Recensione

The Oddboxx

Avatar

a cura di Sidmarko

È un prodigio: l’attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all’uomo. Allora l’uomo dice “Mi ricordo”. (cit. Friedrich Nietzsche)

Non c’è filosofo che tenga, rimembrare il passato è un atteggiamento intrinseco nella natura umana e, per nostra fortuna, anche quando si tratta di videogiochi. Ma c’è da fare una puntualizzazione in merito. Il nostro passatempo preferito, almeno per ora, non viene studiato sui banchi di scuola come succede per storia, musica, letteratura o altre discipline, quindi, in mancanza di un apprendimento diacronico, il suo ricordo e la sua antologia diverranno sempre più sbiaditi. A questo si aggiunge la marcata dipendenza alla sfera tecnologica che tende a rendere anche i migliori capolavori della storia videoludica obsoleti e, in certi casi, addirittura ingiocabili già dopo pochi anni. La mancata rigiocabilità nell’arco generazionale è quindi un ulteriore ostacolo alla salvaguardia dei vecchi videogiochi. Ma l’uomo, o, in questo caso, il videogiocatore di vecchia data non dimentica e può tramandare alle nuove leve la sua cultura, le sue esperienze, le sue emozioni, spingendo i giovani a provare certi titoli che, anche se oramai vetusti e segnati dal tempo, possono aiutare a capire come si è arrivati alle meccaniche di gioco odierne. A facilitare questo processo di tramando generazionale ci aiutano le attuali campagne commerciali di distributori e produttori, che stanno riproponendo senza paura i capi saldi del passato e le saghe più incisive nella storia del medium. La serie Oddworld è uno di questi casi, ed è stata raccolta in un pacchetto denominato The Oddboxx reperibile dai più famosi servizi di digital delivery (Steam, D2D, GamersGate ecc.). Un’ottima occasione per fare lezione di Storia ai giovani videoplayer o una lezione di recupero a chi si è perso per strada questa stupefacente saga.        
Oddworld: Abe’s OddyseeAbe’s Oddysee è il primo capitolo della serie Oddworld, rilasciato nell’ormai lontano 1997 su PC e PlayStation. Il protagonista della vicenda è Abe, un simpatico e goffo alieno Mudokon che lavora come addetto alle pulizie presso i Mattatoi Ernia, una fabbrica produttrice di gustosissimi snack a base di animali alieni. A causa di una forte crisi nelle vendite, la società decide di creare un nuovo snack per rilanciare l’attività. Il povero Abe si troverà, suo malgrado, al posto sbagliato nel momento sbagliato. Infatti, durante un turno serale, si imbatte casualmente in una riunione segreta dei capi aziendali e scopre che la carne del nuovo snack verrà ricavata nientepopodimeno che dai cento operai Mudokan. Da qui prende il volo la lunga peripezia di Abe, il quale tenta di salvare i suoi simili dalla funesta sorte che li attende, facendoli evadere dalla fabbrica/prigione. La componente narrativa, seppur vista con occhio moderno potrebbe non risultare esaltante, rappresenta un ottimo spunto di riflessione su tematiche mature e legate alla storia umana come l’internamento, lo sfruttamento lavorativo (con un chiaro riferimento ai gulag russi), l’esasperazione causate dall’industrializzazione e il conseguente esodo. Durante il gioco sono presenti molti cartelloni luminosi che fungono da tutorial oppure offrono godibili testi dalla vena tagliente e dissacrante. La struttura del gioco è squisitamente fondata sul platforming in due dimensioni “duro e puro”, di quelli dove ogni singolo salto va calibrato al millimetro e non lascia spazio a pressappochismi. Il gameplay è farcito da una buona dose di enigmi, inizialmente non troppo impegnativi ma che a lungo andare si rivelano cervellotici. Quindi un platform-puzzle, in cui il protagonista non ha a disposizione nessun espediente bellico, ma dovrà fare saggio utilizzo della sua materia grigia per superare indenne i vari scenari, eliminare i nemici ma, soprattutto, portare il maggior numero di compagni Mudokon alla salvezza. Facile a dirsi, molto meno a farsi. La caratteristica interessante di Abe’s Oddysee al tempo della sua uscita, fu il sistema d’interazione (GameSpeak) che permetteva ad Abe la comunicazione, seppur minimalista e univoca, con i suoi colleghi Mudokon. Tramite la selezione dei tasti numerici, da 1 a 0, è possibile richiamare all’attenzione l’operaio con un sonoro “Ciao!” ed esortarlo a seguirvi, oppure ad aspettarvi; ma sono possibili altre simpatiche espressioni come pernacchie o flatulenze. Tramite questo sistema è possibile gestire la dislocazione dei numerosi amici alieni (che si trovano spesso in posizioni scomode), per poi portarli con voi alla libertà una volta liberata la strada dai cattivoni di turno. Ma Abe dispone di un’altra freccia al suo arco: la meditazione. Tramite questa facoltà, lo sgangherato protagonista avrà la possibilità di controllare i nemici e sfruttarli a proprio piacimento. La conversione, anzi, la “non conversione” di questo primo capitolo viene riproposta tale e quale alla versione già vista tredici anni or sono sull’indimenticabile PlayStation e su PC, che purtroppo non rende giustizia allo scorrere del tempo, complice una pessima compressione dei filmati in computer grafica e l’omissione di migliorie grafiche che avrebbe potuto, e dovuto, limare quelli che sono i difetti dovuti agli anni di troppo. Una menzione d’onore va fatta per la grande cura riposta nel doppiaggio in italiano, tale da fare impallidire molte inespressive voci videoludiche del mercato odierno. Nemmeno il videogiocatore più insensibile può rimanere indifferente ascoltando il vivace e tremolante timbro vocale del simpaticissimo Abe.  

Oddworld: Abe’s ExoddusAbe’s Exoddus arrivò solo un anno dopo Oddysee (1998) sempre per le piattaforme PlayStation e Personal Computer. Per la precisione, non si tratta di un vero e proprio sequel, ma di una grande espansione a sé stante. Il buon Abe, dopo le vicissitudini con i Mattatoi Ernia, è finalmente tornato alla sua terra natia dove viene onorato come un eroe. Ma proprio durante i festeggiamenti inciampa e perde i sensi; in questa fase di trance gli compaiono in sogno gli spiriti dei suoi antenati che lo avvertono dell’arrivo di una nuova minaccia: i Glukkon. Questi ultimi sono intenzionati a profanare le tombe degli antenati Mudokon per tritare loro le ossa ed utilizzarle come materia prima per una nuova bibita. La formula di gioco rimane praticamente immutata rispetto all’episodio originale, anche se sono state aggiunte diverse nuove situazioni e scelte di gameplay molto interessanti (soprattutto per l’epoca). L’interazione è ancora presente e si rivela questa volta il focus dell’intera esperienza ludica. Abe può farsi seguire da più di un suo simile alla volta, rendendo le fasi di salvataggio sicuramente meno tediose e più sbrigative che in passato. Proprio grazie a questa novità anche gli enigmi cambiano volto: la loro risoluzione richiederà anche l’ausilio dei compagni, con un relativo incremento del livello di difficoltà. Una interessante novità riguarda sempre la sfera “interpersonale”, che ora comprende persino lo stato d’animo dei Mudokon: se, ad esempio, uno di loro è infelice o furibondo non seguirà i vostri comandi e l’unico modo per farvi obbedire sarà riportarlo alla serenità. Come? Consolandolo o confortandolo. Ci sono poi anche gli stati fisici: alcuni lavoratori possono essere cechi o ammalati. Per i primi sarà necessario fare molta attenzione quando vi seguono, per i secondi basterà curarli con un anello apposito. Il porting si rivela un semplice copia-incolla come nel caso del primo episodio.

Oddworld: Munch’s OddyseeDopo due anni di totale fedeltà alla console Sony, era d’uopo credere che il terzo capitolo della saga Oddworld sarebbe approdato sulla nuova e fiammeggiante PlayStation 2. Probabilmente il team di sviluppo Oddworld Inhabitants non la pensava allo stesso modo, visto che decise di voltare le spalle alla grande S e sposare la prima console prodotta da Microsoft, che ai tempi si faceva chiamare Xbox. Una scelta controversa, che al tempo (2001) fece parecchio scalpore. Ma questi sono solo inutili gossip, quello che a noi oggi interessa è il Videogioco. Come per i due capitoli precedenti, la tematica centrale della narrazione di Munch’s Oddysee è l’esodo. Un eroe, per quanto bizzarro e improbabile sia, porta alla salvezza il suo popolo che si trova soggiogato dalla tirannia di una razza apparentemente più forte, ma in realtà solo più crudele. Questa volta però Abe non sarà l’unico protagonista, ma la nuova epopea dello StranoMondo vedrà la comparsa di un nuovo, simpatico e bruttissimo personaggio: Munch. Si tratta dell’ultimo alieno della razza Gabbit, sorta di pesci antropomorfi in grado di nuotare e camminare sulla terraferma, saltellando con la pinna/piede. La loro estinzione però non ha fatto parte di un processo naturale, ma è stata causata da una caccia  forsennata  portata avanti dai Vykkers e dai Glukkons, le due razze egemoni di Oddworld, che volevano accaparrarsi polmoni e uova di questi poveri ed indifesi alieni subacquei. Abe, ormai veterano nella salvezza di interi popoli, sotto la guida dei saggi Mudokon, parte alla ricerca di Munch, nel frattempo fatto prigioniero, e coglie l’occasione per salvare qualche esemplare della sua specie strada facendo. La componente narrativa è ottimamente ritmata da cut-scene in computer grafica ricche di dialoghi contraddistinti dal tipico humor della serie. Per apprezzare appieno la bontà e l’ironia delle battute, sarà necessario essere buoni intenditori della lingua inglese vista la totale e, per fortuna, solo temporanea, mancanza della localizzazione nella nostra lingua (era presente nella versione Xbox di dieci anni fa, e verrà rilasciata presto una patch). Se la trama ricalca pedissequamente gli stilemi della narrativa “Oddworldiana”, non si può dire lo stesso per le meccaniche di gioco che vengono leggermente stravolte, soprattutto a causa dell’avvento della terza dimensione. Se i primi due capitoli erano definibili come puzzle-game camuffati da platform, in Munch’s Oddysee la componente platforming decade quasi completamente, lasciando spazio ad un abbozzo action-adventure. Fortunatamente, gli enigmi legati all’interazione con i compagni rimangono la parte preponderante dell’intera esperienza di gioco. Una volta che Munch e Abe si incontrano (quasi all’inizio dell’avventura), i puzzle saranno risolvibili utilizzando, ad alternanza, prima uno e poi l’altro personaggio, caratterizzati  da capacità (ed aiutanti) differenti ma complementari. Una delle feature che evidenziano la natura action del titolo e lo differenziano dalle precedenti iterazioni è sicuramente il combattimento. Saranno infatti presenti alcune fasi in cui potrete lanciare i vostri aiutanti in battaglia, i Mudokan, nei panni di Abe, oppure i Fuzzles (piccoli animali sferici e pelosi dotati di denti giganteschi) nei panni di Munch. In queste fasi viene alla luce la natura storica di questo titolo che è stata fonte d’ispirazione per titoli odierni come il recente Overlord, la cui meccanica principale prevede appunto l’utilizzo di piccole creature da mandare allo sbaraglio per eliminare i nemici o risolvere piccole situazioni di gioco. Purtroppo questo terzo capitolo non ha raggiunto la perfezione dei primi due; sarà per colpa del 3D, sarà per l’assenza di un vero e proprio platforming, ma ad un certo punto si ha come l’impressione di svolgere sempre le stesse azioni, solo leggermente diversificate. Il comparto tecnico, che anche nel 2001 fu criticato per qualche piccola caduta di stile e per non aver sfruttato al meglio la tecnologia dell’Xbox, si presenta alle pupille odierne tutto sommato ancora guardabile. Purtroppo la grafica tridimensionale, a differenza di quella bidimensionale, non ha quella sorta di “magia retro” che trascende dalla mera qualità grafica. Forse Munch’s Oddysee non avrà il fascino degli altri due episodi precedenti, ma rimane un’esperienza videoludica molto divertente tutt’oggi.  

Oddworld: Stranger’s WrathQuattro anni dopo il mezzo passo falso del terzo capitolo, gli Oddworld Inhabitants ritornano su Xbox e lo fanno mescolando completamente le carte in tavola. Questa volta non solo il platforming è praticamente scomparso, ma pure gli enigmi. Stranger’s Wrath si presenta ai palati fini dei fan come un Action/FPS  in salsa western che rivede completamente il concept ludico alla base di Oddworld, mantenendo però lo humor e lo stile inconfondibile dei vecchi personaggi.  Diciamo vecchi perché, insieme ai rompicapo, anche Abe ci ha salutati definitivamente, lasciando per la prima volta il posto ad un nuovo e decisamente più “serio” personaggio, che di nome fa Stranger (Lo Straniero), chiamato così perché nessuno conosce la sua vera identità. In realtà è l’ultimo alieno della sua specie, gli Steef, e cerca di nasconderlo indossando vistosi stivali da Cow Boy per coprire le sue quattro zampe posteriori, tratto distintivo della sua razza. Ma le discrepanze con il passato non si limitano agli elementi strettamente ludici: se nei precedenti capitoli il buon Abe vestiva i panni dell’eroe sacrificale portando a compimento la salvezza del suo popolo in chiara chiave Omerica, questa volta il protagonista, che come professione è un cacciatore di taglie, avrà una personalità marcatamente individualista e il suo scopo sarà quello di racimolare più Moolah (la moneta del gioco) possibile, riscuotendo le taglie che pendono sulle sue prede, per potersi sottomettere ad un’operazione molto delicata. Cambia la tematica, da “salvezza comune” ad “interessi personali”, ma lo stile narrativo rimane, fortunatamente, invariato. Diametralmente opposta è invece la situazione delle meccaniche di gioco che rivelano addirittura una natura di gameplay duplice, evidenziata dalla possibilità di utilizzare, a scelta, la visuale in terza persona, perfetta per muoversi più agevolmente all’interno dei livelli, o quella in prima persona, che sposa invece i combattimenti, convertendo il gioco in un vero e proprio FPS. Vista la preponderanza delle fasi belliche, la soggettiva in prima persona sarà praticamente la norma e di rado passerete alla visuale più lontana, anche a causa di una morfologia piuttosto elementare dei livelli. Non siamo certamente di fronte ad un FPS frenetico, di quelli che vanno tanto di moda in questi anni, anzi, l’approccio richiede una certa oculatezza e meditazione nelle scelte tattiche, con alcuni richiami, seppur tratteggiati, al filone stealth. Ma la caratteristica maggiormente peculiare del sistema di combattimento è da ricercare nell’arma in dotazione, una balestra, che non si limita a sparare semplici dardi, ma degli animaletti viventi in carne ed ossa (pipistrelli, api, insetti, topi) che è possibile catturare all’interno dei livelli e che sono dotati di particolari proprietà combattive differenti. Ad esempio, ci sono munizioni viventi ottime per tendere trappole, altre che stordiscono i nemici o, ancora, animaletti simili a delle bombe ad orologeria, per arrivare fino a ben nove tipologie di mostriciattoli differenti. La varietà in questo senso è quindi garantita dalla possibilità di catturare i criminali aiutati da un arsenale di tutto rispetto e molto originale. Ma l’eterogeneità è solo apparente; in linea generale la meccanica di gioco, la quale prevede essenzialmente la continua e quasi sistematica ricerca dei fuorilegge per l’accumulo di denaro, si rivela a lungo andare ripetitiva e può causare dopo qualche ora un po’ di noia anche nei giocatori più pazienti. Ai tempi del suo rilascio, il 2005, il livello grafico di questo titolo lasciò a bocca aperta critica e giocatori, e ancora oggi dimostra un certo appeal. Purtroppo la conversione non è stata fatta ad hoc rivelandosi un mero copia-incolla della vecchia versione Xbox. Se una vistosa miglioria a livello grafico era chiedere troppo, molti fan italiani si aspettavano perlomeno i sottotitoli in italiano se non addirittura l’intera localizzazione, anche perché il tempo avuto a disposizione dal team di sviluppo non è stato certamente esiguo. Si spera almeno che il porting in HD su PlayStation 3, che verrà distribuito questa primavera, possa far perdonare queste gravi negligenze.

– Tutta la serie Oddworld al prezzo di uno

– Problemi di localizzazione per Munch’s Oddysee e Stranger’s Whrath

0

Con una cifra onesta, Oddworld Inhabitants dà la possibilità di giocare, o rigiocare, quattro prodotti che hanno letteralmente scritto importanti pagine della storia videoludica. Purtroppo, certe volte, le software house approfittano dell’effetto nostalgia che coglie inesorabilmente i videogiocatori più sensibili, o anziani, e propina degli pseudo-porting. Per nostra sfortuna, The Oddboxx si rivela essere proprio uno di questi casi. I quattro titoli della saga sono stati riproposti tali e quali alle versioni antecedenti, senza nessuna miglioria tangibile. Speriamo che almeno con il “remake” in HD di Stranger’s Wrath le cose verranno fatte in maniera più chiara.