Recensione

Lone Survivor The Director's Cut

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Apprezzato esponente della svolta indie cui il mercato console è andato incontro negli ultimi due – tre anni, sull’onda di quanto già avveniva da ben più tempo in ambito PC, Lone Survivor ha saputo guadagnarsi un consistente seguito di fan, tanto da guadagnarsi l’ingresso nel dorato mondo delle console.Eccolo giungere quindi su PlaystationNetwork in versione Director’s Cut, proponendo ad un pubblico decisamente più eterogeneo di quello originario la formula che ne ha decretato il successo poco meno di due ani fa, fatta di atmosfere agghiaccianti, pixels e un peculiare connubio tra survival horror e avventura grafica.Vediamo come si comporta la creatura di Jasper Byrne sulle macchine Sony.

Alone in the darkPrendiamo in prestito il titolo di una famosa serie Infogrames perché fotografa come meglio non si potrebbe le atmosfere e la traccia narrativa di Lone Survivor: ancora una volta, l’umanità sembra essere incappata nella sua fine, ed è quindi il becero istinto di sopravvivenza a prendere il sopravvento, tra strade silenziose e popolate di esseri deformi ed inquietanti, che in realtà altro non sono che un ammasso di pixel rosa salmone, ma fanno lo stesso la loro porca figura.Perché poi è proprio questo uno dei punti di forza della produzione di Byrne (in versione console sviluppata da Curve Studios): l’atmosfera, creata da un azzeccato cocktail di musica, assaggi narrativi ed esplorazione, rende spaventosi esseri di cui nemmeno riusciamo a riconoscere le fattezze, in ossequio allo stile retro adottato dal titolo, non a caso molto più a suo agio sul brillante schermo OLED di PSVita che non sul televisore di casa in versione PS3.La storia è narrata con una tecnica davvero peculiare, in un alternarsi cadenzato di momenti rivelatori ed altri che invece confondono le acque, allontanando, apparentemente, il giocatore dalla verità. Il nostro protagonista solitario sembra saperne quanto noi, e non sempre ha la lucidità mentale necessaria per uscire vivo da situazioni complicate, come un pianerottolo infestato di creature e solamente tre colpi in canna.Il finale risponderà a molte domande e ne porrà altre, a favorire la possibilità di rigiocare l’intera avventura in modalità New Game Plus, riuscendo magari a godersi uno dei finali multipli del titolo.

Salute…mentaleAnche questa Director’s Cut di Lone Survivor si gioca esattamente come l’originale uscito su PC: il gameplay è un originale miscuglio tra un’avventura punta e clicca, dove un’attenta osservazione delle ambientazioni è fondamentale, e un survival horror, in cui verremo costretti a districarci con la scarsità di munizioni, cibo e una serie strumenti utili al prosieguo della nostra partita (su tutti la carne marcia, che fa da esca per i mostri): se sulla carta questi due generi sembrano fare a pugni, nei fatti questi convivono più che bene, donando all’avventura un ritmo lento ma costante, in cui gli scontri andranno accuratamente evitati e le basilari meccaniche stealth vengono invece incoraggiate.La soluzione migliore, in nove casi su dieci, consiste nel far lavorare la materia grigia e trovare un modo per passare inosservato ai nemici, piuttosto che abbatterli: il nostro alter ego non è esattamente un uomo d’azione né un militare addestrato, e la schiacciante inferiorità numerica sconsiglia atti di eroismo.Tramite l’aiuto di mappe chiare e lineari, consultabili alla pressione del tasto cerchio, dovremo addentrarci nei meandri di mappe abbastanza contorte, piene di passaggi segreti, condotti di ventilazione e balconi pericolanti, che aiuteranno ad aggirare il gran numero di porte chiuse in cui regolarmente incapperemo.L’abbozzo di menu presente è semplice e di basso profilo, in tono con l’intera produzione, e rende estremamente naturale piazzare un’esca per uno dei mostri piuttosto che mangiare qualcosa di commestibile trovato durante le nostre peregrinazioni.Oltre all’esplorazione e alle meccaniche stealth di cui sopra, infatti, Lone Survivor adotta un realistico sistema di fame e di stanchezza per il nostro improvvisato eroe, che ci costringerà, di quando in quando, a tornare nel nostro rifugio per riposare (e salvare contestualmente la partita) e a cercare avidamente in ogni angolo delle location che visiteremo alla ricerca di qualsiasi cosa possa essere messa sotto ai denti, pena l’indebolimento (fisico e mentale) del personaggio principale.La gestione delle risorse, un po’ come nel bellissimo (seppur molto diverso) State of Decay riveste quindi un ruolo fondamentale, e il giocatore imparerà presto a non strafare, tornando con regolarità al proprio rifugio, facilitato da un sistema di specchi interconnessi che ci consentiranno, di fatto, di teletrasportarci istantaneamente al sicuro del nostro appartamento.

One man armyLa cura per i dettagli e l’amore di Jasper Byrne per la propria creatura trasudano da ogni pixel: la grafica minimalista ispirata all’era 8 bit sa essere deliziosa, anche se, come accennato, lo schermo di Playstation Vita le rende molta più giustizia del televisore di casa, ma è soprattutto la colonna sonora a rubare la scena.Non a caso l’autore stesso, nelle schermate iniziali, consiglia di alzare il volume e di far uso di un buon paio di cuffie per garantirsi la migliore fruizione possibile del gioco: i motivi di sottofondo sono ben più temibili dei mostri in cui ci imbatteremo, e sapranno incutere, al momento giusto, timore, angoscia, suspense e, anche se solo per brevi tratti, speranza.Il tappeto musicale e gli effetti sonori saranno un tutt’uno con quello che i vostri occhi vedranno a schermo, e il buio (altro consiglio diretto di Mr. Byrne) farà il resto.In una generazione di console dove l’azione ha regnato sovrana, abbiamo gioito per un’atmosfera tanto cupa.I piccoli aggiustamenti messi in atto da Curve Studios coronano una conversione di grande qualità, ottimizzata pur nel massimo rispetto del lavoro originale, che comunque non giustifica, a parer nostro, il doppio acquisto da parte di chi già possegga la versione PC.

– Atmosfera da Oscar

– Facile da giocare

– Meccaniche survival ben congegnate

– Rigiocabile

– Tutto in inglese

– Poche aggiunte di rilievo rispetto alla controparte PC

8.0

Una più che buona conversione di un ottimo titolo non può che dare vita ad un altro ottimo titolo: equazione semplice per uno dei lavori meglio realizzati della recente rinascita indipendente di cui anche il mondo console, seppur con colpevole ritardo, sembra essersi accorto.

A meno che non possediate già la versione PC, o siate allergici alla lingua inglese, l’unica selezionabile, non ci sono motivi per non scaricare Lone Survivor The Director’s Cut e godervelo fino in fondo, immergendovi in un mondo piccolo, tetro e avvolgente, che ci metterà cinque minuti ad avvilupparvi tra le sue spire e circa cinque ore per lasciarci andare, quantomeno per la prima volta.

Ha un che di ironico che una delle migliori esclusive Playstation di questo 2013 sia, di fatto, un ammasso di pixel. Ma tant’è.

Voto Recensione di Lone Survivor The Director's Cut - Recensione


8