Dragon Ball: Una nostalgica retrospettiva

Avatar

a cura di Doctor.Oz

Nei libri di Storia si annoverano sempre le tre principali religiose monoteistiche moderne sulle quali il nostro libero pensiero in quanto società civile, sciolto o meno da esso, viene da secoli influenzato. Forse vittima di una interplanetario complotto, esiste una quarta religione apparentemente sconosciuta agli storici, e che negli anni ha saputo influenzare il pensiero di intere generazioni. Parliamo proprio della religione fondata in Giappone nel 1984 da Akira Toriyama, che ha nel proprio pantheon di divinità tutti i personaggi, dal primo all’ultimo, usciti dalla testa del Maestro e che vanno a popolare da oltre trent’anni l’universo di Dragon Ball. E tutti noi, nessuno escluso, come devoti adepti a questa religione che presto conquisterà il mondo, ne diffondiamo il Verbo, celebrando Maestro Toriyama come si deve, perpetrando la visione delle intere saghe da Dragon Ball a Dragon Ball Z (chi annovera Dragon Ball GT come saga da guardare, viene inesorabilmente dichiarato apostata e messo alla gogna) fino alla recente e più che piacevole Dragon Ball Super. Ed in questi anni passati davanti la Tv e sfogliando pagine e pagine di volumi inchiostrati e disegnati eccezionalmente, quale miglior modo di inneggiare al Maestro se non quello di spellarci le dita sulla moltitudine di titoli (più di cinquanta, lo ricordiamo) fioriti negli anni e approdati sulle piattaforme più disparate? E proprio in vista della closed beta di questi giorni del nuovo Dragon Ball FighterZ di Arc System, che abbiamo colto l’occasione per rovistare nel nostro immenso scatolone dei ricordi dal quale, frugando febbricitanti, abbiamo rivangato alcuni tra i titoli picchiaduro a cui siamo rimasti più attaccati. Ingannando l’attesa da qui a febbraio, periodo di uscita del nuovo picchiaduro di Arc System, siete pronti per un tuffo nel passato, glorificando ancora una volta la luce con la quale il Maestro da almeno tre generazioni illumina noi comuni mortali?
Dragon Ball Z: Super Budoten Saga
E’ vero, Super Budoten forse non sarà il primissimo picchiaduro uscito dal Dragoverso, ma certamente è il primo degno di nota. Uscito su piattaforma SNES, il primo capitolo (la saga ne conterà tre in tutto), uscì in Giappone nel 1993, a ben quasi dieci anni dalla release ufficiale del primo capitolo del manga. Un tempo più che sufficiente a fare breccia nel cuore degli appassionati di Dragon Ball che finalmente poterono mettere le mani su un titolo composto da un roster sufficientemente ampio composto da dieci combattenti e da un combat system pregevole e dinamico, che riusciva in pieno a riportare su schermo catodico la frenesia degli scontri visti sulle pagine del manga. Piacevole fu l’idea proposta dagli sviluppatori nel secondo capitolo: perdendo alcuni incontri dello Story Mode si rischiava di riscrivere completamente la storia del manga. Nonostante fosse una serie molto piacevole, su Budoten le magagne non mancarono di certo: il secondo capitolo, importato in Europa solo in Francia e Spagna, presentava una traduzione che in confronto Google Translate apparirebbe degno di laurea cum laude. Un lavoro di traduzione pessimo che presentava frasi senza senso alcuno e che in molte occasioni minava la fruibilità dell’esperienza videoludica. Ciò che è bene sapere: nel terzo capitolo mancava lo Story Mode. Alcune tra le lingue più malevoli, mandarono in giro la diceria che fu tolta poiché non rientrava nello spazio di archiviazione della cartuccia poiché troppo pesante. Dragon Ball Z: Ultimate Battle 22
E come viene riportato nelle Sacre Scritture, dal Vangelo seconda Toriyama, tankobon n. 4, versetto diciotto:”[…]è qui che i falsi profeti verranno smascherati ed allontanati dal culto del Maestro: solo chi ha forgiato i propri polpastrelli distruggendo decine di pad su questo titolo può assurgere al ruolo di guida spirituale e può parlare di Dragon Ball orgogliosamente, senza timore alcuno di essere giudicato”. DBZ: Ultimate Battle fa la sua comparsa su Sony Playstation nel 1995 e fa da spartiacque per un’intera generazione di gamer: grazie alla sua grafica ibridata 16-bit e tridimensionale, resta a distanza di anni uno dei titoli più famosi e conosciuti dalla saga, nonostante fosse sotto tanti aspetti un gioco quasi pessimo. La critica videoludica dell’epoca si mise letteralmente di traverso, stroncando il gioco sotto ogni aspetto. Le animazioni dei personaggi risultavano macchinose, il cobat system legnoso, gli ambienti 3D erano poveri e renderizzati malissimo, gli effetti particellari, gli effetti di luce e gli attacchi energici resi talmente tanto male che in un porting successivo su SEGA Saturn furono sostituiti completamente e ricreati da zero. Eppure il pubblico rimase entusiasta da questo gioco, affascinato dalla ricchezza dei personaggi presentati, ventidue per l’appunto, che diedero per la prima volta la possibilità alle migliaia di fan di mettere le mani su quasi tutti i personaggi della saga. E in un mondo in cui la banda larga era ancora un’utopia, avendo le amicizie o i cugini giusti, si poteva venire a conoscenza dei codici utili a sbloccare cinque personaggi aggiuntivi, tra i quali Gogeta, apparso solo nei film e mai nella serie animata. All’alba del mondo che sarebbe stato dominato da internet appena un lustro dopo, questi segreti venivano custoditi gelosamente e contribuirono a creare delle vere e proprie sette, veri e propri Priorati di Toriyama, sparse un po’ dappertutto. Ancora ricordo a memoria il giorno in cui andai dal mio negoziante di fiducia a farmi un giro a vedere i nuovi arrivi, quando, senza proferire parola alcuna, mi guardò fisso e lontano da sguardi indiscreti mi passò un foglietto di carta che recitava “Freccia sù, Triangolo, Freccia Giù…”. Il resto è, semplicemente, leggenda. Ciò che è bene sapere: per i modelli in 2D dei personaggi sono stati usati gli stessi lucidi utilizzati nella serie animata, ecco il motivo che i personaggi presenti in UB22 sembrassero appena usciti dalla puntata de pomeriggio. Dragon Ball: Final Bout
Che Akira Toriyama ce ne scampi e liberi, semplicemente. Noi ne parliamo per dovere di cronaca e per il fatto che, a tutti gli effetti, questo è l’unico titolo ad essere dedicato interamente alla (bruttissima) saga di Dragon Ball GT. Apparso nel 1996 su PlayStation, Final Bout è il primo titolo ad essere completamente sviluppato con grafica poligonale. Passerà alla storia, oltre per questo, per essere uno dei titoli più noiosi dell’epoca moderna: lento, macchinoso e frustrante, Dragon Ball: Final Bout metteva a schermo il peggio che si potesse immaginare. Anche scriverne fa tornare a galla traumi che avremmo voluto dimenticare. Per favore, non ne chiedete più. Mai più. Ciò che è bene sapere: è meglio non saperlo.

Dragon Ball Z: Budokai Saga

La serie Budokai è, senza ombra di dubbio, la quintessenza della saga di Dragon Ball. Il primo titolo, pubblicato su PS2 prima e GameCube dopo, presentava ancora una grafica in 3D, sostituita nei capitoli successivi dal cell-shading che rese celebre tutti i titoli successivi e che ancora oggi viene copiato ed utilizzato nei titoli moderni. Motivo del successo di questa serie, di cui ancora oggi se ne parla come la migliore di tutta la stirpe dei picchiaduro apparsi su console, è il combat system, variegato e dinamico, che riusciva a centrare in pieno l’essenza della serie animata. Il gioco era a tutti gli effetti il sogno bagnato dei fan: pieno di richiami e rimandi alla serie originale, era una fedele trasposizione uno a uno di personaggi, trasformazioni e super-mosse già visti nella saga principale, inseriti in un combat system preciso e tecnico, al punto di rendere spettacolare qualunque combattimento e di non farlo mai scadere mai nella banalità. Lo story mode era curato ed appagante, per non parlare del grado di personalizzazione del proprio combattente, il quale poteva essere modificato assegnandogli delle particole capsule le quali gli davano determinati valori di attacco o di difesa, o potevano cambiargli l’intero moveset. Trionfo di critica e osannato dai fan, la serie Budokai, in particolare il terzo capitolo, è forse il più significativo di tutti i videogame usciti. Ciò che è bene sapere: nel secondo capitolo, il mefistofelico Darbula smette di essere politically correct e si abbandona un po’ troppo alla vita da strada. Se si fa particolare attenzione, quando occasionalmente viene colpito pronuncerà la frase “Son of…” (figlio di…) senza però completarla. Insomma, Dragon Thug Life.

Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi Saga
Leggenda narra che il giorno in cui le schiere di fan si metteranno d’accordo su quale sia il capitolo migliore della saga, il Maestro Toriyama giungerà di nuovo sulla terra portando in dono una nuova serie di Dragon Ball scritta, diretta e disegnata da lui stesso. Nel frattempo però, noi continuiamo a vivere nell’utopia che ciò accada e ci crogioliamo rivangando nello scatolone dei ricordi un’altra saga di pregevolissima fattura: la serie Budokai Tenkaichi. Siamo consci che questa serie di titoli non rientri nella categoria, non essendo Tenkaichi un picchiaduro 2D canonico, ma abbiamo voluto inserirla in questo articolo poiché pesca a piene mai dalla grandiosa saga precedente. Apparsa anch’essa su PS2 e Wii, proprio del predecessore ne copia lo spirito cambiando drasticamente il metodo di gioco. Dimenticate il combat system 2D tecnico visto in Budokai, in questa serie Tenkaichi sviluppata in collaborazione tra Bandai Namco e Atari, si passa ad un nuovissima visuale alle spalle del combattente, che porta i combattimenti con spazialità tridimensionale. Anche qui si ebbe un tripudio tra critica e pubblico, che portò alla nascita di un terzo capitolo considerato ancora oggi uno dei più completi della saga: con oltre centocinquanta personaggi presenti, tra trasfomazioni e variazioni, un move set completo, uno Story Mode lunghissimo e tantissimi extra presenti, la serie Tenkaichi si è ritagliata nel cuore degli appassionati uno spazio grande quanto il drago Shenron. Passando alla tridimensionalità si è perso molto dell’agonismo presente nel precedente Budokai, ma tutt’ora risulta essere un titolo completo ed appagante. Ciò che è bene sapere: è il piacchiaduro dal roster più ampio in assoluto. Da questo titolo in poi, verrà riproposta più volte la visuale di spalle al personaggio, ripresa anche in titoli successivi e più moderni come Dragon Ball: Raging Blast e Dragon Ball: Xenoverse.

Dragon Ball: Extreme Budoten

Giungiamo dunque alla fine del nostro viaggio attraverso il Dragoverso, sentendoci in debito morale di nominare uno dei più recenti titoli del nostro amico Goku, titolo che senza mezze misure è il migliore visto negli ultimi anni. E non a caso, lo sottolineiamo, sviluppato da quegli Arc System che stanno finendo di produrre il nuovissimo FighterZ. Di Extreme Budoten è facile parlarne: è, senza mezzi termini, un gioiello. Nonostante l’hardware del 3DS faccia fatica a volte a stare dietro alla dinamicità degli scontri, questo picchiaduro in 2D è un vero e proprio ritorno alle origini della saga, aiutato da un combat system pressoché perfetto. Peccato per l’online, non supportato, che lo rende un po’ un piccolo tesoro recintato all’interno del proprio piccolo scrigno.

La saga di Dragon Ball è molto più che un semplice franchise: è una vera e propria religione che negli anni ha saputo rinfoltire le schiere dei suoi adepti attraverso prodotti di tutti i tipi, più o meno qualitativamente buoni. Il nostro lavoro negli anni non è mai cambiato, e di quei titoli tanti ne abbiamo giocati e tanti ancora ne giocheremo. Di certo quelli più emblematici hanno contribuito a rendere ancora più grande la creatura del Maestro Toriyama al punto tale che, a distanza di trentatré anni dalla prima release del primo episodio apparso per la prima volta su Weekly Shonen Jump, ci ritroviamo ad attendere impazientemente il nuovo titolo degli Arc System, ovvero Dragon Ball FighterZ. Nonostante siamo in odore di closed beta se sia o meno un capolavoro è presto per dirlo, quello che sappiamo è che dobbiamo avere fiducia ed aspettare il poco tempo che ci resta dall’uscita del titolo. Nei secoli dei secoli. Amen.