Recensione

Killer is Dead

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a cura di Pregianza

I videogiochi devono moltissimo al Giappone, anzi, alla terra del sol levante si può dire che in certi casi il nostro media deve proprio tutto. Da lì sono arrivate gran parte delle più importanti evoluzioni nei generi, e da lì ogni anno continuano a spuntare centinaia di titoli da tenere in considerazione, ma la terra dei samurai ha anche un’altra caratteristica che non va mai dimenticata: è spaventosamente eccentrica. Già, in Giappone di stranezze ce ne sono a bizzeffe, e lo sviluppatore che forse più di ogni altro incarna questa anima “freak” è Suda 51, un singolare game designer che conta parecchi giochi all’attivo ed è balzato agli onori della cronaca in Europa grazie ai due notevoli No More Heroes.  
Suda è strano, ma strano forte, e le sue opere presentano non solo molteplici punti di contatto tra loro, ma numerosi elementi fissi che le distinguono da tutte le altre. Il principale? Una follia inarrestabile che traspare da quasi ogni scena. Tale unicità ha permesso al creativo nipponico di guadagnarsi una schiera di fan, attratti dal fascino della stranezza e dell’imprevedibilità. 
Negli anni Suda è dunque divenuto una sorta di personaggio di culto, anche se i suoi lavori sono spesso tutt’altro che perfetti. La debolezza numero uno riguarda il gameplay, spesso non all’altezza degli altri pezzi del puzzle e fin troppo semplificato. Con Killer is Dead, ultima opera di Grasshopper Manufacture, speravamo di osservare finalmente un bel passo in avanti da questo punto di vista, capace di accompagnare a dovere le pazzie che già prevedevamo di trovare. Ci siamo trovati davanti a un titolo migliorato rispetto ai suoi predecessori, e forse più vicino al suo creatore di molti altri, ma le mancanze purtroppo sono ancora lì.
Sangue, sesso, pazzia e rock n’ roll in un frullatore
Parliamo della trama. O meglio, TENTIAMO di parlare della trama di Killer is Dead. Il “tentiamo” è obbligatorio, sul serio, perché dovete sapere che la narrativa in questo titolo è tra le più spezzettate e confusionarie che abbiamo mai visto. Ora, precisiamo che stiamo parlando pur sempre di Suda, un personaggio che è solito inserire nelle sue creature un numero smodato di assurdità nelle quali è necessario scavare a fondo per trovare i temi più o meno profondi attorno a cui tutto ruota, e alle volte crea anche delle storie piuttosto interessanti in tal modo. Killer is Dead non fa differenza: getta il giocatore in un mondo senza senso, un misto tra fantascienza, attualità e fantasy frullato e buttato a casaccio in un piatto, dove tutto è possibile. Incontrerete alieni, vampiri, fantasmi, e unicorni luminescenti (sì, UNICORNI LUMINESCENTI), in un’ambientazione tra le più bizzarre mai concepite. Poi arriverete alla fine, e vi renderete conto che nella trama ci sono buchi enormi, e che in generale non vi sono stati dati i mezzi per capire con precisione tutto ciò che è successo. 
La demenzialità è ancora lì, quella non manca quasi mai, e i personaggi sono sempre stravaganti e coloriti, eppure avremmo preferito una forma di narrazione più diretta, magari più simile a un Lollipop Chainsaw piuttosto che a un Killer 7 o ai titoli inseriti nell’insieme dei “Kill the Past” (lavori di Grasshopper Manufacture uniti da più fili conduttori, tra cui probabilmente questo Killer is Dead rientra). Forse c’è una bella storia nascosta tra le incongruenze di Killer is Dead, ma è passata dalla mente di Suda, è stata tritata, ed è uscita sotto forma di mare di coriandoli colorati. Spettacolare, non c’è dubbio, ma una volta finito lo show resta solo un pavimento da pulire, e l’euforia cala di botto. Se volete cercare un senso in questa avventura fate pure, ma temiamo che stavolta il gioco non valga la candela. 
Diamoci un taglio. O due. O mille
L’unica reale base di cui dovete tenere conto per avanzare è l’identità del protagonista, Mondo Zappa, un killer professionista recentemente entrato a far parte della squadra di esecutori di Brian. Si tratta di un ufficio governativo controllato da un simpatico cyborg, e specializzato nell’eliminazione di individui estremamente pericolosi e di Wires, mostruosità mutate a causa dell’energia maligna che pervade il creato. Da lì dovrete affrontare una serie di uccisioni divise in capitoli, affidate al vostro gruppo da più clienti. 
Chiunque abbia già giocato ai No More Heroes o a qualche altro titolo di Suda riconoscerà la solita struttura degli action game del designer giapponese. Si affrontano livelli in ambientazioni estremamente variegate dove si eliminano molti scagnozzi minori, per poi giungere allo scontro con un boss in più fasi nel quale l’azione si fa spaventosamente frenetica e le cose diventano ben presto così esagerate da superare la concezione comune dell’over the top. E’ uno scheletro fondamentale estremamente basilare, ma funziona, perché i livelli crescono gradualmente fino allo scontro con i boss, che non deludono mai. 
Killer is Dead tuttavia si differenzia, per la presenza di compiti secondari che non sono sottogiochi o momenti esplorativi, bensì missioni a obiettivi più curate del solito. In generale questo aggiunge una longevità maggiore al titolo, la cui dozzina di fasi non è certo impressionante, anche contando le missioni Gigolò. 
Ecco, le missioni Gigolò. Questo è forse l’elemento peggiore del gioco Grasshopper. Pur consapevoli che Suda è sempre stato piuttosto aperto mentalmente all’inserimento del sesso nei videogiochi, questa volta pensiamo abbia toppato. Non è tanto l’idea fondamentale a farci storcere il naso, si tratta pur sempre solo di conquistare delle procaci donzelle con dei doni per ottenere vantaggi e armi secondarie extra, ma l’esecuzione. Una volta partita la conquista, infatti, dovrete solo fissare le parti intime della vostra interlocutrice mentre non vi guarda, per far salire sangue al cervello e poterle dare un regalo. Una volta riempita la barra dell’affetto a forza di omaggi, vi apparterete con lei e otterrete il bonus desiderato. Se non l’aveste colto subito ve lo diciamo noi: è noioso, facilotto, ripetitivo e avremmo preferito una sua eliminazione o sostituzione in toto. 
La musica per fortuna cambia sostanzialmente quando si passa al gameplay vero e proprio, di solito tallone d’Achille di Suda 51 e compagni. Killer is Dead conta infatti un sistema peculiare, non complesso come quello visto in action hack ‘n’ slash più tecnici, ma sempre basato sul tempismo e sulla difesa. In pratica, non avrete combo multiple, solo serie di colpi veloci e attacchi spezza guardia. Inizialmente non potrete fare molto altro, a parte sparare proiettili di sangue con il braccio bionico di Mondo, il Musselback, ma avanzando le capacità del protagonista si amplieranno a forza di cristalli droppati dai nemici morti, che potranno venir spesi in un comodo menù di potenziamento per ottenere tecniche e capacità passive. Verso metà gioco il sistema diventa quindi più curioso e raffinato, con una certa enfasi sulla necessità di accumulare sangue dai nemici in modo da usare varie esecuzioni in serie sugli avversari non corazzati, e sul non farsi colpire per accumulare punti combo e con essi guadagnare velocità negli attacchi. Certo, ci mettono del loro anche i nemici, che oltre a vantare attacchi diversificati spesso sono rinforzati e molto resistenti, estremamente agili, o da uccidere dalla distanza col sopracitato Musselback. Conquistando donzelle nella modalità Gigolò e avanzando nell’avventura, si ottengono poi altre varianti del braccio di Mondo, tra cui un fucile a pompa congelante, una potente trivella, e un cannone energetico esplosivo, tutti alimentati a sangue. 
In generale è un’evoluzione delle meccaniche viste in No More Heroes o in altri titoli Grasshopper, e diverte grazie alla frenesia degli attacchi e l’enfasi su schivate e parate. Va infatti precisato che il modo migliore per eliminare i nemici è schivare i loro assalti all’ultimo momento, mentre brillano di rosso, per contrattaccare con una serie di fendenti che oltre a fare molti danni garantisce utile sangue aggiuntivo. Il tutto però ha qualche problematica, derivante da alcune scelte non proprio brillantissime. In primo luogo non c’è un targeting, e questo rende poco affidabili gli attacchi parzialmente direzionali che richiedono l’utilizzo degli analogici al momento del colpo. Non aiuta la telecamera, confusionaria e fin troppo ravvicinata e ballerina. I pattern dei nemici sono inoltre fin troppo prevedibili, e la cosa vale anche per molti boss, quindi il titolo non è particolarmente arduo se giocato a difficoltà normal. La presenza di revive istantanei acquistabili dall’ufficio di Brian chiamati Biglietti di Mika e di abilità curative utilizzabili consumando sangue, rendono il tutto ancor più leggero sui polpastrelli. Le cose chiaramente si complicano alla difficoltà massima (non disponibile da subito), ma comunque il sistema resta sempliciotto.
Ora della fine è difficile non apprezzare l’insieme, perché gli scontri si trasformano in una sorta di strana danza sanguinolenta, ricca di esecuzioni e schivate stilosissime. La risposta dei comandi ci è sembrata ottima, anche se non impeccabile senza alcuni dovuti potenziamenti alla mobilità del protagonista. Insomma, non troverete un combat system da applausi, ma almeno Suda ha curato le cose meglio del solito e c’è un po’ di profondità nel tutto. Apprezzabile il fatto che Mondo si potenzi a forza di sangue e cristalli vitali raccolti dagli avversari morti, e che le missioni contengano un punteggio finale davvero difficile da perfezionare, che porterà alcuni giocatori a migliorarsi di volta in volta. Alcune sfide extra, ottenibili trovando una sexy infermiera nascosta nelle mappe, non fanno che sottolineare ulteriormente i lati positivi del combattimento.
Sexy
Tecnicamente, invece, di lato positivo ce n’è soltanto uno: lo stile. Killer is Dead ha carisma, un quantitativo stratosferico di carisma, grazie a un comparto grafico stilizzato e anime-like, a un character design di un certo livello, e a mappe che sembrano uscite dalla testa di uno che ha mangiato quattro chili di peperonata e poi è andato a fare un bagno nel Mar Glaciale Artico. Il resto tuttavia fa acqua da ogni dove. I modelli tridimensionali non sono molto dettagliati, le animazioni risultano un tantinello legnose, l’aliasing è evidente, si notano alcuni fastidiosi rallentamenti in situazioni concitate, e le mappe sono estremamente lineari e limitate, nonostante l’estro delle locazioni. Gli effetti speciali, quasi disegnati, migliorano un po’ l’impatto generale, ma l’impressione è quella di avere per le mani un gioco abbastanza arretrato. Ci sono anche alcuni bug legati all’interpolazione poligonale, che non mancano mai al party. 
Da esultanza in curva invece il sonoro, con doppiaggi di qualità degna (anche se la voce irritante della giovane Mika vi farà maledire il cielo più e più volte), e una soundtrack di quelle da manuale, che balza dai classici di Dvorak al rock con una grazia da pantera.  D’altronde dietro c’è il solito Yamaoka, ed è una garanzia. 
Scarsina la longevità. Saltando le missioni secondarie il gioco si finisce in circa sei ore, e complessivamente non vi terrà impegnati per più di una decina anche dedicandosi a ogni attività presente. Certo, trattasi di action game rigiocabile, quindi potrebbe rubarvi anche mesi in base a quanto desiderate perfezionare i vostri punteggi ed esplorare ogni pertugio. 

– Combat System semplice ma divertente e ben calcolato

– Boss fight sempre spettacolari

– Dire che è “folle” è davvero riduttivo

– Ha stile da vendere

– Fasi Gigolò noiose e mal calcolate

– Narrativa spezzettata e zeppa di buchi

– Struttura dei livelli un po’ troppo limitata e limitante

– Cali di frame rate e singhiozzi tecnici

7.5

Killer is Dead è un gioco di Suda 51 in tutto e per tutto. Lo diciamo sempre quando scriviamo un pezzo su una sua opera, ma questa in particolare sembra incarnare la visione di videogame d’azione dell’autore più di ogni altra. Un mondo folle, eventi imprevedibili, una trama spezzettata e incomprensibile la cui chiave di lettura non viene data al giocatore, boss fight esagerate e spettacolari, e un gameplay semplice che sboccia con l’avanzare del tempo. Tutte cose che i fan dei Grasshopper hanno imparato ad amare negli anni, ma che pian piano iniziano a diventare un po’ stantie. E’ peculiare osservare come uno dei designer più folli in circolazione si stia dimostrando in realtà piuttosto limitato quando si tratta di rivoluzionare e ampliare il suo concetto di gioco. I miglioramenti ci sono stati, ma non arrivano al livello auspicato, la varietà è aumentata, ma non è ancora abbastanza da distinguere questo prodotto da ciò che lo ha preceduto, e in certi casi superato. Vorremmo davvero vedere tanto estro inserito in un prodotto di ben altra caratura, meno costrittivo, e meno bloccato dalle barriere che lo sviluppatore nipponico sembra essersi autoimposto. Killer is Dead non è un brutto titolo, specie se avete amato i No More Heroes, ma non ne supera il carisma e, nonostante la sua assurdità, fatica a rimanere impresso quanto altre opere di Suda. Amate il buon Goichi? Prendetelo senza esitare, ma non aspettatevi un capolavoro.

Voto Recensione di Killer is Dead - Recensione


7.5