Recensione

Shadow Warrior

Avatar

a cura di Shiryo

Quando nel 1997, anno destinato a regalare al mondo alcuni tra i videogames più importanti della storia videoludica, il team di sviluppo di 3D Realms decise di dare vita a Shadow Warrior, una sorta di avventura parallela a quella del più celebre Duke Nukem ambientata in oriente, gioimmo all’idea di avere tra le mani un qualcosa di simile ma con elementi tipici della cultura giapponese, e l’aspettativa non venne tradita.
Il 2013 sembra un anno particolarmente florido di remake e reboot, e a confermare la tesi ecco il ritorno proprio di Shadow Warrior, dove riprendiamo i panni del letale Lo Wang, in quello che è a tutti gli effetti un reboot, in quanto conserva gli elementi del titolo originale, pur variandone di molto ambientazione e narrazione. Un’avventura puramente a singolo giocatore, che farà saltare di gioia i fan dell’originale, ma che potrebbe colpire al cuore, e allo stomaco, anche molti nuovi giocatori.
Il fascino del “gore” anni ’90
Flying Wild Hog è una realtà piuttosto recente, nata nel 2009 e formata da un un team di 60 persone che, sicuramente, deve aver sentito un po’ di pressione nell’avere per le mani una licenza come quella di Shadow Warrior, non certamente tra i titoli più chiaccherati degli ultimi dieci anni, ma a modo suo parte dell’evoluzione videoludica tanto quanto altri classici degli anni ’90. Chi vi scrive ricorda con particolare affetto l’originale Shadow Warrior, preferito al più importante Duke Nukem, e con estremo scetticismo ha affrontato il reboot, dubbioso sul fatto che, a distanza di sedici anni, il particolare bilanciamento tra azione, splatter ed umorismo del titolo originale sarebbe potuto essere degnamente mantenuto, anche in considerazione della delusione rappresentata dall’attesissimo e deludente Duke Nukem Forever. Senza troppi giri di parole, dopo circa 12 ore giocate con una media di 40 minuti a capitolo a difficoltà normale, passate a dissezionare demoni con l’affilata Katana, cercare citazioni sparse qua e la per le mappe del gioco e a potenziare quasi del tutto le abilità a disposizione del protagonista, possiamo dire che, questa volta, siamo davanti ad uno dei pochi reboot capaci di migliorare l’originale, e non di farne rimpiangere la memoria.
Il team di sviluppo ha iniziato a lavorare sul progetto con un concetto in mente: l’iconica spada dei Samurai doveva essere protagonista del titolo e non solo un’opzione da utilizzare quando le bocche da fuoco fossero rimaste a secco. Per raggiungere questo risultato, è stata rivolta particolare attenzione al bilanciamento di tutte le armi, un bilanciamento che rende l’affilata lama senza dubbio la risorsa migliore a disposizione del protagonista. Sebbene, infatti, sia possibile uccidere umani e demoni anche con le armi da fuoco da distanze ragguardevoli, realizzando perfetti headshot, in generale la grande quantità di nemici che attacca contemporaneamente e la loro natura perlopiù soprannaturale fanno sì che armi meccaniche necessitino di molteplici colpi per risolvere situazioni affollate, risultando inutili una volta circondati e messi alle corde. La Katana, all’opposto, risulta indispensabile in mischie ad alta velocità, consentendo di recidere arti ai nemici inabilitandoli, o addirittura di decapitarli o dividerli a metà con colpi meglio assestati, imbrattando di sangue e organi gli elementi dello scenario. Possiamo affermare senza dubbio di essere davanti ad uno dei titoli più gore, splatter e violenti dai tempi del primissimo Soldier of Fortune. Ottimo.
Meglio il reboot dell’originale?
Ad affiancare le due forze offensive composte da proiettili e lama, è presente anche la magia, elemento solo accennato nel titolo originale e che ha invece un ruolo fondamentale nel reboot. Durante l’arco dell’avventura è possibile reperire cristalli tramite i quali acquisire e potenziare la capacità magica di Lo Wang. A disposizione del guerriero sono presenti sia tecniche difensive, come uno scudo in grado di bloccare parte degli attacchi subiti o l’indispensabile cura in grado di rigenerare sino al 65% l’energia totale, che tecniche offensive, alcune delle quali consentono di dare vita a fendenti più potenti, ad ampio raggio, o addirittura in grado di affettare i nemici dalla distanza con la sola onda d’urto. La possibilità di bloccare i nemici sollevandoli da terra con una ulteriore tecnica a caricamento, completa il quadro di un elemento divertente da utilizzare e da vedere.
Le tecniche a disposizione sono state intelligentemente attribuite a semplici combinazioni di due tasti direzionali e uno d’attacco, piuttosto che a specifici menù. La scelta rende l’esecuzione delle varie arti assai divertente, ispirandosi in qualche modo ai gesti visti in manga e anime, oltre che estremamente immediata anche nelle fasi concitate di combattimento. Peraltro, tutte le magie che non richiedano l’uso diretto della Katana sono realizzabili anche impugnando differenti armi da fuoco, pertanto è possibile, per esempio, curarsi o contrastare magie e proiettili avversari usando il proprio scudo magico, e rispondere al fuoco contemporaneamente.
Se a questo punto della lettura vi siete fatti l’idea che per contrastare le forze nemiche sia sufficiente gettarsi in mischia e cliccare come forsennati sul tasto attacco e su combinazioni di movimenti per effettuare le magie, è bene rassicurarvi. L’utilizzo della Katana si rivela sufficientemente tecnico, giacché se è vero che l’attacco base si concretizza in un fendente standard dallo scarso apporto in termini di danni, l’utilizzo del tasto destro del mouse carica il colpo di spada, lasciando al giocatore la scelta della traiettoria del colpo, e consentendo quindi di mirare facilmente e in piena autonomia a specifiche parti dei corpi avversari, spesso con l’esito di reciderli di netto. L’utilizzo delle differenti tecniche è inoltre incentivato dalla presenza di un sistema di Karma che premia il giocatore dallo stile di gioco più vario e fantasioso, punti con i quali effettuare upgrades del  personaggio.
Considerando tutti questi elementi, Flying Wild Hog sembra non essersi ispirata al solo Shadow Warrior, ma a tutta la storia di 3D Realms e alla cinematografia più cruda, inserendo anche peculiarità che sembrano ereditate dall’ottimo ma poco considerato Prey, e scene riprese pari pari da film cult come Kill Bill o Grindhouse.
Rispetto per i… classici
Nonostante il tempo passato, abbiamo ancora quasi esattamente alla memoria buona parte dei livelli dell’originale Shadow Warrior o quantomeno abbastanza da poter affermare che il reboot traccia, di per sé, una storia indipendente dal predecessore pur rispettandone alcuni elementi chiave, in location affini alle originali ma non direttamente rielaborate. Al di là della storia, che non fu tra le più originali e memorabili del genere già negli anni ’90, quello che ambivamo a veder mantenuto è proprio l’incredibile ed assurdo umorismo tipico dei prodotti 3D Realms di quegli anni. L’odierno Shadow Warrior riesce a non deludere, rendendo persino più divertenti gli easter egg presenti di quanto non lo fossero sedici anni fa. Alcuni di questi vengono infatti riproposti in grafica 2D e con i suoni originali proprio a ricordare i tempi che furono, mentre altri sono più demenziali (attenzione se decidete di uccidere troppi coniglietti… vi abbiamo avvertiti) o raffinati. Alcune aree completamente opzionali nel gioco originale erano nascoste da muri distruttibili o da eventi conseguenti ad interazioni sulla mappa: dopo aver notato un barile rosso appoggiato ad una porta in maniera sospetta, consci di quanto accadesse in passato, abbiamo fatto fuoco scoprendo un’intera area in grafica bidimensionale altrimenti nascosta. Non vi anticiperemo altro, ma l’esempio era dovuto per spiegare al meglio la cura con la quale la miriade di segreti e citazioni presenti sono stati realizzati, tante occasioni nelle quali il giocatore legato alla storica incarnazione di Shadow Warrior riceverà, in cambio di qualche mezz’ora di esplorazione in più, dei regali “emozionali” graditissimi. 
Tecnicamente ringiovanito
Quando il reboot di un titolo prevede il suo passaggio da sprites bidimensionali a poligoni solidi, parte del rifacimento consiste anche nel ricostruire visivamente ciò che la fantasia poteva allora solo immaginare. Il rifacimento estetico di Shadow Warrior, è d’eccezione, e per quanto nel complesso la resa visiva non sia quella realistica e con textures iper-dettagliate apprezzate in altre produzioni tripla A per PC, ci troviamo comunque davanti ad un comparto tecnico ben realizzato, in grado soprattutto di regalare una buona resa artistica, sempre coerente allo stile equamente moderno e tradizionale dell’originale, farcito di una punta di tecnologia anacronistica. Ogni area è curata nei dettagli, dai giardini orientali ricchi di laghetti con pesci sguazzanti, sino a ponti, edifici, foreste di bamboo, città o grotte. L’effettistica curata regala piccole fotografie nelle quali apprezzerete il fumo di una candela o il bagliore dell’acqua che riflette su una parete umida, ed è proprio a dettagli come questi che contrasta la realizzazione generale approssimativa dei nemici, soprattutto quelli di dimensioni meno generose, non particolarmente differenti tra loro e dotati di modelli tridimensionali fin troppo semplici. Con la giusta cadenza vengono introdotte poche ma valide varianti al tema, come avversari dotati di scudo, altri particolarmente irascibili o in grado di volare e usare magie. Non mancano boss sparsi qua e la, che richiedono l’utilizzo di tutte le magie sbloccate, i migliori potenziamenti applicabili alle armi e l’acquisizione delle tecniche avanzate di schivata, difesa, cura e attacco per essere abbattuti. Il level design è composto perlopiù da corridoi e percorsi forzati che non lasciano troppo spazio all’esplorazione, pur fornendo vie alternative in rari casi, soprattutto per nascondere interruttori e easter egg, o zone aperte che si dimostrano nella maggior parte dei casi delle arene dove affrontare i gruppi più copiosi di mostri e demoni.
Buona la scelta della colonna sonora, orientaleggiante ma che si affianca a brani originali di vario genere e reminiscenze anni ’90, e divertente il doppiaggio in inglese, ricco di scambi di battute tra il protagonista e lo spirito che gli fa da guida per buona parte dell’avventura, per comprendere il quale è possibile abilitare sottotitoli in una decina di lingue che non comprendono l’italiano.
In generale, la necessità di un PC abbastanza attrezzato si fa sentire, soprattutto a causa della grande quantità di nemici che attacca contemporaneamente, talvolta in aree strette e ricche di effettistica quali fuochi e liquidi. In ogni caso, un i5 con 4 GB di ram e una scheda video serie Radeon HD 4890 o Nvidia GeForce GTX 460 e superiori, dovrebbe bastare ad alzare abbondantemente i dettagli. Con un i7 a 8 GB e scheda video GTX 660 Ti siamo riusciti a giocare senza rallentamenti evidenti ad impostazioni Ultra, potendo apprezzare il netto miglioramento grafico, che regala scenari ed effettistica particellare davvero notevoli, mentre con un ulteriore test su un sistema rispettante i requisiti minimi consigliati, ci siamo trovati a scegliere se tirare la coperta, corta, dal lato dei dettagli o della fluidità. Attendiamo con curiosità di riprovarlo su console next-gen, per le quali il futuro rilascio è già confermato. In chiusura, si segnala assenza di comparto multigiocatore. Non ne abbiamo sentito la mancanza considerando la buona offerta ludica del single player e tenendo a mente che, trattandosi di un prodotto realizzato con budget limitato, tale implementazione avrebbe gravato molto probabilmente sulla qualità del comparto singolo giocatore, che siamo invece felicissimi di gustarci cosi com’è.

HARDWARE

Requisiti Minimi:Windows: Windows XP / Vista / 7 / 8 Processore: 2.4 GHz Dual Core Memoria: 2 GB RAM Graphica: ATI Radeon HD 3870 o NVIDIA 8800 GT e superiori DirectX: Versione 9.0c Hard Drive: 8 GB liberiUlteriori requisiti: propensione per sangue a fiumi e amore per la Katana.

– Rispetta maniacalmente lo spirito del titolo anni ’90

– La Katana è realmente protagonista del gameplay

– Magie e tecniche avanzate sono un’ottima introduzione

– Se piacciono gore e splatter, ce n’è a fiumi e anche di più

– Prezzo contenuto

– Livelli molto lineari

– Nemici ripetitivi

– Scarsa rigiocabilità

8.0

Il reboot di Shadow Warrior può essere definito il glorioso ritorno di un marchio celebre degli anni ’90, non più chiaccherato quanto altri titoli di quel periodo, ma ricordato con grandissimo affetto dai giocatori del tempo, e meritevole di essere giocato oggi in questa validissima riedizione. Le meccaniche aggiunte alle buone similitudini del gameplay originale sono di ottimo livello e si distingue, su tutto, un ottimo bilanciamento delle armi, che rende la Katana una protagonista del gameplay più di quanto sia stato fatto in altri sparatutto in soggettiva nel passato, persino al confronto dello stesso Shadow Warrior originale. La linearità dei livelli e la ripetitività del gameplay che prevede ciclicamente di svuotare aree e trovare l’interruttore di turno, potrebbero far storcere il naso agli amanti di un’esplorazione più attiva e avventurosa, e annoiare a breve termine rendendo scarsa la rigiocabilità, mentre gli utenti più orientati all’azione “ignorante”, senza se e senza ma, gioiranno nel far partire interiora in ogni direzione con la grande varietà di tecniche disponibili. Il tutto, magari, usando le particolari armi bonus a disposizione degli acquirenti della Special Edition o ai possessori di Saints Row IV, che vi lasciamo scoprire tramite il client Steam per non rovinarvi la sorpresa. Considerando la richiesta di 24,99 euro per la versione base e 34,99 euro per quella contenente i bonus, consigliamo l’acquisto a tutti gli appassionati di FPS sopra le righe, e senza dubbio ai giocatori over trenta che abbiano gradito il predecessore.

Voto Recensione di Shadow Warrior - Recensione


8