Transformers: L'ultimo cavaliere

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a cura di Matteo Bussani

Ripensando ai 25 minuti di Tranformers: L’ultimo cavaliere che abbiamo visto in anteprima in questi giorni, il primo aggettivo che mi è balenato in testa è stato “grosso”. Non grande, non esplosivo, non epico, ma grosso. Questo perché la massività del cinema americano traspare senza alcun filtro dalle immagini dell’ultima pellicola di Michael Bay dedicata ai più che famosi alieni di metallo. Purtroppo il video mostrato era soltanto un montaggio di alcune clip non ancora definitive che, sebbene lasci l’incipit narrativo ancora da sviscerare a dovere, ci ha comunque permesso di capire che cosa aspettarci il 22 giugno dal blockbuster di Paramount. 
Premesse esplosive
La prima doverosa premessa tecnica è che Transformers 5 è stato completamente girato in IMAX 3D e perciò, oltre che esserne consigliata la visione secondo queste modalità, di sicuro preannuncia un’immersione totale nell’azione, vera sovrana dello schermo durante lo svolgimento dell’intreccio. 
Lato regia il dinamismo delle inquadrature è alle stelle, ma la caratura di ciascuna non manca di enfatizzare anche i momenti più pacati, mettendo in risalto una fotografia calcata e d’impatto, tipica della mano di Bay; come si suol dire: la calma prima della tempesta. La trasformazione che ne segue è immediata: il problema diventa catastrofe, la lotta è distruzione e tra di loro si scontrano addirittura due mondi completamente diversi in una storia che attraversa i secoli e arriva a toccare il mondo di Artù e dei suoi cavalieri. 
Americano al 100%
La serie è stata così contraddistinta da un crescendo che, di capitolo in capitolo, si è propagato sulla scala dei vari film e che in questo caso dimostra i muscoli 100% americani della produzione tra gag stereotipate, scene d’azione letteralmente esplosive e un miscuglio narrativo retro-futuristico, di cui vi abbiamo accennato prima le premesse. L’obiettivo dei protagonisti, invece? Come al solito salvare il mondo. Stavolta il nemico è il “creatore” che rispedisce sulla terra un Optimus Prime, passato dalla parte dei cattivi, alla ricerca della redenzione per la distruzione del suo mondo natale; l’unica motivazione plausibile di questo comportamento sembra un possibile lavaggio del cervello della guida autobot ma di più non si può ancora dire. 
Un Cast senza esclusione di colpi
Tutto il film nel frattempo si regge sullo scontro umani contro robot: uno scontro di natura, di comodo, e l’eroismo della scena sta nell’impedirlo. Così entra in gioco il cast, al cui comando troviamo Mark Wahlberg, a suo agio tra grandi esperti del set a supporto della pellicola come un eccentrico Sir Anthony Hopkins e il solito Stanley Tucci, Laura haddock, controparte femminile di sicuro fascino british, e una giovanissima Isabella Moner, classe 2001 decisamente sul pezzo. 
Le si addice infatti il ruolo di adolescente orfana che, dopo la scomparsa dei genitori, ha dovuto fare i conti con la vita sul campo di battaglia assieme a veri e propri amici Transformers, di cui piangerà a più riprese la scomparsa. Il rapporto pseudo-familiare che verrà a crearsi tra il protagonista e questo personaggio sarà il fil rouge dell’elemento emotivo del film, che speriamo venga opportunamente catalizzato nelle successive scene d’azione, sulla cui qualità non abbiamo molti dubbi, data l’esperienza sul campo del regista in questione. Interessantissimo anche il personaggio del Robot maggiordomo, sopra le righe e in grado di dare quel briciolo di follia alla pellicola rendendo sempre più labile la separazione tra film e spettatore. Niente di esplicito alla “Deadpool”, sia chiaro, ma comunque inaspettato, e che speriamo possa riservare più di una risata durante la visione completa.

Questi 25 minuti in compagnia di Transformers: L’ultimo Cavaliere ci hanno lasciato lo stesso sapore di un hamburger americano DOC a cinque piani. Il film infatti ci è sembrato una versione più grossa ed esplosiva del classico action americano, dove l’esagerazione e il surreale dominano la scena, ma un confezionamento ad hoc e un cast di qualità mantengono sempre entro i confini della godibilità e della coerenza il pacchetto completo.