di più in questo aspetto

– UI non sempre chiara e leggibile

– Graficamente spoglio

– Gestione economica difficile da intepretare

7.0

Urban Empire è un insieme di tante idee, ma proprio come quando si cerca di realizzare ogni cosa senza concentrarsi su un focus preciso, il rischio che si corre è quello di avere una somma di elementi singolarmente poco rifiniti. Il lavoro di Reborn Interactive è un’interessante variazione sul tema dei city builder, ma questa strada ha portato verso una gestione della città all’acqua di rose ed anche la politica e le relazioni fra il sindaco ed i partiti, le vera novità di questo prodotto, non sono esenti da pecche e vengono compromesse dall’invadente aspetto economico. Lo spessore dell’albero delle tecnologie, il suo rapporto con il progresso storico e la componente ruolistica garantiscono comunque a Urban Empire un’abbondante sufficienza.

Voto Recensione di Urban Empire - Recensione


7