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Recensione

Metroid

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 06/03/2014 alle 00:00
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Samus Aran è una delle eroine più amate dei videogiochi, con quel suo irresistibile mix tra doti atletiche eccezionali e sensibilità tipicamente femminile; fu inoltre una delle prime, e la rivelazione stessa del suo sesso è uno dei momenti topici della generazione videoludica a 8 bit.Non ci sorprende quindi, conoscendo anche Nintendo, il fatto che, dopo aver timbrato il cartellino sia su Wii sia su 3DS, la sua prima avventura giunga anche sulla Virtual Console Wii U, godibile anche off screen sul gamepad.

ZebesMetroid è ambientato interamente sul Pianeta Zebes, un evidente omaggio alle ambientazioni e all’atmosfera che avevano decretato la fortuna di Alien, lungometraggio di Ridley Scott uscito nelle sale sette anni prima.Le innovazioni portate da questo titolo potrebbero sembrare risibili oggi, ma furono clamorose all’epoca del rilascio: oltre alla suddetta, coraggiosa scelta di affidare ad un’eroina un ruolo apparentemente maschile, il gioco propose un miscuglio riuscitissimo, e peculiare, di esplorazione e backtracking, relegando le fasi platform ad un ruolo secondario, contrariamente alla stragrande maggioranza del software disponibile per la console casalinga Nintendo a 8 bit.In Metroid l’esplorazione di un pianeta oscuro, ostile, inospitale e silenzioso era il vero fulcro del gioco, con il giocatore che scopriva, di pari passo con il suo alter ego a schermo, la struttura labirintica di Zebes e i pericoli nascosti nei suoi anfratti più bui: rivisitare zone già esplorate, per precisa volontà o per errore, era una pratica connaturata sin dalle prime ore di gioco, e la completa assenza di qualsiasi aiuto (a partire da una mappa chiara ed esaustiva) costituivano, allora come oggi, la più grande debolezza e al contempo la più grande forza del gioco.Capire come avanzare era decisamente più difficile che passare da una piattaforma all’altra, e rimanere vivi diventava una scommessa contro se stessi e contro un ambiente che provava palesemente a confondere il senso dell’orientamento del giocatore.In breve, nonostante momenti oggettivamente frustranti (che includevano vicoli ciechi e bug che costringevano a ricaricare l’ultimo salvataggio), Metroid divenne un cult indiscusso, e diede il via ad una serie di titoli che ancora oggi gli appassionati aspettano con ansia.

Nello spazio nessuno può sentirti urlareIl level design e la scelta di gettare l’utente in un maledetto labirinto senza alcun tipo di aiuto differenziavano Metroid da qualsiasi altro prodotto della ludoteca Nes, anche perché con la potenza a disposizione sarebbe stato molto difficile proporre qualcosa di più di un platform: anche nella versione Wii U, come per le precedenti, sono evidenti i rallentamenti non appena su schermo si concentrano più di tre sprites, a testimonianza che l’hardware ospite fu spremuto a fondo.Non che i nemici non siano impegnativi, o che tutti i salti possano essere effettuati in scioltezza, intendiamoci, eppure il fulcro del gioco era capire dove infilarsi, quale direzione prendere dinanzi ad un bivio e dove sbattere la testa quando, apparentemente, non c’era via d’uscita: come per altri titoli dell’epoca, in certi punti una guida o dei consigli per avanzare sembrano essere l’unica via, e in questo senso la funzione di salvataggio della Virtual Console e Miiverse sono dei veri e propri toccasana, soprattutto per i più giovani tra i giocatori.Rigiocato oggi, appare ancora più evidente come fossero il game design, la colonna sonora e la natura labirintica di Zebes i veri protagonisti del gioco, visto che le sezioni puramente piattaformiche non restituiscono le soddisfazioni di un Mario qualsiasi e i nemici, con l’eccezione della diabolica Mother Brain e dei suoi due scagnozzi, non rimangano impressi nella memoria a console spenta: ciò che accompagna il giocatore è invece un costante senso di straniamento, di ostilità, aumentati dalla solitudine assoluta e dai silenzi sincopati di una soundtrack eccellente.Di fronte a questa sensazione di difficoltà e di pericolo, è quindi inenarrabile la soddisfazione restituita dalla scoperta di un passaggio segreto, di una via secondaria celata, di una stanza bonus e con essa l’appagamento nel mettere a frutto le abilità di cui man mano la nostra eroina entrerà in possesso, su tutte la Morfosfera, che riscrive completamente il level design ad un certo punto dell’avventura.Non sapremo mai se il ripetersi di alcuni pattern nella composizione delle stanze fossero figli delle limitazioni tecniche o della bastardaggine del design dei livelli, ma il risultato, pur con tutti i limiti del caso, riesce a fare la sua figura anche nel 2014.

AvvertenzeNon possiamo non tessere gli elogi di un titolo come Metroid, anche solo per la grande importanza storica, eppure una serie di avvertenze si rendono necessarie per il giocatore moderno, a digiuno di titoli precedenti all’era PS2: il capolavoro del compianto Gunpei Yokoi è un piatto tanto buono quanto difficile da digerire, e si beffa del giocatore, abbandonandolo davanti ad una serie di schermate paurosamente simili tra loro senza alcun indizio su come avanzare.La ROM caricata da Nintendo sui server è peraltro una copia carbone dell’originale, e come tale ne conserva la rozzezza, le limitazioni tecniche, la palette di colori smorta, i bug e quant’altro.In ultimo, Metroid è disponibile anche su Wii e su 3DS, e l’unico vero vantaggio di questa versione Wii U è la possibilità di lasciare libero il televisore del salotto mentre ci si gioca.Se nessuna di queste istanze vi scoraggia, procedete pure al download a godetevi un titolo che, a nostro avviso, rimane una pietra miliare per il nostro medium preferito.

– Esplorazione nel senso più puro del termine

– Innovativo per i tempi e ancora attuale

– Saprete uscire dal labirinto?

– Colonna sonora azzeccata e disturbante

– Diversi bug

– Nessun aiuto al giocatore. Nessuno.

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Speriamo di aver tracciato un quadro utile tanto agli appassionati di vecchia data quanto ai neofiti più curiosi: approcciare Metroid senza un minimo di spirito critico e la consapevolezza di andare incontro ad un’esperienza di gioco molto diversa da quella odierna significa gettare via 5 euro.

Armandosi di un po’ di pazienza e facendo abbondante ricorso alla funzione di save state della Virtual Console, invece, si godrà di una perla che il tempo ha scalfito solo in parte, che saprà immergervi (soprattutto con un buon paio di cuffie) in un mondo alieno, inquietante oggi tanto quanto lo era nel 1986.

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