Personaggi - Carmack & Romero

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a cura di Sidmarko

Quando due grandi maestri lavorano insieme e sono dotati di grande talento e passione, spesso il loro lascito è encomiabile. Nella televisione o nella musica sono state molteplici le coppie che hanno regalato grandi interpretazioni, ma nella recente storia dei videogiochi ve ne è stata solo una: Carmack e Romero, sicuramente il duo più influente dell’intero universo videoludico di questo ultimo ventennio. A loro va infatti il merito dell’ideazione di quello che per molti è considerato il “primo vero sparatutto in prima persona”, ovvero quel Wolfenstein 3D che ha gettato le basi del genere da cui poi sono nati Doom, Quake e i relativi seguiti, i quali hanno scritto importanti capitoli della grammatica videoludica a cui fanno ossequioso riferimento tutti gli FPS odierni. Con i loro videogiochi hanno segnato un’intera generazione e dato lustro al nostro passatempo preferito, in quelli che erano decisamente anni bui.

Scorrimenti laterali John Carmack (Kansas City, 20 Agosto 1970) e John Romero (Colorado Springs, 28 Ottobre 1967) si conobbero per la prima volta nel 1990, alla corte di Softdisk, software house di Shreveport, nella Louisiana, particolarmente famosa negli anni 80′ per la pubblicazione di riviste con disco floppy allegato. Il compito dei due, coadiuvati da Adrian Carmack e Tom Hall (futuri co-fondatori di id Software), era quello di creare videogiochi sotto l’etichetta Gamer’s Edge, un disco venduto bimestralmente e acquistabile tramite la sottoscrizione di un piccolo abbonamento. È proprio durante questo periodo lavorativo che nasce la prima vera magia di John Carmack. Inizialmente per gioco, con l’aiuto del collega Tom Hall, riuscì ad emulare su PC uno dei capolavori console dell’epoca: Super Mario Bros. 3, editando una piccola demo del primo livello in cui al posto del panzuto idraulico compariva il personaggio Dangerous Dave di John Romero. La grande novità stava nel portare su MS-DOS la tecnologia a scorrimento verticale tipica dei videogiochi platform, con la stessa fluidità vista allora solamente sulla console NES. Alla visione della demo, John Romero capì subito che l’idea di Carmack poteva rivelarsi una grande occasione per il team. Nonostante la subitanea bocciatura da parte di Softdisk, i due Carmack, Romero e Hall lavorarono duramente tutte le sere e nei week-end come grandi appassionati in cerca di gloria e fortuna, prendendo in prestito i computer aziendali, con l’intenzione di sviluppare una conversione completa di Super Mario Bros. 3 per PC. Mostrata a Nintendo l’opera conclusa, ricevettero solo lodi e una proverbiale pacca sulle spalle, dato che il colosso nipponico non voleva saperne di pubblicare il suo gioiello su macchine diverse da quelle “made in Nintendo”. Nello stesso periodo arrivò tuttavia la richiesta lavorativa di Scott Miller, presidente di Apogee Software che, colpito da alcuni progetti di Romero, offrì ai quattro la possibilità di lavorare per la sua azienda sviluppando giochi shareware. Mostrata la recente tecnologia ideata da Carmack, Miller chiese subito al team di preparare qualcosa che la sfruttasse completamente. Per l’occasione i quattro fondarono il team di sviluppo id Software e il 14 Dicembre 1990 fu rilasciato il loro primo gioco: Commander Keen, ovviamente prodotto e distribuito (come shareware) da Apogee. Grazie all’esperienza maturata tramite la conversione di Super Mario Bros. 3, il team riuscì a sviluppare su PC un platform a scorrimento come quelli visti su console; una novità assoluta per l’epoca. Quando SoftDisk scoprì il fatto, l’allora presidente non sì infervorò nemmeno troppo, anzi, propose addirittura ai quattro, con i quali deteneva ancora un contratto lavorativo attivo, di creare una nuova società nella quale lui si sarebbe occupato della distribuzione. Gli impiegati di SoftDisk, sentendosi sbeffeggiati dal comportamento dei ragazzi di id Software, si ribellarono, dichiarando le dimissioni immediate in blocco qualora si fosse raggiunto l’accordo fra le parti. Successivamente si riuscì a trovare un compromesso che prevedeva da parte di id Software lo sviluppo di un videogioco al bimestre per SoftDisk per un determinato periodo di tempo, probabilmente relativo alla durata del contratto che i ragazzi stipularono con la società della Louisiana. Tra il 1990 e 1991 i quattro giovani regalarono a SoftDisk alcuni titoli importanti, come lo stesso Commander Keen, Rescue Rover, Hovertank 3D (considerato erroneamente da molti il primo videogioco 3D per MS-DOS, ma comunque il primo della storia id Software) e Catacomb 3-D.

I due padri degli sparatutto in prima personaJohn Carmack e Romero diedero alla luce sparatutto pseudo-tridimensionali (Hovertank 3D e Catacomb 3D) utilizzando il motore grafico derivato dal sistema ray casting, che era in grado di combinare una grafica 3D fittizia in tempo reale ad una buona velocità. La stessa tecnologia fu poi riutilizzata per la causa Wolfenstein 3D, il primo FPS a riscuotere un successo mondiale ed a venire considerato tutt’ora il capostipite del genere. A differenza di Hovertank 3D e Catacomb 3D, però, la tecnologia non era limitata ai soli 16 colori. La realizzazione di questo sistema è da attribuire perlopiù a John Carmack, che dichiarò di aver sviluppato tale tecnologia solo dopo aver visto la demo di Ultima Underworld. Nell’autunno del 1992, id Software decise di trasferirsi a Mesquite, in Texas, e abbandonare l’attuale produttore Apogee Software. Circa un anno dopo arrivò la svolta del fenomeno Doom, che faceva leva su un nuovo motore grafico, molto superiore tecnicamente, ma anche più pesante rispetto al precedente basato sul ray casting. Si trattava di una nuova tecnica, definita “partizione binaria dello spazio”, che rese possibili situazioni di gioco impensabili per quegli anni: differenza di altezze in uno stesso livello, texture su tutte le superfici, variazione di luminosità nelle stanze, livelli non completamente ortogonali, ondeggiamento dell’arma durante gli spostamenti e più interazione con i livelli, come la possibilità di utilizzare ascensori, ponti levatoi e interruttori della luce. Tutte queste caratteristiche, legate ad un’ambientazione angosciante e una velocità di gameplay adrenalinica, resero il gioco un vero e proprio cult in grado di condizionare intere generazioni di videogiocatori e non solo. Ma il successo non sarebbe stato un tale trionfo mondiale senza l’altra grande innovazione: il multiplayer. Questo permetteva partite in rete locale IPX fino a quattro giocatori e con collegamento telefonico diretto via modem fino a due, con la possibilità di giocare in modalità cooperativa le missioni della campagna singola oppure cimentarsi nella sfida deathmatch tutti contro tutti; ed è stato proprio Doom a coniare per la prima volta questo termine, deathmatch, che ora è legato indissolubilmente all’alfabeto videoludico moderno. John Carmack, grande estimatore dei programmi open source, cercò inoltre di lasciare ampio spazio agli sviluppatori amatoriali che pubblicarono già a pochi giorni dal rilascio moltissime utility e patch in grado di cambiare alcuni elementi di gioco, dalle texture alla potenza di fuoco delle armi. Un fenomeno che incrementò di parecchio la longevità e la popolarità di Doom nel mondo informatico di quegli anni; anche in questo caso Carmack e Romero dimostrarono di avere una marcia in più degli altri e una visione talmente lungimirante e avveniristica per l’epoca che permise parte di quello di cui ancora oggi possiamo beneficiare: i mod. Modifiche in grado di prolungare la vita di un videogioco o addirittura reinventarne una versione completamente diversa, basti pensare a titoli storici nati da modifiche amatoriali come Team Fortress (mod di Quake) o Counter-Strike (mod di Half-Life). Tutto questo è, in parte, anche merito loro.

L’inevitabile separazione di due grandi menti…“diverse”Dopo il caso Doom, il successo in casa id non accennò a fermarsi minimamente, e il quartetto riuscì a bissare il trionfo con il sequel Doom II: Hell on Hearth per poi riproporre più volte il brand, sempre con un ottimo riscontro: The Ultime Doom (1995), Masters Level for Doom II (1995) e Final Doom (1996). Fino a quando, nel 1996, si chiuse temporaneamente il sipario sull’era Doom per aprirsi su un nuovo protagonista, un certo Quake, che vide fra le altre cose la triste separazione di John Romero dalla società. Il suo abbandono è riconducibile principalmente alle diverse idee sostenute dai due programmatori, J. Carmack e Romero, riguardo il concept di Quake: Carmack aveva intenzione di riprendere in mano la base del gameplay di Doom ed evolverlo ulteriormente, mentre Romero credeva nell’ideazione di un gioco completamente differente, tanto che secondo lui non doveva essere nemmeno un FPS, ma un’avventura GDR. L’idea di John Carmack prevalse, sostenuta anche dal resto del team. La poca considerazione ricevuta portò dunque Romero all’inevitabile e infausta decisione di abbandonare il team una volta completata l’ultima, tanto biasimata, opera. Nonostante la disapprovazione di Romero, Quake confermò nuovamente le grandi capacità del team e la storia diede ragione a John Carmack: ancora oggi, insieme a Wolfestein 3D e Doom, rappresenta una pietra miliare del genere. In primis il motore grafico proponeva finalmente una situazione realmente tridimensionale che offriva strutture dei livelli finora mai visti, modelli dei personaggi tridimensionali e supportava per la prima volta l’accelerazione 3D tramite hardware, il che diede vita alla nascita delle prime “GPU da videogioco”, attestandosi anche come principale benchmark di riferimento prestazionale. Giocando con una scheda video dedicata era possibile attivare una qualità grafica al tempo inarrivabile per altri videogiochi, con effetti come trasparenza e ombre mai visti prima. A chiudere il cerchio ci pensò il multiplayer, ma questa volta fruibile anche attraverso la grande rete di internet. A Quake dobbiamo inoltre la nascita di fenomeni come lo speedrun (completare un videogioco in tempi molto brevi) o il machinima (creazione di filmati con il motore grafico di un videogioco), i primi neologismi nerd, oggi molto diffusi nell’ambiente di gioco multiplayer, come frag o gib e lo sviluppo dei primi grandi LAN Party internazionali.

Dopo la divisione, non solo successi Negli anni dopo l’addio di Romero, John Carmack rimase al timone della id Software e portò avanti con lo stesso entusiasmo la serie Quake, giungendo fino al terzo capitolo nel 1999. Questa volta, rispetto ai due precedenti, Quake III Arena risultò maggiormente incentrato sulla modalità multiplayer e non richiedeva come scopo principale quello di eliminare tutti i mostri di un determinato livello e trovare la via d’uscita, ma uccidere il maggior numero possibile di nemici (controllati da altri giocatori o dalla CPU) all’interno di arene circoscritte, quindi i deathmatch diventarono, per la prima volta nella storia degli FPS, la componente principale dell’esperienza di gioco, dando vita ad un sottogenere. Questa nuova mentalità rivolta principalmente al gioco multiplayer è la conseguenza del grandissimo successo ottenuto da Quake II proprio nel multiplayer. Nel 2004, dopo ben undici anni di polvere, il brand Doom ritornò a calcare le scene videoludiche con il terzo capitolo della saga, anche se in realtà si trattava di uno spin-off più che di un seguito vero e proprio. Questa volta, a causa di un gameplay piuttosto lineare e semplicistico, Doom III non riuscì a trasmettere quella verve tipica dei suoi predecessori, ma il successo di vendite fu comunque molto buono. Nel 2007 Carmack sviluppò una nuova tecnologia per il videogioco Enemy Territory: Quake Wars, denominata MegaTextures, in grado di gestire spazi aperti molto vasti ma nel contempo dettagliati. La storia più recente testimonia tuttavia un grosso passo falso di id Software: riesumando il brand Wolfestein, realizza un capitolo decisamente mediocre e privo di originalità che delude sia a livello di critica che di pubblico, gettando fango sulla memoria di un brand storico. Lo stesso anno nasce Quake Live, una versione riveduta di Quake III Arena giocabile in modo del tutto gratuito tramite un browser, previa l’installazione di un plug-in apposito. In seguito, visti gli esigui introiti pubblicitari, sono stati inseriti anche piccoli abbonamenti a pagamento che aggiungono alcune mappe e la possibilità di incontri su server privati.

Il post-id Software di RomeroL’inizio di Romero dopo l’addio a id Software non fu dei più entusiasmanti. Fondò con l’ex collega Tom Hall la software house Ion Storm, dove annunciò, nel 1997, il progetto Daikatana. Il gioco, durante lo sviluppo durato ben tre anni, venne molto criticato per via delle scelte pubblicitarie parecchio discutibili e, al momento dell’uscita, si rivelò uno dei maggiorni flop della storia dei videogiochi a causa di una giocabilità disarmante. Qualche anno dopo tentò una nuova avventura e, sempre con il compagno Tom Hall, fondò Monkeystone Games nel Luglio del 2001, cercando la fortuna nel mercato videoludico per cellulari. Chusa anche questa esperienza, senza infamia e senza lode, passò nell’Ottobre del 2003 a Midway Games come capo progetto di Gauntler: Seven Sorrows, ma due anni dopo abbandonò la società prima di portare a termine il progetto. Nel 2006 annunciò lo sviluppo di una sparatutto in prima persona con Tom Mustaine (fondatore di Ritual Entertainment) per la Cyberathlete Professional League.

Con la triade Wolfenstein 3D, Doom e Quake, J.Carmack e Romero sono stati in grado redarre i codici che ordinano tuttora il modo in cui si sviluppa uno sparatutto in prima persona. Ma la loro eredità non ci ha lasciato “solo” rivoluzioni grafiche e di gameplay. Gli anni 80′ erano un periodo dove il videogioco veniva spesso denigrato e visto come un passatempo puerile o un’inutile perdita di tempo (sebbene oggi non sia apprezzato da tutti, in certi paesi viene piuttosto rispettato). John & John, invece, hanno creato un micro-mondo, dove sono nati i primi neologismi nerd, i fenomeni legati al videogioco come lo speedrun e i LAN Party ma, soprattutto, grazie al multiplayer hanno trasformato un semplice passatempo in un a forma di culto e di ritrovo per videogiocatori. Ora il futuro di John Carmack è piuttosto roseo e lo vede impegnato su due progetti tripla A con id Software: Rage e Doom 4, dove sta sviluppando personalmente il nuovo motore grafico, id Tech 5, che farà girare entrambi i titoli con una grafica da urlo. Mentre Romero, che ha passato gli ultimi anni quasi esclusivamente nell’ombra, è al lavoro su un nuovo MMO in collaborazione con la società Gazillion Entertainment. Speriamo riesca finalmente a farci dimenticare il disastroso Daikatana. Ma il futuro che tutti si auspicano è vederli ancora insieme: recentemente lo stesso Romero ha dichiarato apertamente l’ammirazione per il compagno John Carmack, affermando “Se io e John Carmack decidessimo di creare un altro gioco assieme, sarebbe indubbiamente fantastico”. Rivederli insieme non sarebbe affatto una brutta idea, a maggior ragione pensando a quello che le loro menti in coppia sono state in grado di ideare.