Recensione

Dynasty Warriors Gundam Reborn

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a cura di FireZdragon

Arrivando a imporre un genere completamente nuovo sul mercato per prima, Tecmo Koei ha letteralmente costruito una fortuna grazie ai Musou. Dynasty Warriors ha segnato il passo di un genere che ormai, da diversi anni a questa parte, ha visto migliorie minime sia nel comparto tecnico sia per quanto riguarda il gameplay, inserendo invece solo piccole variazioni incapaci di portare il tanto atteso salto di qualità.La serie principale si ricicla ormai in maniera costante e, cosa ben peggiore, continuano a venir acquisite licenze per sfruttare i brand più noti, così da fare i famosi “soldi facili” senza investimenti importanti alle spalle e un’adeguata cura in fase di sviluppo.Ne abbiamo viste veramente di ogni ultimamente, ma questa è la prima volta che ci troviamo di fronte ad una sorta di reboot per una serie Musou parallela, reboot solitamente giustificati da ampi cambiamenti in diversi ambiti, siano essi visivi o ludici. Nulla di tutto ciò è accaduto e, anzi, ci troviamo di fronte a un vero e proprio passo indietro rispetto a quel Dynasty Warriors Gundam 3 uscito nel 2011 in questo stesso identico periodo, andiamo a vedere insieme il perché.

Due anni di attesa per cosa esattamente?Il primo grosso cambiamento lo troviamo nella struttura della campagna. Abbandonata la folle idea dell’universo alternativo vista nel terzo capitolo, Gundam Reborn torna su binari più sensati presentando poco meno di una decina di linee temporali distaccate, durante le quali il giocatore si troverà invischiato nelle battaglie decisive della trama. Potremo così calarci nei panni di Amuro e combattere contro Char, entrare nell’abitacolo del Gundam Unicorn, affrontare le vicende di Gundam Seed o ancora rivivere gli episodi di Gundam Destiny. Ovviamente in questa modalità sarà il gioco a imporci quali piloti utilizzare, quali Mobile Suit, e contro chi scontrarci, ma nell’Ultimate Mode nulla ci vieterà di mischiare piloti di una serie con suit di origine completamente diversa, tentando tra le altre cose di soddisfare determinati requisiti per conquistare speciali medaglie. La scelta in questo caso è ampissima e i fan impazziranno quando si troveranno per le mani più di centoventi mech differenti tra i quali scegliere, compresi anche alcuni estranei alle storyline principali come i modelli della serie New Mobile Report Gundam W. Ad aggiungere carne al fuoco ci si mettono anche le Mobile Armor e le Battleship, disponibili solo in alcune missioni speciali ma che, quantomeno, riescono a variare leggermente la solita routine ripetitiva.È proprio la routine dei combattimenti infatti che ha ucciso tutto il nostro entusiasmo. Il combat system si basa come sempre sulla combinazione di colpi leggeri e colpi potenti con mosse e combo da concatenare in serie nel più tipico button mashing. A differenza del terzo capitolo però, viene introdotta la possibilità di eseguire un attacco speciale in collaborazione con un compagno, una sorta di doppio musou in rapida sequenza (e non contemporaneo come nella serie principale), e la capacità di entrare in una modalità boost che ci fornirà mosse aggiuntive per un periodo limitato, attivando al contempo abilità speciali del mobile suit che stiamo pilotando.Purtroppo manca tutta la varietà della ricerca delle armi o la possibilità di saltare, inchiodando i mech a terra e rendendo il tutto ancora più lento e macchinoso. Una sorta di salto in realtà esiste, ma si tratta della semplice attivazione dei postbruciatori grazie ai quali fluttuare a mezz’aria, funzione prettamente inutile vista l’immobilità cronica degli avversari.Nemmeno nello spazio, dove l’assenza di gravità poteva offrire uno spunto aggiuntivo, la situazione cambia, visto che i robot nemici combatteranno tutti sullo stesso piano, non solo quindi rendendo le sezioni identiche a quelle terrestri ma anche regalando un impatto visivo davvero pessimo.

Un passo avanti e due passi indietroPassano gli anni ma Tecmo Koei sembra non voler imparare, e magari nemmeno gli interessa, dai propri errori. Ecco allora che con Dynasty Warriors Gundam Reborn torna la grafica dei primi due capitoli, abbandonando quel cel shading che tanto avevamo apprezzato in Dynasty Gundam 3. Se il lato estetico può essere messo nelle note dei “gusti personali” il verdetto, una volta in missione, non lascia adito a dubbi. L’appesantimento dei modelli poligonali e il ritorno alla grafica classica porta a una netta riduzione dei robot a schermo, non solo abbattendo uno dei pilastri portanti del gioco ma mettendo in mostra la pochezza delle ambientazioni, spoglie, mal realizzate e davvero poco ispirate: insomma in puro stile Dynasty Warriors. Con lo split screen e la possibilità di giocare in due le cose peggiorano ulteriormente, con il comparto tecnico che crolla al limite della sopportabilità, facendo guadagnare al gioco però divertimento e una maggior varietà.Più che discreti i diversi modelli di Gundam, ma le nostri lodi qui si fermano perché esplosioni, animazioni ed effetti grafici continuano classicamente a non convincere.

Niente di buono? Qualcosa si!Come dicevamo non esiste la possibilità di trovare sul campo di battaglia armi o equipaggiamenti specifici, ma è possibile tuttavia recuperare alcuni piani speciali per potenziare i propri mobile suit. Durante le missioni verranno lasciati cadere dai nemici in maniera casuale i suddetti schemi, che potranno essere fusi per aumentare le nostre statistiche, ma anche potenziare le abilità e modificarle con un semplicistico sistema di crafting, immediato e funzionale. Certo, non perderete la testa per trovare il setup migliore, ma è un sistema accessibile che riuscirà ad aumentare la longevità del gioco, già buona di suo se vorrete completarlo al 100%. Anche i piloti avranno statistiche proprie, migliorabili semplicemente completando le missioni ed accumulando punti esperienza, una trovata che favorisce gli amanti del farming e gli appassionati della serie, abituati a lunghissime sessioni di gioco solo per poter guadagnare quel punticino in più utile per finire il tutto anche alla difficoltà più alta.

– 120 Mobil Suit da pilotare

– Tante campagne distinte

– Sistema di upgrade semplice ma funzionale

– Tecnicamente è una vergogna

– Combat System immutato negli anni

– Missioni davvero troppo ripetitive

6.0

Sono passati sette anni dal primo Dynasty Warriors Gundam, ma sembra essere in realtà trascorsa solo una manciata di mesi. Ci sono tutti i difetti classici della serie, siamo tornati a uno stile grafico classico abbandonando il cel shading e dal punto di vista del gameplay non ci sono grosse o significative innovazioni. Se pensiamo che questo capitolo è addirittura un’esclusiva Playstation 3, ci piange un po’ il cuore a vedere un’altra occasione sprecata così. Tirando le somme, dunque, non siamo certo noi a dovervi indirizzare o meno sull’acquisto del titolo, gli elementi per decidere da soli ormai li avete tutti, e l’unica nota veramente positiva è la mole contenutistica per quanto riguarda i mobile suit che, nonostante qualche mancanza di rilievo, riuscirà a conquistare tutti i fan.

Voto Recensione di Dynasty Warriors Gundam Reborn - Recensione


6