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The Last of Us

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 19/05/2013 alle 00:00
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Boston non è più una città. Non è più un agglomerato di bei appartamenti con strade trafficate e cittadini che vivono le loro vite di tutti i giorni con difficoltà, spensieratezza, allegria, depressione. Non esiste più nessun tipo di umanità, nulla: né a Boston, né a Lincoln, né a Pittsburgh. Questa parte di America (e non solo, forse) è stata cancellata da una terribile pandemia provocata da un fungo parassita che ha estinto gran parte della popolazione, spegnendo vite o cambiandole per sempre dopo la sopraggiunta infezione, capace di mutare gli esseri viventi nelle lugubri parodie di quello che erano una volta. Sarete in una giungla dove sopravvivono i guerrieri più forti, dove la spunta chi dimostra di avere più attaccamento alla vita, dove continua a esistere chi ha ancora un briciolo di speranza. Non importa se siete dei ragazzini come Ellie o degli adulti dal fosco passato come Joel. Non importa più niente, quando bisogna anche uccidere per salvare se stessi.
Lincoln
Nel bel mezzo di una giornata di sole, ci introduciamo nella cittadina attraversando una rigogliosa zona boschiva ricca di radure cieche, dove sono ammassati rifiuti e oggetti utili a costruire armi di fortuna e kit di sopravvivenza. L’ambiente luminoso, placido e fintamente paradisiaco somiglierebbe molto a quello già visto in Uncharted, se non fosse per i colori decisamente meno sgargianti, i toni cupi e lo stato di degrado e abbandono onnipervadente in cui versa tutto il resto. Avanzando, ci imbattiamo in baracche fatiscenti al cui interno troviamo i temibili Clicker, degli infetti completamente ciechi in grado di ucciderci con un solo morso, che possono però essere abbattuti di soppiatto afferrandoli da dietro e squarciando loro la gola con lama che ci siamo precedentemente costruiti. Superato il bosco e le baracche, abbiamo oltrepassato i tetti grazie all’ausilio di alcune assi di legno, che potevamo portarci appresso per creare una passerella mobile che ci facesse superare incolumi i baratri tra un edificio e l’altro. Una volta oltre il cancello d’acciaio, Lincoln si apriva in un’immensa strada che mostrava tutta la sua infinita desolazione: auto della polizia di sghimbescio a bloccare il nulla, enormi avvisi di evacuazione immediata, negozi a soqquadro e insegne impolverate dal tempo, erbacce ovunque e un opprimente senso di sconforto. Joel spiega a Ellie che devono trovare in fretta Bill, un tale fuori di testa e davvero poco raccomandabile che però ha l’obbligo di dovergli un grosso favore per motivi certamente loschi ma che ancora non conosciamo. La strada che porta a Bill è disseminata dei frutti della sua paranoia: immense barricate con rotoli di fil di ferro e lamiere, trappole esplosive poste in punti strategici, e anche un trabocchetto in cui siamo stati costretti a cadere nostro malgrado, finendo sottosopra con una corda alla caviglia e con Ellie che cercava tempestivamente di tagliare le funi del contrappeso mentre veniva aggredita da una frotta di nemici. È stata questa la scena più adrenalinica nella cittadina di Lincoln: infetti che ci venivano addosso con grande aggressività e che cercavano di abbattere Ellie, mentre armati di una pistola con pochi proiettili e col sangue alla testa abbiamo dovuto evitare il peggio mantenendo la calma. Una volta liberati, con l’orda nemica che non accennava a scemare, entrava in scena Bill, e da lì in avanti, procedevamo in una forsennata fuga verso la salvezza cacciati e braccati dai rapidissimi Runner e dagli osceni Clicker. I dialoghi tra i personaggi incalzavano e tutta la scena veniva caricata da un alto tasso ansiogeno che ci ha completamente travolti. Con la speranza di avere l’aiuto di Bill per mettere a posto un auto e scappare da Lincoln, si chiudeva questa prima sezione.
Pittsburgh
Qui le cose precipitano immediatamente. La scena iniziale è quella dell’agguato già vista in un precedente trailer: Joel ed Ellie sono in auto e un uomo in mezzo alla strada finge di voler aiuto, quando improvvisamente tira fuori una pistola, fa fuoco verso il veicolo e altri sopravvissuti dalle intenzioni omicide vengono fuori da dietro le barricate pronti a ucciderci senza alcuno scrupolo, pur di razziare le nostre risorse. Dopo essere sbandati in seguito all’aggressione, finiamo all’interno di un negozio sfondandone la vetrina, e parte un avvincente scontro a fuoco in grado di mettere in luce quanto di buono riesca a fare questo gioco al di fuori delle fasi stealth. Se non avrete occhi ovunque, morirete abbastanza in fretta e più di una volta. The Last of Us non è indulgente con chi gioca con leggerezza e le routine comportamentali dei nemici sono decisamente di altissima fattura. Accovacciati dietro un qualunque riparo, pensando di essere momentaneamente al sicuro pur essendo stati già visti, non siamo stati attaccati frontalmente, ma abbiamo subìto un accerchiamento inaspettato da un’entrata secondaria del negozio, con nemici che sono passati dietro agli scaffali fino ad arrivarci addosso con spranghe e fucili spianati. Se Ellie non avesse urlato a squarciagola per un perentorio avvertimento, saremmo morti un’altra volta ancora. E lo avremmo fatto nuovamente se la vispa ragazzina non li avesse distratti mentre da dietro un giaciglio ci medicavamo gestendo in tempo reale le nostre risorse il più in fretta possibile, senza poterci prendere una pausa dall’azione. Si nota in modo evidente lo stacco netto tra l’intelligenza umana – molto più raffinata e calcolatrice – e quella impulsiva di un infetto, che produce cieco furore in un Runner e una serie di attacchi animaleschi e brancolanti in un Clicker; pertanto, siamo piuttosto certi che nel gioco completo questa combinazione mista di nemici ci darà parecchio filo da torcere, considerando che anche la difficoltà generale non è di certo bassa.
Il piccolo manuale di sopravvivenza
Rispetto alla nostra precedente prova, The Last of Us ha mostrato un sistema di creazione degli oggetti molto più completo e approfondito: basti pensare al fatto che lungo gli scenari troveremo anche degli oggetti con la forma generica di ingranaggio e degli attrezzi specifici che ci serviranno per potenziare le armi nel momento in cui ci imbatteremo in degli appositi banchi da lavoro (come in Dead Space, ma su un tavolino sgangherato e illuminato da una lampada). Ci sono diverse armi da mischia, ma anche una discreta varietà di bocche da fuoco con pochi proiettili, un arco con frecce, delle mine di prossimità e certamente potremo costruire altri ammennicoli per avere la meglio sui nemici. Oltre a tutto ciò, dovremo raccogliere delle preziosissime pillole, in grado di farci apprendere delle utilissime abilità che ci faciliteranno la vita durante l’intensa avventura; tra queste: una maggiore rapidità nel curarsi, un controllo più accurato nella stabilità delle armi da fuoco e la capacità di evitare la morte immediata dopo l’attacco di un Clicker infilandogli una lama nel collo prima di essere morsi. Naturalmente – neanche a dirlo – le pillole e le migliori risorse si troveranno all’interno di edifici altamente infestati e costruzioni abbandonate difficili da raggiungere. L’equilibrio tra fasi stealth e momenti di pura azione sembra ben bilanciato, facendo passare il giocatore da sezioni di estrema calma e tensione nervosa ad altre in cui bisogna fuggire a gambe levate mentre si prova ad arginare gli attacchi nemici come meglio si può. Inoltre, visitando queste nuove zone, abbiamo notato molti riferimenti a personaggi ancora sconosciuti, diversi documenti testuali che rimandavano a eventi legati a doppio filo ai nostri personaggi e un breve dialogo tra i due protagonisti che gettava altre ombre sul passato non proprio tranquillo di Joel. Vorremmo dirvi molto di più, ma rischieremmo di rovinarvi delle sorprese che sarete certamente lieti di scoprire da soli fra appena un mese. Preparatevi all’infezione.

– Ottimo sistema di creazione degli oggetti

– Abilità da apprendere

– Grande equilibrio nel ritmo di gioco

– Storia e ambientazioni affascinanti

The Last of Us ha tutto ciò che serve per essere il gioco simbolo di fine generazione su PS3. Con una premessa narrativa accattivante, che incuriosisce e mette in testa numerosi interrogativi, e con un impatto emotivo che siamo certi sarà di grande portata, l’opera di Naughty Dog ha tutte le carte in regola per lasciare il segno. L’atmosfera è impagabile e il sistema di gioco – su tutti i livelli – pare funzionare a meraviglia. Solo una catastrofe più grande dell’infezione fungina potrebbe affossare The Last of Us. E noi, ovviamente, speriamo che non avvenga mai.

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