Videogiochi su Tela - When the Water Tastes Like Wine

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a cura di Roberta Pagnotta

All’incrocio tra reale e fantastico, tra verità e meraviglia, le storie sono da sempre un elemento inestricabile della nostra esperienza di vita e una fonte di nutrimento essenziale per l’evoluzione dell’immaginario popolare. Nascono e si sviluppano in seno allo smisurato bisogno umano di inoltrarsi nel sottobosco dell’avventuroso e dello straordinario per acquisire infine una forma più completa che va ben oltre l’inibente esigenza di narrare sogni e fantasticherie. Esistono storie che vale la pena di raccontare non solo per il valore che esse hanno per noi, ma anche perché sono riuscite a diventare col tempo parte dei nostri ricordi. Il condividerle attraverso rielaborazioni sempre nuove, collezionarle e tramandarle fa parte della nostra storia: ed è proprio questo l’intero motore che muove il viaggio raccontato in When the Water Tastes like Wine. Nell’opera prima di Dim Bulb Games gli elementi ludici lasciano spazio agli obiettivi emotivi e simbolici dell’esperienza, delineando un caratteristico affresco interattivo che intende riscoprire il valore autentico di un racconto. In questa nuova puntata di Videogiochi su Tela, la matita aggressiva di Kellan Jett si unisce alla poetica pittorica di Van Gogh e al cromatismo dell’illustratore Patrick Leger per raccontare i volti sporchi e sofferenti dell’America della Grande Depressione, tra fiabe, mitologia e folklore.

Disegnando l’America

Difficile spiegare in termini ludici quella che è l’esperienza proposta da When the Water tastes like Wine. Più che un gioco nel vero senso del termine, infatti, il titolo appare come un’enorme romanzo interattivo ispirato alle leggende e alla mitologia della cultura americana di metà Novecento. L’obiettivo del protagonista, uno scheletrico vagabondo, è quello di esplorare i confini dei territori statunitensi alla ricerca di storie da custodire e raccontare ai sedici personaggi che animano lo sconfinato ambiente di gioco, il tutto accompagnato da brani country e da un design narrativo di curata fattura. Alla base di un progetto cosi particolare, infatti, vi era il desiderio da parte del team di sviluppo di riuscire a creare un’avventura narrativa dalla forte identità artistica e che potesse in qualche modo apportare un contributo unico e innovativo al genere. Proprio per questo il lead designer Johnnemann Nordhagen decise di affidare la direzione dello storytelling ad un gruppo di scrittori e giornalisti attivi in tutta l’industria del gaming tra cui Austin Walker di Waypoint, il designer narrativo Cara Ellison e il critico Leigh Alexander, per citarne soltanto alcuni. La profondità del comparto narrativo, però, non era di certo l’unico elemento sufficiente per riuscire a donare coerenza e concretezza al tipo di mitologia da rappresentare. Il mondo di gioco doveva rievocare le atmosfere della grande crisi economica degli anni ’30, quella della Grande Secessione, ma essere a tratti anche psichedelico in tipico stile anni ’60. Cosi per comunicare in chiave visiva il clima malinconico, misterioso e sofferente di quei periodi, si scelse di optare per uno stile artistico dal tratto illustrativo vigoroso e grottesco. Ma non solo: quando l’art director Kellan Jett iniziò a mettere le mani sul progetto, pensò immediatamente a come riuscire a donare ai suoi disegni quella forte carica cromatica tipica degli antichi manifesti pubblicitari e come renderli però allo stesso tempo anche visivamente “logori”, come se fossero usciti da un vero e proprio libro di favole.

“Volevamo che il nostro gioco fosse sporco. Volevamo riuscire a ricreare il realismo dell’America di quegli anni, non senza una buona dose di misticismo”

Il risultato fu l’unione di stili e visioni artistiche contrastanti, ma non necessariamente contraddittorie. In When the Water Tastes Like Wine c’è molto dell’anima di Van Gogh, il celebre pittore olandese, dei suoi contadini e dei suoi colori bui, e quel tanto quanto basta dell’illustratore contemporaneo Patrick Leger e del suoi contorni aggressivi.

Ho guardato il lavoro di Leger non per il suo stile pulito, ma per il suo tratto inchiostrato e definito, perfetto per dare forma alla materia non fantastica presente nel gioco”.

Se da un lato l’aggressività cromatica di Leger si rivelò perfetta nel fornire quel carattere utopico all’immaginario visivo del gioco, dall’altro però furono l’espressionismo e la visione artistica dimessa di Van Gogh a divenire la maggior fonte di ispirazione per la realizzazione delle atmosfere trasognate e aride dell’America che fa da sfondo ai racconti e a quel sentimento di estrema povertà che tratteggia i suoi paesaggi.

D’altronde nessuno come Van Gogh seppe ritrarre in maniere così empatica ed espressiva la dignità della fatica umana oltre la miseria. L’intento del “pittore dei contadini”(cosi amava essere chiamato) era proprio quello di riuscire a trasmettere un sentimento cosi profondo con fervente realismo ed obiettività. Nel primo grande quadro, I mangiatori di patate, Van Gogh ritrae una famiglia di contadini seduta intorno a un tavolo per la cena. Il dipinto adotta una tavolozza molto buia, giocata su colori terrosi, bruni, gialli, e neri.L’inquietante monocromia che scaturisce dall’impiego di queste tonalità cupe e sporche conferma infatti gli intenti crudamente realistici dell’artista, desideroso di rappresentare la vita degli operai e lo squallore delle loro condizioni di vita, ma con la forza espressiva di chi ha assistito di persona a tali scene, tendendo a marcare il punto di vista soggettivo e proponendo una rappresentazione autentica e non emendata della realtà.

I protagonisti vengono presentati con uno stile sincero e privo di compiacimenti estetizzanti. Nell’opera Van Gogh approda ad un’interpretazione del dato sociale impietosa ed esasperata sino a culminare nel potenziamento espressivo dei lineamenti somatici dei cinque commensali.

 ” Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società.”- scrisse il pittore in una nota inerente l’opera – “Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti – va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime – va bene, è giusto che tale sia l’odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime – va benone, soprattutto per gente di città “

Proprio come nelle prime opere di Van Gogh, When the Wather tastes likes Wine mette in scena l’umanità, nella sua sofferenza e nei suoi timori. Il tratto pastoso e la forte marcatura cromatica del pittore olandese si uniscono alla visione artistica d Kellan Jett per dare un volto a gran parte della mitologia americana, quella più disperata ma anche più misteriosa ed astratta. L’America del Dust Bowl, della Grande Crisi del 29’ e delle grandi resistenze all’industrializzazione sono solo una piccola parte della storia. Ciò che l’opera doveva principalmente rappresentare era la disperazione dei popoli emarginati, relegati ai confini della società e schiacciate dal progresso. I volti segnati e la potenza espressiva del colore disegnano la cruda e oscura realtà di quel mondo, che seppur dipinto con tonalità secche e cupe, riflette un profondo senso lirico: l’intenso sentimento di appartenenza alla terra e la miseria della vita degli ultimi.

When the Water tastes like Wine rappresenta in modo pungente e critico il panorama buio e avverso dell’America di inizio e metà Novecento, soffermandosi sulla dimensione umana e sociale delle sue sue storie. L’affresco interattivo di Dim Bulb Games e Serenity Forge si configura come un viaggio senza meta, alla scoperta degli affascinanti archetipi della cultura folkloristica americana, partendo dai ruggenti anni ’20 fino ad arrivare alla Depressione. La cornice estetica tipicamente espressionista diventa parte integrante della funzione svolta dallo storytelling, rappresentando i sentimenti con la forza materica ed espressiva del colore.