Recensione

Ancestors Legacy, recensione di un RTS cupo e sanguinolento

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

… E la terza volta è quella buona. Hatred e IS Defense sono stati degli scherzi mal riusciti, risaliti alle luci della ribalta principalmente per i loro temi controversi e per la facile polemica che volevano suscitare, ma dal punto di vista qualitativo non si andava oltre l’insufficienza. Con Ancestors Legacy, cupo RTS ambientato nell’Alto Medioevo, i ragazzi polacchi di Destructive Creations si sono lasciati alla spalle quella infantile – quanto inutile – voglia di andare sopra le righe, e il loro terzo lavoro si rivela finalmente un’opera compiuta, non circoscritta alla mera e vuota violenza e, anzi, in un genere sempre fermo su i suoi stilemi, il titolo cerca di differenziarsi dalla massa. Ancestors Legacy non è uno strategico senza macchia, qualche passaggio a vuoto c’è, ma nel complesso, contando anche un po’ il pregiudizio nei confronti del team di sviluppo, gli spunti positivi riescono a posizionare il gioco abbastanza sopra la media.
Saccheggi, non guerre
Fin dalle origini, gli strategici in tempo reale si sono arroccati su posizioni molti conservative e, nonostante lo sviluppo tecnologico e le commistioni con altri generi, non sono state molte le evoluzioni significative nel corso della loro storia. Fra i numerosi esponenti, la serie di Company of Heroes si è dimostrata una delle poche coraggiose, un boccata d’aria fresca con voglia di innovare e di scardinare alla base delle meccaniche ormai stantie. Sin dai primi click, appare forte l’influenza esercitata dal lavoro di Relic Entertainment su Ancestors Legacy: ovviamente nel X secolo d.C non c’erano Panzer ed MG-42 fisse, ma al di là del diverso contesto storico, le somiglianze ricorrono in molti frangenti, a partire dalla gestione delle unità. Queste ultime sono infatti organizzate a squadre, piccole formazioni che raggruppano tre o quattro fanti o cavalieri e che, anche nelle fasi più avanzati delle partite, non superano mai la decina. Il numero contenuto ha dei risvolti sull’impostazione delle partite e detta dei ritmi più lenti e compassati, senza le classiche fasi finali tipiche ad esempio di uno StarCraft, con sciami di truppe presenti su tutto lo schermo. Ogni singola squadra, dati anche i costi elevati di reclutamento, ha un valore intrinseco molto elevato e tutto il design del gioco è stato strutturato proprio attorno alla loro gestione, e a livello macro e a livello micro. 
A differenza di quasi tutti gli RTS, Ancestors Legacy ha infatti una spiccata componente tattica e i duelli non si risolvono in mere azzuffate caotiche di cavalieri. Le battaglie non assumono mai toni epici, ma sono una serie di agguati e saccheggi fra contenuti manipoli di truppe e queste dimensioni ridotte hanno permesso ai dev di inserire attacchi alle spalle, accerchiamenti, fuoco di copertura e fuoco amico e una meccanica legata alla morale che spesso decide l’andamento dei duelli. Ogni singolo ingaggio può essere fatale, perché non c’è modo – ad esclusione di una breve ritirata – di disimpegnare le truppe ed occorre quindi sempre pesare accuratamente le mosse. In questo ambito, occorre spendere parole positive anche sul campo visivo dinamico, non il solito raggio che si espande a partire dalle proprie unità.
Dal micro al macro
L’importanza data alle singole entità dell’esercito porta con sé delle evidenti ricadute in termini di microgestione: ad ogni unità sono infatti collegate varie macro e shortcut da tastiera, abilità utili ad esempio per infondere coraggio ai propri compagni, per abbattere il morale dei nemici o, ancora, per alzare gli scudi ed evitare eccessivi i danni provocati da una pioggia di frecce. I pochi soldati coinvolti in battaglia limitano le ripercussioni di questa scelta di design, ma ogni tanto è difficile tenere sottocchio tutto ciò che può influenzare l’esito di un duello. Anche il terreno di gioco svolge un ruolo di primo piano, l’erba alta è un ottimo nascondiglio dal quale tendere agguati, il fango può appesantire il passo del proprio esercito, mentre le torce accese aumentano il campo visivo durante le ore notturne: i fattori sono davvero numerosi, ma purtroppo non sono messi ben in evidenza da una UI che tende in alcuni casi a nascondere più che a mostrare, basata su un sistema di icone piccole e poco chiare. 
La gestione degli insediamenti e delle risorse funziona però perfettamente come controparte: il base building è infatti pressoché assente e anche la raccolta dei materiali è legata ad alcuni punti chiave disseminati sulla mappa, esattamente come accade nei due Company of Heroes. Il reclutamento, lo sviluppo tecnologico e l’ampliamento della base sono inoltre snelliti grazie ad un unico menù contestuale, dal quale si accede anche ai singoli villaggi conquistati, indispensabili per la raccolta del ferro, del legno e del cibo. Quest’ultima risorsa è poi stata sfruttata per valorizzare il contesto storico, quell’Alto Medioevo in cui gli eserciti erano soliti procurarsi da vivere saccheggiando e depredando fattorie e case indifese: durante la partita, la quantità di cibo diminuisce costantemente all’aumentare delle proprie truppe e occorre sempre procurarsene del nuovo, in qualsiasi modo. Questa penuria aumenta la dinamicità dell’azione e spinge il giocatore a non arroccarsi eccessivamente su posizioni difensive. 
Il Medioevo secondo gli illuministi
L’immagine che Destructive Creations ha voluto trasmettere è quella di un periodo storico duro, non per nulla da molti definito come gli Anni Bui e anche la scelta delle campagne e delle fazioni rispecchia questa visione. Le sei storie raccontate – a cui se ne aggiungeranno altre prossimamente – sono le vicende dei popoli vichinghi, anglosassoni, slavi e germani, ma non nelle gloriose vesti di conquistatori senza macchia, bensì in quelle di predoni avidi e spietati. Le singole missioni sono accompagnati da art work crudi, non mancano testi espliciti e non ci si vergogna a dipingere re, monaci e nobili come bifolchi assetati di sangue e sempre pronti a vessare i contadini. Le campagne funzionano sia per il tono meno stucchevole e trionfalistico, sia per lo svolgimento delle missioni, suddivise in più fasi e con obiettivi ben diversificati, in cui spicca inoltre un level design capace di dar ulteriore valore alla tatticità delle battaglie. L’unica pecca è rappresentata da una IA non troppo “sveglia”, che ogni tanto reagisce con ritardo ai solleciti del giocatore e che ai livelli di difficoltà più alti non mette in gioco mosse più articolate, ma semplicemente si rivela più aggressiva e sfrutta delle scorciatoie per arruolare più truppe. Il singleplayer è poi completato dalle schermaglie contro la CPU, mentre l’online è strutturato su uno schema molto vicino a quello di Company of Heroes, anche per quel che riguarda le due modalità di gioco, dominazione e annientamento, la prima legata ad un sistema di punti, la seconda abbastanza autoesplicativa. Ovviamente questa scelta non può essere premiata dal punto di vista dell’originalità, ma se funziona non si capisce perché non dovrebbe essere replicata. 
Diapositive dall’inferno
Ancestors Legacy ha un ben altro spessore rispetto ai precedenti lavori di Destructive Creations, ma il team polacco non è però riuscito ad evitare completamente il suo antico vizietto e anche in questa nuova produzione c’è spazio per un’inutile violenza del tutto decontestualizzata. Le immagini sono molto esplicite, i duelli sono resi più crudi grazie ad una telecamera ravvicinata, non mancano arti mozzati e fiotti di sangue ovunque e la furia distruttrice non risparmia anche gli indifesi paesani. Qualcuno potrebbe obiettare che in tutti gli altri RTS i “cittadini” possono essere eliminati senza troppi problemi, ma è anche vero che questi ultimi sono capaci di difendersi, come in Age of Empires – cosa che in Ancestors Legacy non avviene – e che la loro uccisione ha dei risvolti in termini di gameplay – meno unità= meno risorse raccolte – mentre qua è solo una crudeltà fine a sé stessa, dato che i contadini sono NPC di semplice contorno estetico. Sinceramente, vedere delle torce umane arse dentro a delle case non aumentata in alcun modo il senso di immedesimazione e poteva essere benissimo evitato, senza che il titolo subisse ripercussioni qualitative. 
Questo eccesso è un vero peccato, perché visivamente il colpo d’occhio è più che buono, grazie all’effettistica di un Unreal Engine 4 capace di dar vita ad un netto contrasto tra i toni sempre scuri e le fiamme che divampano nei villaggi conquistati, così come gli effetti climatici creano un’atmosfera davvero viva e vibrante. Infine, di ottima fattura la colonna sonora, affidata a Adam Skorupa e Krzysztof Wierzynkiewicz – il primo già autore della OST di The Witcher 2: Assassins of Kings – capaci di dar vita ad una playlist davvero azzeccata e epica, vicina al sound tipico di gruppi come i Parcival, Jar o Heilung.

– RTS con una spiccata componente tattica

– Ottimo level design

– Tante soluzioni strategiche interessanti

– Gestione della fazione semplificata, ma intelligente

– Ottima direzione artistica

– Eccessiva microgestione per le truppe

– AI non troppo brillante

– UI eccessivamente ricca e a tratti confusa

7.5

Con Ancestors Legacy, Destructive Creations ha cambiato marcia e ha finalmente voltato pagina rispetto al suo passato poco edificante, fatto di titoli qualitativamente dubbi e volutamente di cattivo gusto. La loro nuova fatica è invece uno strategico a tutto tondo, forse un po’ simile a qualcosa di già visto – leggasi Company of Heroes – ma se in fin dei conti ti ispiri a qualcosa che funziona, l’idea non è poi così malvagia. Il pregio principale è quello di aver introdotto un lato tattico agli scontri in uno strategico in tempo reale, cosa più unica che rara, anche se il peso dato alle poche unità impiegate ha portato ad una microgestione che magari poteva essere evitata. Nel complesso, nonostante qualche piccolo dubbio, Ancestors Legacy è un titolo capace di regalare ore e ore di sana strategia, sia grazie a delle lunghe e interessanti campagne, sia grazie ad un multiplayer votato al competitivo.

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7.5